Un fuoriclasse che ha scritto pagine indimenticabili nella storia del calcio italiano. Roberto Baggio è stato un campione amato da un’intera generazione di sportivi, e il racconto delle sue imprese arriva fino ad oggi grazie a libri, documentari e approfondimenti televisivi che ne tramandano le gesta compiute sul campo.
Baggio ha cambiato più volte club in carriera: ha esordito nel Lanerossi Vicenza, è esploso alla Fiorentina, si è consacrato alla Juventus e ha poi vestito le maglie di Milan, Bologna, Inter e Brescia. Apprezzato sia dalle tifoserie delle squadre per cui ha giocato che da quelle avversarie, Il Divin Codino ha però rappresentato tutta l’Italia nelle occasioni in cui ha indossato la maglia della Nazionale, con la quale ha giocato cinquantasei gare, siglato ventisette reti e disputato tre edizioni dei Campionati del Mondo.
Vogliamo dunque rendere omaggio a un campione straordinario proprio ricordando le migliori partite firmate da Roberto Baggio con la divisa Azzurra in occasione dei Mondiali 1990, 1994 e 1998. Tutti conclusi amaramente per quanto riguarda il risultato di squadra, ma con il Raffaello di Caldogno sempre protagonista di momenti magici.
1. Italia ’90: la notte magica contro la Cecoslovacchia e l’inutile finalina
Nonostante fosse il talento più brillante dell’intero movimento calcistico italiano, Roberto Baggio non era considerato come un titolare fisso nell’undici azzurro che il Commissario Tecnico Azeglio Vicini aveva preparato per il Mondiale 1990. Un appuntamento da non sbagliare, poiché era proprio l’Italia ad ospitare il torneo (per la seconda volta nella storia) e l’avvicinamento all’evento aveva accresciuto le aspettative in maniera smisurata da parte dell’opinione pubblica .
Nel sorteggio del tabellone, la Nazionale azzurra era stata parecchio fortunata. Pur senza incantare, le prime due gare portarono altrettante vittorie, contro Austria (1-0) e Stati Uniti (1-0), avversari non irresistibili. L’impressione era che alla squadra mancasse qualcosa in ogni particolare: sia nella fluidità di gioco, che nell’attenzione difensiva, che nella determinazione a lottare su ogni pallone, come se durante ciascuna partita il momento nel quale girarla a proprio favore dovesse arrivare quasi per virtù divina più che per meriti propri. Ad alimentare l’illusione era Salvatore “Totò” Schillaci, centravanti della Juventus in stato di grazia sin dalla stagione appena conclusa. Alla terza gara, l’Italia era comunque costretta a vincere per assicurarsi il primo posto e un ottavo di finale più agevole. Contro la Cecoslovacchia sbloccò il punteggio ancora Schillaci al minuto nove, deviando in rete un tiro dalla distanza di Giannini. Ma, anche in questa occasione, la squadra faticò a chiudere la contesa, dando sempre l’idea di non riuscire a compiere un salto di qualità.
Baggio, schierato finalmente dall’inizio in coppia con Totò-gol, trovò la maniera di imporre il suo sigillo. Al 78° minuto, dalla linea laterale scambiò con Giannini verso l’interno di centrocampo, riprese il pallone, accelerò superando la scivolata di un avversario, si accentrò verso l’area, giunse al limite ubriacando un difensore con una finta e concluse in gol, infilando il portiere ceco sul palo più vicino. Una prodezza che fece esplodere lo Stadio Olimpico di Roma, festante e in visibilio.
