Gli Europei 2020 (…21?) sono arrivati, con grave ritardo: la stagione in cui la crisalide sepolta emerge, e il Cittadino Comune rinasce sotto forma di Commissario Tecnico.
Questo è il periodo in cui periodicamente (ogni due anni, se siamo fortunati, stavolta ben cinque!), le bandiere tricolori ricompaiono sui balconi di tutta Italia, gli sconti fioriscono nei supermercati intorno a pizze surgelate e birre industriali, i nomi di Baggio, Cannavaro e Pertini passano di bocca in bocca, mentre Caressa e Bergomi diventano più ascoltati di Radio Londra – e in questa edizione anche il “Principino” Claudio Marchisio si consacra come il futuro Nando Martellini, per stile e capacità. Insomma, riecco gli Europei di Calcio, il festival dello Sport Più Bello Del Mondo che torna sugli schermi e negli stadi, in Italia e in tutta Europa. Nonostante tutto.
Per chi non segue la competizione, E’ FINITA E L’ITALIA E’ CAMPIONE D’EUROPA!!!!!! Un’ebbrezza calcistica lunga un mese si è appena conclusa, e la vittoria è andata agli azzurri!!! Probabilmente ve ne siete già accorti, però, anche se il calcio non è proprio roba per voi.
Riviviamo quindi insieme i momenti più emozionanti degli Europei 2021: (o UEFA EURO 2020), anzi, come dice qualcuno: immergiamoci!
1. La cerimonia di apertura
Stadio Olimpico, Roma. Toccava proprio all’Italia, contro la Turchia, inaugurare il torneo subito dopo la cerimonia di apertura. Una partita che, ventuno anni fa, apriva anche la corsa verso la finale (perduta) dell’Europeo 2000.
Tralasciando la presenza degli azzurri, vedere quel 2020 inciso ovunque a caratteri cubitali è stato estraniante. Che anno è? Perché? Che fine ha fatto il 2021? Una sorta di negazione collettiva, et voilà: torniamo tutti più giovani di 365 giorni, e non è successo nulla sul nostro confuso pianeta.
Eppure, nonostante le contraddizioni e la matematica che non quadra, vogliamo comunque celebrare un festival internazionale e aspirare a momenti di gioia collettiva, dopo un periodo di…vabbè. Allo stadio ci sono solo poche migliaia di persone – tutte ufficialmente in sicurezza. Una cerimonia sobria, con mascherine sul volto e (l’immancabile) Bocelli.
Ristretta, breve, emozionante per ciò che comunicava: signori, si riparte davvero. Speriamo.
2. LA VITTORIA DELL’ITALIA!
Abbiamo iniziato questa avventura europea con la carica di 27 partite senza sconfitte, ma col cuore in gola di chi non sa cosa sperare.
I gironi: 3 vittorie su 3, sette Goal fatti, zero subiti. E vabbè, “gli avversari non erano nulla di che”. Poi l’Austria agli ottavi, non certo una superpotenza, soffrendo addirittura fino al 120esimo. Nel frattempo, la Svizzera (battuta 3-0) mandava a casa la Francia campione del mondo, e squadre e giornalisti hanno improvvisamente notato la nostra Nazionale che si faceva strada.
Poi i quarti, e il Belgio più bello di sempre, pronto a sterminarci con una tripletta (minimo) torna invece a casa su di una Insigne Barella (scusate).
La semifinale, con una Spagna che non battevamo da tempo. Il pareggio, i supplementari, i rigori. Il saltello di Jorginho, l’errore sfortunato di Morata. Wembley che si apre ancora una volta per noi, arrivati dopo la catastrofe del Mondiale Mancato nel 2018 con la speranza di non crollare ai gironi. In finale. Con l’Inghilterra. A Wembley.
La Finale, che è già storia, grazie ai piedi di Bonucci, alle mani di Donnarumma. Gli abbracci di Vialli, e la coppa alzata al cielo tra le urla di milioni di italiani in festa in tutto il mondo.
