Recentemente abbiamo visto nelle nostre sale L’ombra di Caravaggio, l’ultimo lavoro diretto da Michele Placido e con protagonista Riccardo Scamarcio. Si tratta di un dramma storico in cui viene esplorata la figura del celebre pittore del ‘600 anche attraverso i suoi lavori. Non è la prima volta che il cinema esplora la vita di un pittore o che, più in generale, un film viene dedicato a questa forma d’arte. Dopotutto, il mondo dell’arte è pieno di rimandi e riferimenti reciproci. Basti pensare che Novecento, il capolavoro di Bernardo Bertolucci, si ispirò a Il quarto stato, un magnifico olio su tela realizzato da Giuseppe Pellizza da Volpedo.
Abbiamo dunque pensato di approfondire il rapporto tra la pittura e la settima arte attraverso quelli che secondo noi sono i migliori film sulla pittura, pellicole che possono riguardare la vita di un artista, la pittura stessa, il rapporto tra cinema e arti figurative oppure l’uso che si fa della pittura all’interno della settima arte.
1. Il mistero Picasso (1956)
Al primo posto troviamo un documentario interamente dedicato all’arte e soprattutto ad un grande artista, Pablo Picasso. È uno dei migliori nel suo genere e sicuramente il più indimenticabile. La principale novità di questo lungometraggio consiste nel non discernere di arte, al contrario di altri documentari sulla pittura, ma di limitarsi ad osservare il genio al lavoro lasciando che sia lui a raccontarsi nella sua forma espressiva.
Il mistero Picasso è stato realizzato dal francese Henri-Georges Clouzot con uno stile minimale. Il regista è anche produttore e sceneggiatore, la scenografia viene accreditata a Pablo Picasso e il progetto si avvalse di pochi collaboratori essenziali: Claude Renoir (per la fotografia), Henri Colpi (montaggio) e Georges Auric (musiche). Il film venne presentato in concorso al Festival di Cannes nel 1956, dove vinse il Premio speciale della Giuria in un’annata incredibile per il cinema documentario. La Palma d’oro andò infatti a Il mondo del silenzio di Louis Malle e Jacques-Yves Cousteau.
Il mistero Picasso è realizzato con un unico piano-sequenza in cui ci viene mostrato il maestro al lavoro. In un set buio e arredato di sole tele e colori vediamo la troupe di Clouzot dare il via a Pablo Picasso. Il pittore dà libero sfogo alla sua fantasia e realizza diverse tele. Il bianco e nero diventa colore e il cinema diventa pittura.
2. La bella scontrosa (1991)
Al secondo posto troviamo un lavoro molto difficile e dalla durata impegnativa di ben 236 minuti. Qui in realtà ci troviamo a cavallo tra pittura e letteratura e nel mezzo c’è il cinema. La bella scontrosa è liberamente ispirato ad un racconto di Honoré de Balzac intitolato Il capolavoro sconosciuto. Il film è realizzato da Jacques Rivette, uno degli esponenti della Nouvelle Vague, e vede protagonisti Michel Piccoli ed Emmanuelle Béart.
Anche qui la pittura viene portata in primo piano, diverse inquadrature ci mostrano il lavoro dell’artista e l’ambientazione è principalmente il suo studio. Si tratta di un’esperienza immersiva al pari de Il mistero Picasso (con il quale condivide anche lo stesso riconoscimento a Cannes), ma qui ci troviamo nel cinema di finzione e ad essere indagato è il rapporto tra l’artista e la modella.
La narrazione è costruita in modo da accompagnare lo spettatore nel mondo dell’artista. All’inizio ci identifichiamo in Nicolas, un aspirante pittore che sogna di incontrare il suo idolo: Edouard Frenhofer. Nicolas riesce nel suo intento e raggiunge la dimora di Fernhofer insieme alla sua compagna Marianne. Al giovane l’anziano pittore confida di aver lasciato da anni un’opera incompiuta intitolata La bella scontrosa (La belle noiseuse). Per completare il quadro, Nicolas gli propone di usare come modella Marianne, ma la ragazza si ribella a questa decisione.
