Con Il metodo Catalanotti, trentasettesimo episodio della serie, Il Commissario Montalbano ha salutato, forse definitivamente, il pubblico televisivo italiano, dopo oltre venti anni di grandissimo successo. Con la scomparsa dello scrittore Andrea Camilleri, creatore del personaggio e degli straordinari romanzi e racconti dei quali Montalbano è protagonista, e di due figure cardine della serie TV quali il regista Alberto Sironi e lo scenografo Luciano Ricceri, sia Luca Zingaretti – il quale ha da sempre impersonato magistralmente il Commissario e diretto gli ultimi tre appuntamenti – che la casa di produzione Palomar hanno preso tempo per decidere se portare sugli schermi insieme a Rai Fiction le storie che hanno chiuso il ciclo letterario, ovvero Il cuoco dell’Alcyon e Riccardino.
Ma Il Commissario Montalbano ha già il suo posto nel cuore di tutti. Luoghi, usi, costumi, personaggi, storie: ogni elemento della serie ha caratteristiche straordinarie e irripetibili, in virtù del genio di Camilleri e della bravura del compianto Sironi, degli sceneggiatori e del cast nel saper tradurre in meravigliosi film le pagine dello scrittore. Ed è proprio la Sicilia, terra dell’autore, a rappresentare quel fattore aggiuntivo e assolutamente unico in ciascuno dei racconti del Commissario più celebrato da critica e pubblico.
Profumi, colori, sapori e forti contraddizioni sociali e politiche, non ultima l’ombra della criminalità organizzata e del malaffare. Ma anche storie di donne e uomini, dell’eterno contrasto tra bene e male, al centro del quale Salvo Montalbano si è posto sin dalla sua prima indagine. Concentrandoci soprattutto sulla trasposizione televisiva, andiamo a scoprire cinque motivi per cui amare la serie, così a lungo apprezzata e ammirata anche nel panorama internazionale.
1. I temi affrontati
Il Commissario Montalbano si inserisce certamente nel filone del giallo, e l’ispirazione ad altri personaggi della letteratura di questo genere sono sempre state evidenziate da Camilleri. Ma l’arguta penna dello scrittore ha inserito nei romanzi anche elementi tipici della commedia e del dramma, rendendo così ancora più affascinanti le storie che coinvolgono Montalbano e i personaggi che ruotano attorno a lui. A dare un tocco inconfondibile, soprattutto nei racconti più datati, sono però i temi affrontati da Camilleri in prima battuta e quindi dalla serie, che hanno reso la narrazione affascinante e spiazzante, mai scontata.
L’immaginaria Vigata di Montalbano e l’intera Sicilia racchiudono realtà estremamente complesse. Quando avviene un omicidio e il commissario si trova ad indagare su di esso per risalire ai responsabili, quasi sempre si pensa che la matrice possa essere mafiosa, in una terra nella quale due famiglie – i Cuffaro e i Sinagra – hanno da decenni intrapreso una guerra per ottenere il controllo totale della politica, dell’industria, del commercio agricolo in ogni suo ambito. Spesso è effettivamente così: quando accade, le motivazioni che sussistono dietro efferati delitti possono essere corrispondenti al famigerato codice mafioso e nascondere dettagli di non facile lettura, tranne che per Montalbano il quale, come nessun altro, riesce a guardare sempre oltre le apparenze. Si uccide per interessi, per vendetta, per regolamento di conti; ma anche per odio, per volontà di sopraffazione, per gelosia. A volte, si uccide senza una vera ragione, ma solo perché qualcuno, spinto da superbia o egoismo, ha deciso di porre fine all’esistenza di un altro. Di fronte a tanto dolore Montalbano mostra insofferenza, ma il senso di giustizia nel quale crede fermamente lo fa andare avanti portandolo spesso sulla strada giusta, pur utilizzando, in svariate circostanze, metodi non strettamente legali e parecchio sbrigativi.
La serie ha evidenziato temi purtroppo ricorrenti nel dibattito pubblico: la già citata piaga mafiosa; il traffico di esseri umani e l’immigrazione clandestina; l’inaccettabile violenza perpetrata sulle donne che spesso sfocia in femminicidio; il traffico di droga e armi; la corruzione in ambito politico; l’incapacità dei governanti; l’inadeguatezza delle strutture burocratiche. Ma si è anche soffermata sulla psicologia delle persone, sui rapporti che possono incrinarsi fino a drammatiche conseguenze, sull’inspiegabile follia che a volte pervade l’uomo. Montalbano è testimone di storie incredibili, ma solo la sua capacità di penetrare nelle sfumature gli consente di sopportarne il peso. Per dimenticare, spesso, gli è necessario un tuffo tra le onde di Marinella, o affacciarsi sul balcone della sua casa sul mare, per respirare nuovamente.