34 Partite senza sconfitte. L’ultima, col Portogallo in Nations League a Settembre 2018, un’era geologica fa. Mancini e il suo ciuffo superano così il record di Vittorio Pozzo, che in anni altrettanto spensierati e per nulla tesi (Olimpiadi di Berlino del 36, Mondiali d’Italia nel 1934 e di Francia nel 1938) portò a casa tutto il vincibile. Altro calcio, altri tempi (per fortuna: la Germania invase la Polonia due mesi dopo la finale di Parigi, e non per un rigore non dato)…eppure, eppure Football is Coming ROME!
L’ultima ruota del carro delle Grandi d’Europa è tornata tra le prime quattro.
Siamo ancora senza voce.
Gironi ad Eliminazione
3. La corsa di Morten Boesen a Copenaghen
Danimarca-Finlandia, minuto 43. Christian Eriksen, una delle stelle della partita, numero 10 danese e 24 interista, cade in campo. Il pallone gli sbatte addosso e tutti, compagni, avversari, arbitro e pubblico si rendono conto che non è scivolato.
Non riviviamo oltre la scena, ma ci concentriamo su quanto accade: il celebrato capitano biancorosso, Kjaer, che mette in un lampo Eriksen nella posizione di sicurezza per chi subisce un infarto, e il Responsabile Medico Morten Boesen che attraversa il campo da parte a parte, borse alla mano, con uno scatto da centometrista. L’uomo raggiunge il giocatore e avvia il protocollo che riporterà indietro il campione ventinovenne.
Tutto il resto diventa contorno: la paura, le lacrime, il terrore e il sollievo dopo interminabili minuti. E l’emozione che vogliamo ricordare è quella corsa di chi ha capito, e sa già che l’avversario non ha un pallone, ma una falce. E che può sconfiggerlo se attraversa il campo più velocemente possibile con gli strumenti adatti.
Con quella corsa, Morten e gli altri medici hanno vinto tutto, per tutti noi: la vita di un giovanissimo padre, e un Europeo che senza la loro presenza sarebbe stato, ammettiamolo, da buttare ai rovi per intero.
Grazie.
4. L’ultima partita di Goran Pandev
La Macedonia del Nord è un complesso Paese di due milioni di abitanti, grande come il Piemonte, al confine con la Grecia. Ha una Nazionale solo dal 1991, e non ha mai partecipato alla fase finale di un campionato internazionale, fino a questa edizione. Come c’è arrivata? Grazie alla determinazione e alla trazione anteriore della sua unica stella: Goran Pandev, attaccante classe 1983.
Pandev ha passato talmente tanto tempo in Italia che ha acquisito la cittadinanza (davvero). Ha vinto il triplete con l’Inter di Mourinho nel 2010, e anche quest’anno ha avuto i suoi momenti di gloria nel campionato del Genoa. E a forza di goal nelle qualificazioni ha portato la sua Nazionale a questi europei, riuscendo anche a segnare all’Austria – nonostante le tre sconfitte subite. Un’impresa di per sé.
Contro l’Olanda, all’Amsterdam Arena, è la sua ultima, per sempre. Al 67esimo lascia il campo, la squadra gli si fa intorno e lo lascia uscire dal campo solo attraverso la Guard of Honor, con gli striscioni dei tifosi e la standing ovation di tutto lo stadio. Una Nazione, una Nazionale, uno sport, un uomo.
Pandev facci un goal.
5. La Scozia e l’Inghilterra
Le due più antiche nazionali di calcio del mondo – quelle che hanno inventato il calcio – si incontrano per la prima volta in una competizione internazionale dopo 25 anni. La Tartan Army manca una fase finale da allora, e anche allora ci fu l’Inghilterra sul suo passaggio.