3. Caravaggio (1986)
Al terzo posto troviamo un film di cui avevamo già parlato in un nostro articolo dedicato a Tilda Swinton, che esordisce come attrice proprio con questo lungometraggio. Caravaggio scala i titoli che seguiranno perché è opera di un regista da sempre molto attivo nel campo visuale, Derek Jarman. Quest’ultimo è a sua volta anche pittore e ha esordito realizzando una serie di cortometraggi sperimentali molto più nel campo della videoarte che nel cinema.
Caravaggio rappresenta l’incursione di Jarman nella pittura attraverso il cinema. Si tratta di un film costruito come se fosse un dramma teatrale in cui vengono indagati i sentimenti dei personaggi. L’elemento pittorico è ben presente e anche qui ci viene mostrato il lavoro dell’artista. Il cast del film è formato da Nigel Terry, Sean Bean e Tilda Swinton.
Nel 19610 il pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio si trova sotto la protezione del cardinale Francesco Maria Del Monte, il quale gli commissiona il suo prossimo dipinto: il Martirio di San Matteo. Come modello viene ingaggiato Ranuccio, un giovane conosciuto in una taverna dal quale il pittore è subito attratto. Ranuccio è però fidanzato con Lena, una prostituta a sua volta chiamata a posare per l’artista. Tra i tre si instaura quindi un rapporto in cui sono tutti coinvolti e i ruoli si confondono fino ad un tragico epilogo.
4. Hana-bi – Fiori di fuoco (1997)
La scelta del quarto titolo può sorprendere perché non è direttamente dedicato alla pittura. Tuttavia, la pittura è comunque presente attraverso una trama secondaria che si intreccia con quella del protagonista. In questo caso, la pittura si pone come una speranza, un medicinale per una difficile guarigione, quella di Horibe.
Hana-bi – Fiori di fuoco è a tutti gli effetti un film sulla yakuza, sebbene declinato in una forma più alta. Infatti, pur non mancando sparatorie, si respira un’aria quasi funebre. Questo perché il film è soprattutto il racconto del tramonto di un eroe. Hana-bi ha dato riconoscimento internazionale al regista nipponico Takeshi Kitano, al suo settimo lungometraggio, complice un Leone d’oro a Venezia nel 1997.
Nishi è un poliziotto in pensione taciturno e tenebroso, rispettato da tutti ma anche temuto per i modi bruschi e sbrigativi. Tuttavia, ha legami con la yakuza a causa di un debito mai saldato. Mentre i suoi nemici gli danno la caccia, Nishi trascorre i suoi ultimi giorni con sua moglie Miyuki, affetta da un male incurabile. Nel frattempo, Horibe, vecchio amico di Nishi, è vittima di un incidente che lo lascia fisicamente paralizzato. Abbandonato da tutti, Horibe sembra pronto a lasciarsi andare. Finché nella sua vita non entra la pittura, l’unica attività che sembra in grado di farlo rinascere.
5. Ritratto della giovane in fiamme (2019)
Al quinto posto troviamo un film piuttosto recente. È meno riuscito di altri titoli presenti in questa lista, principalmente a causa di una carente alchimia tra le due protagoniste, tuttavia è sicuramente un film che pone la pittura in primo piano. Ed è realizzato da una delle registe del momento, Céline Sciamma, tra l’altro co-sceneggiatrice dell’ultima fatica di Jacques Audiard, Parigi, 13Arr.
Il titolo è abbastanza poetico e potrebbe benissimo essere quello di un celebre dipinto, soprattutto tenendo conto di come suona in lingua originale (Portrait de la jeune fille en feu). Del resto, per Ritratto della giovane in fiamme la regista ha ammesso di aver studiato le donne attive nella pittura, soffermandosi in particolare su quelle del XVIII secolo. Il personaggio di Marianne è un riassunto di diverse figure realmente esistite, pur essendo di fatto immaginario.
Il film è un lungo flashback di Marianne, una pittrice operante nella Francia del XVIII secolo. La storia risale infatti a diversi anni prima, quando Marianne venne invitata su un’isola della Bretagna da una nobildonna che chiedeva i suoi servigi: realizzare un ritratto della figlia per i possibili pretendenti. Marianne fece quindi la conoscenza di Héloïse, una giovane anticonformista. Poiché la ragazza era restia a farsi ritrarre per evitare un matrimonio di interesse, la madre consigliò a Marianne di agire in gran segreto fingendosi la dama di compagnia di Héloïse. Tra le due giovani scoppiò un’incredibile passione e la pittrice trovò infine l’ispirazione che cercava. Un’esperienza che Marianne non ha mai dimenticato.