2. L’evoluzione dei personaggi
Salvo Montalbano, laureato in Giurisprudenza, è divenuto commissario di polizia attorno ai trent’anni, per essere trasferito a Vigata dopo qualche tempo. Camilleri lo descrive come «maturo, sperto, omo di ciriveddro e d’intuito» e con un carattere spigoloso: spesso diffidente inizialmente, entra in empatia con ben poche persone, e anche sul piano sentimentale non si lascia andare facilmente. Salvo, figlio unico, ha perduto la madre molto presto e non ha un buon rapporto con il padre, che cerca di riconquistare il suo affetto come narrato da Camilleri soprattutto nei primi romanzi. Così, il commissariato di Vigata diviene di fatto la casa che Montalbano sente di non aver mai avuto davvero: trova nel suo vice, Domenico Augello, abile poliziotto e donnaiolo impenitente, il più caro amico e confidente; nell’agente Catarella, esperto di informatica (informaticcia, come la definisce lui) sbadato e involontariamente comico, un fratello minore; nell’ispettore Giuseppe Fazio, preciso e infaticabile sbirro, il figlio che non ha mai avuto. L’affetto per quest’ultimo è rafforzato dal legame che Montalbano aveva stretto con il padre di Giuseppe, Carmine, che fu colui che lo accolse a sua volta come un figlio quando il commissario giunse a Vigata (come narrato nella meravigliosa serie spin-off Il Giovane Montalbano).
Tutti gli altri agenti del commissariato, il medico legale Pasquano, il giornalista di Rete Libera Nicolò Zito, il dirigente della polizia scientifica Jacomuzzi e l’amica svedese Ingrid Sjöström completano il quadro del microcosmo di Montalbano, al quale va aggiunta ovviamente, Livia Burlando, fidanzata di Salvo. Dopo la passione iniziale e il mancato trasferimento in Liguria – dove Livia vive e lavora – concretizzato il quale si sarebbero sposati, l’amore tra i due è mutato nel corso del tempo, diventando più una profonda amicizia e vivendo anche delle fasi di crisi. Livia, quando può, raggiunge Salvo a Marinella, ben sapendo che il commissario non lascerà mai la Sicilia. Sia perché è troppo legato alle sue radici, ma anche perché non vuole abbandonare una terra che ha bisogno di chi è disposto a sacrificare una parte di sé stesso per renderla un luogo libero dalla criminalità.
La serie, da una stagione all’altra, ha sempre avuto la capacità di descrivere ogni sfaccettatura di tutti i personaggi, e di svilupparne le storie personali senza mai perdere la centralità narrativa della figura di Montalbano.
3. Il cast
Ma personaggi straordinari possono diventare amati e indimenticabili solo se ad interpretarli sono attrici e attori di talento e versatilità. Il Montalbano che Camilleri immaginava nei romanzi non corrispondeva esattamente alla fisionomia di Luca Zingaretti: ma, dopo averlo visto in scena nella prima stagione, lo scrittore restò subito meravigliato, tanto da convincersi che non sarebbe potuto esservi un commissario migliore di quello impersonato dall’interprete romano. Il suo ruolo più importante e riconoscibile, che gli ha regalato l’affetto del pubblico negli ultimi venti anni.
Accanto a Zingaretti, il Mimì Augello di Cesare Bocci è altrettanto apprezzato. Un altro attore dal talento cristallino, che ha perfettamente vestito il ruolo di spalla di Montalbano, oltre a rappresentare l’anima più scanzonata del commissariato. Quella più seria è invece affidata al Fazio di Peppino Mazzotta, che è di fatto cresciuto come attore prendendo parte alla serie e acquisendo una struttura d’interprete drammatico che gli ha consentito di potersi dedicare anche a cinema e teatro.
Livia ha invece avuto tre interpreti differenti: l’attrice austriaca Katharina Böhm (nelle prime otto stagioni), la svedese Lina Perned (nella nona) e infine Sonia Bergamasco, che dato al personaggio un tocco più riflessivo, anche in virtù dell’evoluzione del rapporto con Salvo, meno passionale ma più profondo. È inevitabile che nell’immaginario collettivo la “vera” Livia resti probabilmente la prima. Svedese, come la sua Ingrid, è Isabell Sollman, che ha sempre regalato momenti divertenti nei duetti con Montalbano/Zingaretti.