La Scozia nel tempo ha perso il suo smalto da superpotenza calcistica ed eterna favorita (eredità acquisita oggi dal Belgio), ma l’entusiasmo del suo popolo è ancora immutato dal primo scontro calcistico, avvenuto nell’aprile 1872. Così l’occasione di affrontare gli eterni rivali – che vantano campioni come Kane, Rashford e Sterling – è quasi irripetibile. Dalle Highlands calano in migliaia fino a Wembley, invadono lo stadio, cantano Flower of Scotland e sostengono i blu, che con una furia incontenibile e grande godibilità agonistica resistono e attaccano. Infine, fermano gli inglesi in un risultato finale di pareggio che, nonostante non sia sufficiente a passare il girone, profuma comunque di vittoria. Per la prima volta, la Scozia esce imbattuta in una fase finale da oltre cinquant’anni.
Alba gu bràth!
6. L’Ungheria e Marco Rossi
“Questo è il girone della morte, e i morti siamo noi”. Così si esprime Marco Rossi, italianissimo allenatore dell’Ungheria, in conferenza stampa. Nel suo girone ci sono Francia, Portogallo e Germania, e le chances di passare praticamente nulle. Per la Nazionale ungherese è già un’impresa essersi qualificata, e a prescindere non è una corazzata come le altre.
Ma l’Ungheria non ci sta a far la parte del pallone, e vede rosso: se con il Portogallo è una sconfitta solo al 87esimo, contro Francia e Germania i magiari lottano fino all’ultimo istante, arrivando a soli sei minuti dal passare i gironi e rimandare persino a casa i tedeschi. Alla fine, i due pareggi ottenuti non bastano per aggrapparsi agli ottavi di finale, ma Marco Rossi e i suoi ragazzi tornano comunque in patria da eroi. Nelle interviste, la voce dell’allenatore si incrina quando ripensa alle delusioni passate nel calcio italiano, ed è bello così.
Pronti per il prossimo sogno!
7. Lo stadio di Budapest
65mila persone. Una macchina del tempo ci riporta al 2019, e la Puskás Aréna piena fino all’ultimo posto diventa un grido di ribellione ad un nemico invisibile e tedioso. Uno spettacolo mozzafiato, un’emozione che avevamo quasi dimenticato. L’unico stadio a non avere limitazioni, complice un’Ungheria non esattamente allineata nella gestione della pandemia.
Il nemico di cui parliamo non è particolarmente interessato allo sport – né a qualsiasi altro argomento – ma pare avere un’adorazione particolare per i nostri momenti di ritrovo. Ci auguriamo però che tra sistemi di sicurezza, vaccini e prudenza, quello di Budapest diventi solo l’avanguardia del ritorno alla normalità e non l’ennesimo focolaio.
Perché senza stadio e solo con le telecamere a far da spettatori, che calcio è?
8. Il goal di Schick da centrocampo
Che altro c’è da dire? Minuto 52: il numero 10 della Repubblica Ceca ed Ex Roma Patrick Schick prende palla, a pochi metri dal centrocampo. Corre, e sulla linea sgancia un sinistro spiovente che, quarantacinque metri più in là, supera il disperato portiere scozzese Marshall e si infila in porta.
Un goal favoloso, da rivedere e rivedere…se non si è scozzesi.
9. Ronaldo e Mbappè
Il primo giocatore a giocare e segnare in 5 Europei, il marcatore migliore della storia della competizione, un uomo da effetto farfalla che sposta due bottigliette in conferenza stampa e fa perdere quasi 2 punti percentuali in borsa alla più grande multinazionale del pianeta. Un atleta che, ormai vicino al ritiro (ma scommettiamo che arriverà al sesto europeo), non smette di essere determinante per il Portogallo. Record-man Cristiano Ronaldo.
Dall’altro lato il suo degnissimo erede francese, Kylian Mbappè. Campione del mondo nel 2018 a 19 anni, stella del PSG pigliatutto in Francia, e favoritissimo con la sua Nazionale per questo Europeo (insieme al Belgio). Un giocatore che ha già segnato una generazione – e una caterva di goal – e che continuerà a farlo quando Ronaldo e Messi saranno riposate glorie del passato.