6. Loving Vincent (2017)
Al sesto posto troviamo invece un film abbastanza particolare e uscito nelle nostre sale qualche anno fa. È diretto dai registi Dorota Kobiela e Hugh Welchman ed è una produzione di Polonia e Gran Bretagna.
Loving Vincent è un prodotto insolito che mescola diversi generi: su uno sfondo animato scorre una storia thriller che intreccia la biografia del celebre pittore Vincent van Gogh, il tutto condito con uno stile a tratti documentaristico. Quello che stiamo guardando è il primo film interamente dipinto della storia. Più che per il risultato, Loving Vincent è straordinario per il progetto: ogni singolo dipinto presente nel film è stato appositamente realizzato da una squadra di artisti. In effetti, pur essendo la regia attribuita alla Kobiela e a Welchman, alla sua uscita Loving Vincent venne presentato quasi come un film realizzato da un collettivo.
Francia, 1891. È passato un anno dal suicidio di Vincent van Gogh, uno dei più celebri pittori impressionisti. Tutti sanno che avesse dei problemi mentali ed era stato per questo isolato, un’opinione pubblica diffusa. Non fa eccezione Armand, a cui il padre postino affida una lettera destinata a Theo van Gogh. Armand accetta comunque l’incarico e inizia così un’avventura che lo porterà a scoprire il vero Vincent.
7. Brama di vivere (1956)
Un altro film su Vincent van Gogh, datato però ad un altro decennio e diverso per stile e genere. In realtà, ce ne saranno altri in questa lista dedicati al pittore olandese. Inutile negare che la sua è una figura che ha da sempre affascinato i cineasti e gli spettatori.
L’importanza di Brama di vivere risiede soprattutto nella sua produzione. Alla regia c’è Vincente Minnelli, un nome più legato al musical. A lui si deve infatti Un americano a Parigi, un capolavoro con Gene Kelly vincitore di ben 6 premio Oscar nel 1952. Van Gogh è invece interpretato da Kirk Douglas, un attore con un fisico così lontano da quello del pittore che tuttavia riesce a rendere il suo tormento. Accanto a lui troviamo Anthony Quinn, che interpreta Paul Gauguin e vince con questa performance il suo secondo Oscar come miglior attore non protagonista. Qui più che la pittura c’è al centro il discorso sulla pittura e ogni singolo fotogramma è un dipinto. Più che l’elemento biografico prevale quello agiografico: il cammino di van Gogh viene infatti paragonato a quello di un santo.
Vincent van Gogh è un predicatore malvisto dalle autorità religiose e con una straordinaria passione per la pittura. È inizialmente suo cugino Anton Mauve, anch’egli pittore, a spingerlo verso questa strada. Tuttavia, per Vincent inizia un calvario pieno di sofferenze e che lo porta a incontrare diverse figure. Una di queste è Paul Gauguin, pittore francese e uno dei massimi esponenti dell’impressionismo.
8. Frida (2002)
Non poteva mancare quello che è uno dei film più amati dagli appassionati dei biopic sui pittori. Al centro della vicenda c’è questa volta la figura di una donna, quella di Frida Kahlo, ancora oggi un simbolo del surrealismo femminile. La sua è sicuramente una personalità complessa e la regia di Julie Taymor ne sembra ben consapevole.
Nei panni della celebre pittrice messicana troviamo Salma Hayek, che all’epoca era già nota per pellicole come Traffic, Dal tramonto all’alba e Four Rooms. È soprattutto grazie a questo ruolo che l’attrice raggiunge la sua consacrazione, ottenendo perfino una candidatura all’Oscar. Accanto a lei troviamo un cast stellare formato da Alfred Molina, Valeria Golino, Diego Luna, Ashley Judd, Edward Norton e Antonio Banderas. Qui il ruolo della pittura è naturalmente importante, sebbene risulti un po’ inglobata dalla biografia della Kahlo. In effetti il film coglie i legami tra gli eventi della pittrice e il suo modo di esprimersi attraverso l’arte.