Vicini confermò Baggio titolare anche agli ottavi contro l’Uruguay (vittoria per 2-0 con le reti di Schillaci e Serena) e ai quarti contro la Repubblica d’Irlanda (1-0, in rete sempre il formidabile centravanti siciliano, lanciato verso il titolo cannonieri), venendo però sostituito nella ripresa in entrambe le occasioni. Il talento di Roberto, per quanto visto a sprazzi come del resto il gioco di tutta la squadra, era fondamentale per regalare imprevedibilità a una manovra altrimenti stantia. Ma, nella semifinale contro l’Argentina, il CT scelte diversamente, optando per Vialli accanto a Schillaci. Una gara stregata, giocata in un San Paolo di Napoli in parte schierato dalla parte dell’idolo Maradona, in quella circostanza soltanto un avversario da superare. Nonostante il vantaggio iniziale di Schillaci, l’Italia si fece riprendere nella ripresa da una rete di Caniggia, subita per un grosso errore difensivo. Partita spigolosa, nervosa, nel quale la tensione dominò tra i calciatori azzurri. Baggio, entrato al 73’, non riuscì a cambiare le sorti di una contesa che l’Italia avrebbe dovuto chiudere ben prima, anziché farsi trascinare prima ai supplementari e poi ai rigori. Nella lotteria dei tiri dal dischetto, Baggio siglò il secondo dei cinque penalty, ma gli errori di Donadoni e Serena furono fatali per gli azzurri, che vennero eliminati nello sgomento di un intero Paese.
Nella finale per il terzo posto contro l’Inghilterra che si disputò a Bari, Vicini tornò tardivamente sui suoi passi, scegliendo la coppia Baggio-Schillaci dal primo minuto. Una gara di fatto inutile, il cui unico senso era onorare una competizione che aveva fatto sognare tutti gli italiani in quelle notti d’estate ma che aveva riservato una delusione enorme e impossibile da superare. I due attaccanti, che si trovavano a meraviglia in campo, furono nuovamente protagonisti: Roberto siglò il vantaggio al 71’ dopo un’azione insistita in area, con una conclusione sotto l’incrocio da distanza ravvicinata; Totò invece segnò il rigore della vittoria (2-1), dopo il momentaneo pareggio di Platt per gli inglesi. Una medaglia di bronzo che sapeva di rimpianto.
2. USA ’94: Baggio indiscusso protagonista, nella gioia e nel dolore
Dopo il mancato approdo agli Europei del 1992, la Nazionale italiana avviò una rifondazione con la guida tecnica di Arrigo Sacchi, reduce dai trionfi sulla panchina del Milan. Roberto Baggio, ormai nel pieno della propria carriera, divenne il fulcro del progetto, e fu il mattatore del percorso di avvicinamento al Mondiale statunitense del 1994, con sei reti realizzate nelle gare di qualificazione, proprio nel periodo in cui venne insignito del Pallone d’Oro e vinse la Coppa UEFA con la maglia della Juventus.
Il torneo iridato non partì affatto bene per l’Italia, sconfitta per 1-0 dalla Repubblica d’Irlanda nella gara d’esordio del Giants Stadium di New York. Baggio non incise ma fu tutta la squadra a soffrire, imballata atleticamente e poco propensa a adattarsi alle tattiche di Sacchi, a volte incomprensibili per gli stessi calciatori. La seconda partita fu quindi decisiva, ma l’espulsione del portiere Pagliuca convinse il CT a sostituire proprio Baggio per far posto al secondo estremo difensore, Luca Marchegiani. Roberto, che non prese affatto bene il cambio, assistette dalla panchina alla vittoria della squadra grazie a un gol di Dino Baggio (soltanto omonimo) nella ripresa. Anche il terzo confronto fu deludente: 1-1 contro il Messico, con l’Italia terza nel gruppo E ed ammessa agli ottavi solo grazie al ripescaggio (regola che verrà poi abolita dall’edizione successiva del Mondiale).
Arrivata la fase ad eliminazione diretta, però, il numero 10 azzurro ritrovò le motivazioni necessarie. Eppure, la gara di Boston contro la Nigeria apparse subito come l’ennesima prestazione da incubo della Nazionale. La squadra africana (campione continentale in carica) era una delle rivelazioni del torneo, e fisicamente sembrava controllare il match, soprattutto dopo il vantaggio di Amuneke al 25’. A complicare ulteriormente la situazione fu l’espulsione di Zola al 75’, a pochi minuti dall’ingresso in campo del fantasista sardo. Così, mentre la gara sembrava avviarsi verso un’inevitabile sconfitta, ecco l’episodio che cambiò tutto: a due minuti dal termine Mussi penetrò in area dopo una percussione, passò la sfera a Baggio che sfoderò un destro all’angolino più basso alla destra del portiere avversario, infilando in gol. Il Divin Codino riuscì finalmente a sbloccarsi, tanto da trovare anche il 2-1 ai supplementari, con un calcio di rigore all’angolino che qualificò la Nazionale ai quarti.