I due si sono incontrati nel girone più spettacolare, quello insieme a Germania e Ungheria, combattutissimo fino ai tempi di recupero fra tutte e quattro le squadre. E, se Lukaku dovesse lasciar la strada aperta a Ronaldo, e l’Italia (SHHH!), i due si troveranno ancora a combattere in semifinale.
Certi scontri tra titani non ci stancano mai.
Ottavi di Finale
10. La Svizzera e la Francia
Gli Svizzeri, qualificati nel nostro girone come migliore terza, dietro ad un timido Galles. La Francia, prima nel girone di ferro con Germania e Portogallo.
Sulle rose non stiamo neanche a parlarne. In panchina, da un lato mister Petkovic, con nel Palmares una Coppa Italia da giocatore e un Campionato svizzero – col Lugano – da allenatore. Dall’altra Deschamps, che la Coppa Italia la usa per tenerci i cactus sul terrazzino.
La Francia gioca in maniera spettacolare dalla linea di centrocampo in poi, con una doppietta di Benzema da Olimpo calcistico e una fucilata di Pogba che ha conficcato ancora più a fondo la lama nel cuore dei tifosi juventini. Ma la Svizzera, che stringe i denti con la freccia Embolo e il granitico Xhaka, attacca i confinanti prendendo alla sprovvista lo schema sbilanciato in avanti. E portano avanti uno straordinario pareggio fino ai rigori. Dopo averne sbagliato uno nel primo tempo che avrebbe – chissà – privato gli appassionati dell’emozione della lotteria.
Per quello sbagliato in partita, gli svizzeri non sbagliano più. Petkovic che chiama i ragazzi alla concentrazione con gesti calmi e affettuosi è il prequel alla vittoria e uno splendido momento sportivo senza palla.
E infine è Mbappè, il giovanissimo idolo, il vincitore dei Mondiali, il panzer del PSG pigliatutto, a non riuscire a segnare neppure un goal durante questo europeo. Compreso l’ultimo rigore, parato da Sommer.
Dicono che, in preda all’euforia della vittoria, in Svizzera qualcuno abbia addirittura parcheggiato l’auto con le ruote storte.
Ma probabilmente è una fake news.
11. Le mani di De Ligt
L’Olanda chiude in maniera triste e inaspettata la sua corsa europea, contro una agguerrita Repubblica Ceca (e un ispiratissimo Schick), nonostante una rosa di grande livello e un girone di qualificazione perfetto.
Delusione soprattutto per il fallimento al Mondiale 2018 – come l’Italia. Gli oranje sono stati traditi dalle punte, ma anche dalla difesa: De Ligt, difensore juventino noto per l’eccesso nell’uso degli arti anteriori, cade di nuovo nel vizio, inciampa e sposta visibilmente il pallone con la mano dalla disponibilità dell’attaccante Ceco.
Diventando così il più giovane giocatore ad essere espulso nella storia della fase finale degli Europei. Cosa non si fa per la statistica.
Quarti di finale
12. La Svizzera e la Spagna
La Spagna gioca come sa, non molla mai, non muore mai. Qualche intoppo ai gironi, gli ottavi recuperati in extremis contro un’ottima Croazia e il suo fantastico Modric.
Della Svizzera abbiamo già parlato, aggiungiamo soltanto che la sconfitta è arrivata solo ai rigori, dopo aver giocato in 10 per quasi un’ora, con Xhaka in tribuna per squalifica, Embolo costretto ai box al ventesimo, Shaqiri distrutto a fine partita.
Petkovic maestro.