Frida è un biopic abbastanza canonico della celebre pittrice messicana. L’azione comincia con un incidente che segnerà per sempre la sua salute quando ha solo diciotto anni. Tuttavia, la giovane Frida non si perde d’animo, animata da una curiosità per il mondo e la sincera passione per la pittura. Della sua vita farà parte anche Diego Rivera, un pittore iscritto al partito comunista, che diventerà suo marito. Il rapporto tra i due sarà però tormentato.
9. Van Gogh (1991)
A Van Gogh è dedicato anche un lungometraggio realizzato da Maurice Pialat, regista francese scomparso nel 2003. Prima di questo biopic ha diretto film come Sotto il sole di Satana e Ai nostri amori. Nei panni del pittore olandese troviamo Jacques Dutronc, celebre cantante pop e marito di Françoise Hardy, che è anche attore. Quella di Vincent van Gogh è sicuramente la sua performance più nota, peraltro premiata col César.
Il flm è un prodotto visivamente ancora più maturo di Brama di vivere. Gli intenti sono diversi e quel che ne esce è un ritratto pulito e ravvicinato di Vincent van Gogh, stretto in inquadrature che lo isolano e con una tensione nervosa sulle spalle. Il risultato è sicuramente molto in linea con la poetica autoriale di Pialat.
Van Gogh è il racconto degli ultimi tre mesi di vita del celebre pittore olandese. Siamo alla fine dell’ottocento e il 37enne Vincent si trova nella casa in campagna ad Auvers-sur-Oise. Con lui c’è il dottor Gachet, l’uomo che lo ha in cura. La sua esistenza è in balia di emozioni contrastanti e scatti d’ira, ma la ricerca artistica continua.
10. Big Eyes (2014)
Un caso giudiziario che ha visto coinvolti due personalità delle arti visive è al centro di un lungometraggio realizzato da Tim Burton. Big Eyes è un film abbastanza insolito per il regista statunitense, molto legato ad atmosfere da brivido o fantasy. Ecco perché per non tradire la sua personalità registica riempie la scenografia con numerosi ritratti di figure dagli occhi enormi. Si tratta però dell’unico elemento che ci dice che è un film di Burton. Big Eyes si regge interamente sugli inquietanti quadri dipinti da Margaret Keane e sulle incredibili performance di Christoph Waltz e Amy Adams (premiata con il Golden Globe). La presenza della pittura è quasi invasiva, pur essendo un film che affronta il difficile tema della paternità dell’opera.
Tratto da un’incredibile storia vera, Big Eyes è ambientato nell’America del 1958, dove le donne sono ancora schiacciate dall’ingombrante potere maschile. Ed è proprio da un uomo che sta fuggendo Margaret Ulbrich, una pittrice dal talento straordinario. Crede di trovare un valido sostegno in Walter Keane, anch’egli pittore, che riesce ad affascinarla con il suo carisma e in breve tempo i due si sposano. Il loro rapporto si incrina quando Walter inizia a spacciare per propri i dipinti realizzati da Margaret. I lavori piacciono e iniziano ad avere successo, ma è sempre Margaret a realizzarli e la donna inizia a sentirsi derubata della propria identità artistica.
11. Van Gogh – Sulla soglia dell’eterintà (2018)
Un altro biopic su van Gogh vede protagonista uno straordinario Willem Dafoe, giustamente premiato con la Coppa Volpi a Venezia per questo ruolo. Pur essendo parecchio fuori parte, Dafoe usa il proprio corpo esile e maturo per restituirci il ritratto di un giovane consumato dal tempo e dalla propria malattia. Il tormento di van Gogh emerge qui in maniera ancora più prepotente.
La regia è di Julian Schnabel, anch’egli pittore e autore di film come Miral e Prima che sia notte. Il cast vede coinvolti anche Mads Mikkelsen, Emmanuelle Seigner, Oscar Isaac, Rupert Friend, Mathieu Amalric, Niels Arestrup, Anne Consigny, Amira Casar e Vincent Perez. Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità, il cui titolo originale è At Eternity’s Gate, ha soprattutto il grande pregio di parlare attraverso i demoni interiori del pittore. Le atmosfere cupe e sinistre ci portano dentro la sua malattia mentre negli spazi aperti vediamo il protagonista attraversare i suoi stessi dipinti.