Nel turno successivo l’avversario fu la Spagna, formazione tecnica e coriacea, che creò diverse opportunità da rete cercando di mettere gli Azzurri in difficoltà sul piano dell’intensità. Con la consueta capacità di adattamento alla gara, però, la Nazionale riuscì a sbloccare al 25’ del primo tempo con una potente conclusione dalla distanza di Dino Baggio, per poi tornare a subire gli avversari che colsero il pari nella ripresa con Caminero. L’Italia cercò comunque di reagire, sfoderando il carattere e soprattutto l’arma più pericolosa: Roby Baggio, che sfruttò un assist di Signori in contropiede, saltò il portiere Zubizarreta e concluse in gol da posizione defilata. Era l’88’, come contro la Nigeria, ed fu questa la rete che regalò al gruppo azzurro la sfida contro la Bulgaria in semifinale.
La squadra del trascinatore Stoichkov aveva, a sorpresa, eliminato i campioni in carica della Germania ma, nella gara contro l’Italia, subì l’avvio finalmente convincente della squadra di Sacchi, che stavolta affrontò dal primo minuto la contesa con il piede sull’acceleratore. A New York, al 21’ Roberto Baggio ricevette il pallone sugli sviluppi di una rimessa laterale, superò un paio di avversari e concluse con il destro dal limite dell’area, battendo il portiere sul palo più lontano. Quattro minuti dopo, azione manovrata della nostra Nazionale, Albertini pescò Baggio in area con un morbido pallonetto, controllo del numero 10 e tiro rasoterra di precisione a incrociare: fu il meritato raddoppio, con Roberto che salì a quota cinque reti nella classifica marcatori. L’Italia appariva in controllo, ma allo scadere della prima frazione si lasciò sorprendere dalla Bulgaria, che si procurò un rigore, realizzato da Stoichkov. La ripresa si trasformò così in una battaglia ma, con l’ormai proverbiale capacità di resistenza, gli Azzurri riuscirono a vincere, nonostante un enorme dispendio sul piano atletico, con Baggio addirittura sostituito anzitempo per un problema muscolare.
Nella finale di Pasadena contro il Brasile, infatti, la squadra pagò il conto. I verdeoro, più tecnici e dinamici, ebbero una decisa prevalenza sul piano del palleggio, sbattendo però puntualmente contro la difesa azzurra. Baggio, schierato nonostante non fosse riuscito a recuperare pienamente dall’infortunio, non riuscì ad incidere, e del resto nemmeno la squadra lo supportò al meglio: la Nazionale, ampiamente in riserva di energie, tenne bene il campo, ma creando pochissimo. L’esito fu inevitabile: ancora calci di rigore. Gli errori di Baresi e Massaro diedero il vantaggio al Brasile nella sequenza dei penalty, così fu decisivo l’ultimo tiro. Baggio si presentò dal dischetto, ma la tensione e la stanchezza lo tradirono, calciando alto. Sconfitta dolorosa con la sfortunata firma del fuoriclasse proprio nell’ultimo atto, ma Baggio meritava solo applausi per quanto fatto fino a quel punto della competizione. Eppure, spesso gli si è addebitata la responsabilità principale della disfatta del Rose Bowl di Pasadena: quella che rimase fu (anche) l’immagine del rigore sbagliato, ma sappiamo bene come quell’ultimo tiro non riuscì ad offuscare le imprese di quei pomeriggi americani.
3. Francia ’98: l’ultimo ruggito di Baggio in azzurro
I rapporti con Arrigo Sacchi si incrinarono progressivamente. Il CT rimase alla guida della Nazionale anche dopo il Mondiale statunitense, in vista degli Europei 1996, e convocò Baggio soltanto per un paio di gare di qualificazione, senza più considerarlo per quello che sarebbe stato l’elenco dei convocati alla rassegna continentale.
Tra il 1995 e il 1997, Roberto era passato prima al Milan, quindi al Bologna. Sotto la Garisenda, Il Divin Codino andava in cerca di riscatto, e sperava di riconquistare un posto in maglia azzurra convincendo il nuovo CT Cesare Maldini, alle prese con un percorso di qualificazione tutt’altro che semplice, che si sarebbe favorevolmente concluso solo con lo spareggio vinto contro la Russia nel novembre ’97. Baggio venne convocato in un paio di circostanze, ma fu la strepitosa stagione in rossoblù a fargli guadagnare un posto per il Mondiale transalpino.