13. La flemma inglese, la furia danese
L’Inghilterra fa fatica ad entrare in questo articolo, perché – ammettiamolo – l’unica partita affascinante è stata quella già celebrata contro la Scozia. E nasce il sospetto che il pareggio sia stato, in parte, anche un regalo ai vicini per il loro ritorno all’Europeo. Perché per il resto, la flemma e la compattezza del gioco inglese sono splendidamente manieristici, da manuale. Difendi, ingabbia, riparti, segna. La squadra di Southgate sembra praticare la scherma e il golf più che il calcio, e procede a porte inviolate da inizio torneo. Croazia ai Gironi e Germania agli ottavi sono gli scalpi illustri, l’Ucraina ai quarti (decimata da infortuni) una formalità.
I danesi, al contrario, rendono omaggio alle proprie origini vichinghe. La caduta del Principe guerriero Eriksen, ha trasformato la squadra in un gruppo di Berserkers assetati del sangue avversario. Grazie ad un giro di avversari privo di titani – ma comunque di tutto rispetto – hanno superato ottavi e quarti in volata, eliminando senza pietà Gallesi e Cechi, e mercoledì si troveranno di fronte la loro antitesi.
Già dalle bandiere: croce rossa su sfondo bianco, croce bianca su sfondo rosso. Flemma contro Furia, fioretto contro ascia.
Semifinale e Finale
14. La Galoppata dell’Italia
Approfondiamo il punto 2. Anzi, qui ne parliamo brevemente, poi facciamo proprio un articolo a parte sui migliori momenti della Nazionale, che ne dite?
Una squadra compatta, bella da vedere, affamata. Contro una Spagna dinamica, bella da vedere, un po’ intimorita – e che aveva passato un bel po’ di tempo a darsi addosso da sola, per vie di problematiche interne e delle critiche immeritate ad un sempre professionale Alvaro Morata. Una partita veloce nonostante il risultato minimo, con lo stesso Morata che ha saputo bucare la difesa dei colleghi juventini, portando la Spagna fino ai rigori nonostante un possesso palla iberico che ci lasciava spazio per correre in porta. Rigori che poi sono una roulette russa per tutti, la solitudine più estrema di portiere e calciatore, e che lo stesso Morata ha finito per sbagliare, regalandoci la finale e i primi caroselli per le vie delle città.
Infine la finale. La finale. Contro un’Inghilterra che aveva lottato e vinto d’astuzia contro la furia danese, giocando sempre in casa, a Wembley, circondata da uno stadio quasi pieno, ricolmo di tifosi anglosassoni. In finale, 58mila indigeni contro 7mila italiani. Tutto, inclusi gli stessi inglesi, parlava di vittoria, di Football Is Coming Home. L’Italia ha subito subito, incassando un goal prima che i tifosi riuscissero a stappare la prima birra, ma non ha mollato neanche un attimo, dominando una squisita e determinata Inghilterra con esperienza…e anche un po’ di cazzimma.
Di nuovo ai rigori, e un eccesso di sicurezza inglese che è costata loro tanto, tantissimo. Un palo prima, e poi due volte le mani di Gigio Donnarumma, il portiere del futuro. Che ha aperto le danze di un’intera Nazione. Da Home a Rome è un attimo, e il Football cambia residenza.
Speriamo vi siate divertiti, noi lo abbiamo fatto. Perché il calcio è così, per dirla con Arrigo Sacchi: la cosa più importante delle cose meno importanti.
15. I festeggiamenti
Ci sarebbero stati in qualsiasi Paese avesse vinto, dalla Danimarca alla Macedonia del Nord. Ma è toccata all’Italia, e quindi siamo stati noi il simbolo di quella Ripartenza totale che ci auguriamo prosegua. La Pandemia non è terminata, bisogna proteggere chi non è ancora vaccinato e chi non potrà mai vaccinarsi, e una festa del genere NON sembra essere il modo adatto per farlo.
Ma ne avevamo bisogno, e lo sanno tutti, anche chi osserva augurandosi che tra due settimane la preoccupazione serpeggi di nuovo tra le persone. Per motivi chiari solo a loro.
E’ stato l’urlo liberatorio, anche, di diciotto mesi di paura e tristezza.
FORZA AZZURRI!!!!