Dopo la sua permanenza a Parigi, van Gogh decide di ritirarsi nella sua casa in campagna. Qui viene da tutti ostracizzato perché considerato un pazzo. Finisce quindi in ospedale dove riceve le visite di suo fratello Theo, che cerca in tutti modi di vendere i suoi dipinti a Parigi senza però ottenere l’esito sperato. Sempre più abbandonato a sé stesso, van Gogh piomba in una profonda crisi emotiva che lo spingerà a compiere un atto estremo.
12. Opera senza autore (2018)
Questa volta non siamo davanti ad un biopic, ma ad un racconto di formazione in cui l’arte c’entra molto. Sebbene entri in scena soltanto in un secondo momento, la pittura ha un ruolo di primo piano e il titolo non è casuale.
Opera senza autore è un lungometraggio dalla durata impegnativa di tre ore realizzato dal tedesco Florian Henckel von Donnersmarck, già premio Oscar con Le vite degli altri. Proprio con Opera senza autore per il regista arriva la sua seconda candidatura da parte dell’Academy e sempre nella stessa categoria: miglior film straniero. Nel cast in effetti ritroviamo Sebastian Koch, che era stato protagonista de Le vite degli altri. Accanto a lui c’è il giovane Tom Schilling e la talentuosa Paula Beer, già notata in Frantz di François Ozon.
È il 1937 quando il piccolo Kurt Barnert visita il museo di Dresda grazie a sua zia Elisabeth. Qui rimane affascinato da dei dipinti definiti degenerati dal regime nazista. A causa del carattere eccentrico, Elisabeth viene internata in un ospedale psichiatrico per poi venire eliminata per ordine del Terzo Reich qualche anno più tardi. Divenuto adulto, Kurt lavora come pittore di insegne e sogna di entrare in una prestigiosa scuola per artisti. Nel frattempo, nella sua vita entra Ellie Seeband, una giovane di buona famiglia di cui si innamora a prima vista.
13. The Danish Girl (2015)
Al quindicesimo posto troviamo un altro titolo di cui abbiamo già parlato nel pezzo dedicato ad Alicia Vikander. Sebbene non sia una storia incentrata sulla pittura, è sempre di pittori che parliamo. I personaggi principali sono infatti la ritrattista Gerda Gottlieb (coniugata Wegener) e il paesaggista Einar Wegener. Ed è proprio a partire da un quadro che Einar trova la sua vera identità di Lili Elbe.
La regia è di Tom Hooper (Les Misérables e Il discorso del re) che adatta per il grande schermo un romanzo di David Ebershoff, intitolato La danese e tratto da un’incredibile storia vera. I tre ruoli principali sono affidati a Eddie Redmayne, Alicia Vikander (Oscar come migliore attrice non protagonista) e a Matthias Schoenaerts.
Siamo negli anni ’20 e Gerda e Einar Wegener sono una coppia di pittori molto nota negli ambienti alto borghesi di Copenaghen. I due hanno un matrimonio felice e un rapporto affiatato. Tutto cambia il giorno in cui Gerda, in cerca di un nuovo soggetto da ritrarre, propone per gioco a Einar di posare in abiti femminili. L’uomo accetta e inizia a sentirsi a suo agio in quei panni che trova il modo di rimanerci. Un po’ alla volta prende corpo Lili Elbe ed Einar capisce di stare attraversando una profonda crisi che coinvolge la sua identità di genere.
14. Ebbro di donne e di pittura (2002)
Al quattordicesimo punto di questo elenco troviamo un lungometraggio molto impegnativo. È diretto da Im Kwon-taek, regista sudcoreano autore di numerosi titoli e molto noto in patria.
Ebbro di donne e di pittura è un progetto importante, essendo basato sulla biografia di Jang Seung-eop, un pittore coreano vissuto tra il 1843 e il 1897. Il film è stato presentato in concorso a Cannes nel 2002, dove ha vinto il Prix de la mise en scène e da lì sono partiti diversi altri riconoscimenti. Naturalmente la pittura è presente, ma il lungometraggio lascia forse più spazio al tormento interiore dell’artista di cui si parla.