Non possiamo poi non citare i principali attori siciliani che hanno portato sullo schermo i personaggi collaterali ma fondamentali per l’equilibrio narrativo: i ragusani Angelo Russo, Giovanni Guardiano e Roberto Nobile, rispettivamente Catarella, Jacomuzzi e Nicolò Zito; il compianto Marcello Perracchio, notissimo attore teatrale modicano nel ruolo del dottor Pasquano; ed il saccense Davide Lo Verde e l’ericino Francesco Stella, nei ruoli degli agenti Galluzzo e Gallo.
4. I luoghi di Montalbano
Nonostante la Vigata e il capoluogo Montelusa di Camilleri fossero ispirate rispettivamente alla città natale dello scrittore, Porto Empedocle, e ad Agrigento, le riprese de Il Commissario Montalbano hanno avuto tutt’altre location. Protagonista assoluta è sempre stata la provincia di Ragusa con il suo barocco Patrimonio dell’UNESCO, i tipici altipiani e il mare cristallino, sul quale si affacciano alcune delle spiagge più rinomate della Sicilia.
Ibla, la parte più antica del capoluogo e già comune autonomo prima di essere aggregato a Ragusa superiore nel 1927, può vantare alcuni dei monumenti più celebrati dell’arte barocca tra palazzi pieni di dettagli architettonici e magnifiche sculture, e chiese di fresca concezione, quasi tutte ricostruite dopo il terremoto del 1693 che sconvolse la Sicilia orientale (generatosi tra Catania e il Val di Noto) ma che diede, superata la tragedia, anche alla zona ragusana la possibilità di rifiorire come forse nessun’altra parte d’Italia in epoca moderna. Un set naturale che ha regalato alla serie la maggior parte delle riprese esterne.
Dopo Ragusa è certamente Scicli ad aver ricevuto ampio risalto nelle riprese, anche perché il commissariato di Vigata è stato ideato all’interno del Palazzo Comunale, tranne un periodo nel quale la produzione non trovò un accordo con l’amministrazione e ricostruì le stanze negli interni di Cinecittà, prima di tornare realmente a girare in via Francesco Mormino Penna. Ma è ovviamente da menzionare anche Santa Croce Camerina, poiché Marinella non è altri che la frazione di Punta Secca e la casa di Montalbano affaccia sulla sua spiaggia principale, bellissima sia d’inverno che d’estate.
Numerose apparizioni hanno avuto anche le città di Modica, specialmente nelle prime stagioni, Ispica, Comiso e Vittoria, e la frazioni di Marina di Ragusa, Donnalucata, Scoglitti, Sampieri e Marzamemi (quest’ultima nel siracusano). L’elenco sarebbe davvero lungo, ma ogni luogo cela qualcosa di meraviglioso e questa parte di Sicilia, ragionando sul piano turistico, ha tratto un grosso beneficio dal successo internazionale della serie riuscendo a farsi finalmente conoscere ed apprezzare.
5. La cucina siciliana
Una delle raccolte di Camilleri dedicate al commissario ha come titolo Gli arancini di Montalbano, da cui sono stati tratti alcuni degli episodi più affascinanti della serie. Arancino per i catanesi, arancina per i palermitani: al di là delle disquisizioni sul nome, ciò che è sicura è la bontà di questa pietanza, una “palla di riso” prevalentemente ripiena con ragù, piselli, zafferano e poi impanata e fritta, da degustare una volta raffreddatasi. È uno dei piatti preferiti di Montalbano, soprattutto se a preparare gli arancini è la sua governante Adelina, un vero portento davanti ai fornelli.
La cucina siciliana è uno degli aspetti più caratterizzanti della serie: i profumi e i sapori delle pagine di Camilleri sono stati descritti con minuzia anche nei film, con Montalbano che ama mangiare la sera da solo, a casa, quanto Adelina gli ha preparato, o fermarsi a mezzogiorno nel ristorante di Enzo, dove assaporare il pesce fresco in religioso silenzio: quando pranza o cena, Salvo non vuole che nessuno lo disturbi o lo attiri a conversare.
Tra le ricette tipiche, giusto per farvi venire l’acquolina in bocca, citiamo anche la “pasta ‘ncasciata”, la pasta con le sarde, la pasta al forno, le penne con i broccoletti, con il macco di fave e il pesto alla trapanese; potremmo anche passare ai secondi di pesce accompagnati dal vino bianco e concludere con un tipico cannolo ripieno di ricotta, ma preferiamo lasciare qualcosa all’immaginazione…