Nel Gruppo B, nella gara iniziale a Bordeaux contro il Cile, Roberto giocò titolare in coppia con Christian Vieri. All’11’ servì un assist al centravanti che, lanciato in porta, batté il portiere con un tiro di piatto estremamente preciso. La squadra, sebbene forte, soffriva di alcune lacune in certi momenti della gara, e lasciava troppo spesso l’iniziativa agli avversari. Così gli Azzurri subirono la reazione dei cileni, che a cavallo dei due tempi si portarono sul 2-1 con una doppietta di Salas. L’Italia però non si arrese e trovò il pareggio a pochi minuti dal termine con un rigore che proprio Baggio si incaricò di battere, sfatando i brutti ricordi di Pasadena.
La rete consegnò il pari agli Azzurri, che sistemarono la situazione nel raggruppamento nella partita successiva contro il Camerun (vinta 3-0) e nell’ultima contro l’Austria (2-1), entrambe con Roberto ancora in campo, sebbene subentrando dalla panchina nella terza occasione. Proprio contro i biancorossi austriaci, il fantasista riuscì a siglare il gol decisivo al 90’, colpendo a porta vuota dopo un perfetto assist di Filippo Inzaghi: per Baggio fu il nono gol complessivo in tre Mondiali disputati.
L’ottavo di finale contro la Norvegia a Marsiglia, vinto 1-0 grazie a una rete di Vieri, fu ottenuta dalla squadra senza l’utilizzo di Baggio, al quale venne preferito il più giovane Alessandro Del Piero, nel frattempo pienamente ristabilitosi dopo un infortunio patito nella finale di Champions League (persa dalla Juve 1-0 contro il Real Madrid ad Amsterdam). Lo stesso accadde anche ai quarti contro i padroni di casa della Francia. Quella dello Stade de France fu una gara equilibrata, che vide una leggera prevalenza dei Bleu, ma con l’Italia attenta a non concedere spazi. Baggio stavolta fu della partita: entrò al 67’ proprio in luogo di Del Piero, e fu protagonista di una delle azioni più belle e sfortunate dell’intero torneo. Nei tempi supplementari, Albertini pescò Roberto in area con un lancio morbido, quasi a ricordare quanto entrambi avevano fatto ai tempi del Mondiale americano; Baggio tirò al volo di destro, con il pallone che uscì per una questione di centimetri. Sarebbe stato il golden goal che avrebbe portato l’Italia in semifinale. La Francia, dopo lo spavento, riprese invece coraggio e sfiorò a sua volta la vittoria allo scadere, per poi coglierla nella lotteria dei calci di rigore. Roberto segnò il primo della serie, ma gli errori di Albertini e Di Biagio condannarono gli Azzurri, sconfitti ancora una volta a un passo dall’impresa.
Dopo il torneo, alla guida della Nazionale arrivò Dino Zoff, che convocò Baggio in due occasioni per le qualificazioni a Euro 2000 ma non lo incluse tra gli Azzurri che avrebbe successivamente scelto per la rassegna. Stessa decisione fu presa da Giovanni Trapattoni in vista del Mondiale 2002, nonostante i buoni risultati di Baggio con la maglia del Brescia e l’impegno che il fuoriclasse stava mostrando per recuperare dagli infortuni alle ginocchia (aspetto che lo attanagliò, suo malgrado, per l’intera carriera). Trapattoni non tornò sull’argomento nemmeno in vista di Euro 2004, che sarebbe arrivato proprio al termine di quella che sarebbe stata l’ultima stagione di Baggio.
A Roberto venne concessa dalla Federazione una passerella nell’amichevole disputata a Genova il 29 maggio 2004, che vide Baggio indossare la fascia da capitano prima che gli venisse tributato un lungo applauso durante la sostituzione a pochi minuti dalla fine. Si chiuse così un percorso fantastico, che regalò al fuoriclasse italiano e ai tifosi azzurri immense gioie e grandi delusioni, ma con colpi di classe unici. I due volti della stessa medaglia, come è scritto nella legge dello sport.