Jang Seung-eop è un uomo senza fissa dimora con un grande talento: imitare le creazioni artistiche degli altri. Tuttavia, il suo talento è straordinario e va ben oltre la mera imitazione. Per questo viene spinto a sviluppare uno stile proprio. Il raggiungimento di uno stile artistico coincide però con l’emergere di una serie di insicurezze. Jang Seung-eop diventa così ostile con tutti e sempre più succube dell’alcol.
15. Pollock (2000)
Il sedicesimo titolo che vi presentiamo è opera di uno straordinario attore americano, Ed Harris. Al momento di debuttare alla regia con Pollock, Harris si era già fatto conoscere grazie ad un curriculum ricco di titoli di grande successo, quali Apollo 11 e The Truman Show. Per il suo esordio al lungometraggio si avvale di un’abile spalla, Marcia Gay Harden, che con questo film vince l’Oscar come migliore attrice non protagonista.
Si tratta di un biopic su Jackson Pollock, uno dei maggiori esponenti dell’action painting o espressionismo astratto. Anche questa è un’esistenza tormentata e una personalità sofferente, il film verte soprattutto sul rapporto con la moglie Lee Krasner, anch’ella artista. In particolare, il contatto tra questi due creativi dà all’Harris regista l’occasione di un discernimento sulla pittura che rimane per tutto il tempo costante.
Negli anni ’50 Jackson Pollock è una celebrità del mondo della pittura. Poi la narrazione compie un salto temporale: diversi anni prima, Jackson è ancora un giovane artista in cerca di successo. È proprio in questo periodo che incontra Lee Krasner, una pittrice in grado di capirlo e stimolarlo con la quale avrà una relazione. I due convoleranno a nozze, ma ben presto l’animo tormentato di Jackson cedrà all’alcolismo.
16. Basquiat (2016)
Ci avviciniamo alle ultime posizioni e troviamo un altro lungometraggio realizzato da Julian Schnabel. Basquiat rappresenta, per il regista statunitense, una prima incursione nella pittura attraverso il cinema. Il risultato è interessante, sebbene manchi quell’elemento penetrante che caratterizzerà il successivo Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità (che abbiamo già trattato).
Jean-Michel Basquiat è stato un pittore afroamericano vissuto dal 1960 al 1988. Importante esponente del graffitismo, è riuscito nel non semplice obiettivo di approdare con questa corrente nelle gallerie d’arte, sdoganando così questa forma espressiva. Nel film è interpretato da un giovane e ancora sconosciuto Jeffrey Wright, oggi noto grazie a The Batman e No Time To Die. Anche qui abbiamo un cast eccezionale e comprende: Dennis Hopper, David Bowie, Benicio del Toro, Gary Oldman, Christopher Walken, Willem Dafoe e Courtney Love.
In una Brooklyn ordinaria emerge la figura di Jean-Michel Basquiat, che trascorre le sue giornate in strada a creare bellissimi graffiti. Il suo stile inizia presto ad essere notato e a credere in lui è Andy Warhol. La sua arte nervosa ed energica deve però fare i conti con una personalità dalle relazioni difficili e dipendente dal consumo di stupefacenti.
17. Turner (2014)
Uno degli ultimi film dell’inglese Mike Leigh (Segreti e bugie e Il segreto di Vera Drake) è dedicato alla pittura. Sebbene non sia da annoverare tra i titoli più riusciti del regista, il risultato è visivamente entusiasmante.
Il film evoca la figura di William Turner, un pittore inglese vissuto tra il 1775 e il 1851 e specializzato nell’arte paesaggistica. Il personaggio è interpretato da Timothy Spall, la cui prestazione ha fruttato il Prix d’interprétation masculine a Cannes 2014. Nel cast figura anche Lesley Manville, una delle più fedeli collaboratrici di Leigh.
Nell’800 William Turner è un artista conosciuto soprattutto per la pittura paesaggistica. Turner cerca continuamente l’ispirazione viaggiando in giro per l’Europa. La sua vita sociale è però alquanto confusa: celibe ma con due figlie con le quali il rapporto è distaccato, Turner vive con suo padre, che gli fa anche da assistente. Ha inoltre una governante su cui sfoga i suoi appetiti sessuali, ma per la quale non nutre alcun sentimento. L’unico incontro che sembrerebbe smuoverlo un po’ è quello con la vedova Sophia Booth.
18. Leonardo. Il capolavoro perduto (2021)
Secondo documentario sulla pittura tra i titoli presenti in questa lista. Sebbene non si distingua molto da altri film dello stesso genere, è in quel campo uno dei lavori più riusciti. In più, è molto recente, quindi entra in gioco anche l’attualità dell’approccio utilizzato.
Leonardo. Il capolavoro perduto (The Lost Leonardo) ha avuto anche una buona distribuzione nelle nostre sale, merito di un’adeguata campagna promozionale. Il regista è il danese Andreas Kofoed, che vede il suo lavoro come qualcosa che indaga sui meccanismi della psiche umana. “Il dipinto diventa un prisma attraverso cui possiamo guardare noi stessi”, sostiene il regista. Il film è stato inoltre presentato al Tribeca Film Festival e alla Festa del Cinema di Roma.
Oggetto dell’indagine di Kofoed è il Salvator Mundi, opera del genio di Leonardo Da Vinci, nonché il dipinto più costoso mai venduto (450milioni di dollari). Il lavoro di Kofoed prende spunto da un evento del 2008, quando alcuni studiosi dell’arte di Leonardo si sono riuniti alla National Gallery di Londra per esaminare il dipinto. La riunione ha portato ad alcune scoperte sensazionali circa le pennellate e la tecnica utilizzata dall’artista.
19. Vincent & Theo (1990)
Al diciannovesimo posto troviamo uno dei titoli realizzati da un grandissimo cineasta, Robert Altman, sebbene questo non possa essere annoverato tra i suoi lavori migliori. Tuttavia, è un film sicuramente interessante, anche se difficilmente più memorabile di altri fin qui presentati.
Vincent & Theo vede coinvolti diversi paesi in produzione e tra i personaggi incontriamo figure importanti nel mondo della pittura. Su tutti svettano il Vincent e il Theo van Gogh di Tim Roth e Paul Rhys, che recitano in coro per tutto il film dando vita a questo affascinante rapporto fraterno. Le musiche sono di Gabriel Yared, che realizza uno dei suoi lavori migliori e lo stesso compositore ha definito la musica di Vincent & Theo “la più creativa da lui realizzata”.
Il film ripercorre le origini della creazione de I girasoli, opera di Vincent van Gogh il cui valore nel 1987 è stato stimato intorno ai 40mila dollari. Ci addentriamo in una fase della vita del celebre pittore quando, a soli 28 anni, nel bel mezzo di una difficile sopravvivenza, decide di dedicarsi alla pittura. A spingerlo in questa direzione è soprattutto Anton Mauve, che ha modo di frequentare mentre si trova all’Aia. Un ruolo importante lo avrà suo fratello Theo, che cercherà in tutti i modi di vendere i suoi lavori.
20. La ragazza con l’orecchino di perla (2003)
L’ultimo titolo presentato è forse uno dei più amati dal pubblico, sebbene si tratti di un lavoro abbastanza “classico”. C’è da dire che è un prodoto molto attento ai dettagli e che deve tutto alle splendide prove dei suoi interpreti, Colin Firth e Scarlett Johansson, due scelte azzardate che si rivelano però all’altezza della situazione. Nel cast compaiono anche Tom Wilkinson, Cilian Murphy ed Essie Davis. La regia è invece di Peter Webber, regista britannico che ha realizzato anche Hannibal Lecter – Le origini del male.
La ragazza con l’orecchino di perla è tratto da un omonimo romanzo di Tracy Chevalier e si ispira alla realizzazione di un omonimo dipinto dell’olandese Johannes Vermeer. Il quadro è noto anche col nome di Ragazza col turbante. Il film è stato candidato a tre premi Oscar per fotografia, scenografia e costumi.
Nel 1665 la giovane Griet viene mandata a Delft a servire nella casa del pittore Johannes Vermeer. Quest’ultimo ha difficoltà a portare avanti la sua famiglia a causa dell’elevato numero di figli e del suo maniacale perfezionismo. Griet entra in contatto con Vermeer ed inizia ad interessarsi alla pittura. Nel frattempo, la bellezza della giovane non passa inosservata e diversi pretendenti si fanno avanti, ma anche Vermeer sogna di ritrarla all’insaputa della moglie.