Di film sulle mafie ce ne sono moltissimi. Non solo il genere gangster muove per forza di cose in questa direzione, ma nel corso del tempo si sono susseguite pellicole che hanno trattato l’argomento nei modi più disparati. Anzi, si può affermare che, man mano che la verità sul mondo della criminalità organizzata veniva portata alla luce, i registi sono diventati più coraggiosi nell’approcciarsi a questa tematica. Parliamo di un fenomeno che riguarda un po’ tutto il mondo, perciò questo filone si è sviluppato in diversi paesi e ha trattato diversi tipi di mafia: americana, italo-americana, siciliana, napoletana, russa, corsa, ecc… Registi come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e Francesco Rosi hanno dedicato quasi un’intera carriera a questo filone. Spesso la rappresentazione cinematografica è anche andata di pari passo con un clima di denuncia e con l’intento di informare, oltre che quello di intrattenere.
Ciò che affascina lo spettatore in questo tipo di film è soprattutto l’osservazione dei rapporti e delle gerarchie che sorreggono queste potenti organizzazioni. I rapporti di fiducia e di parentela divengono presto un problema è tutto cambia all’interno dei vari clan. Fatte queste premesse, vediamo ora quelli che sono i migliori film sulla mafia, da quelli più conosciuti alle pellicole di nicchia.
1. Il padrino (1972)
Il film di mafia per antonomasia è indubbiamente Il padrino, ancora oggi un cult intoccabile del genere, oltre che un capolavoro riconosciuto. Al di là dello status di cui gode, Il padrino è arrivato in un periodo in cui si iniziava a parlare di mafia, diventava un argomento più alla portata di tutti, e questo anche a scopo informativo. Soprattutto al centro della trama c’è la famiglia, che è un elemento molto importante all’interno di queste organizzazioni criminali, i cui membri sono uniti da legami di parentela anche in mancanza di una vera e propria consanguineità. Il film è tratto da un omonimo romanzo di Mario Puzo, all’epoca un successo editoriale, che ha inoltre contribuito ad arricchire il lessico legato alla malavita. L’adattamento è opera di Francis Ford Coppola, divenuto popolare proprio a partire da questo suo lavoro, peraltro premiato con l’Oscar.
New York 1945, mentre si festeggia il matrimonio della giovane Connie, Don Vito Corleone riceve in privato uomini delusi dalla giustizia americana che vengono a chiedergli “favori”. Don Vito è infatti a capo di un’organizzazione criminale in cui sono coinvolti anche i suoi figli, Sonny e Tom. L’unico elemento estraneo è Michael, che torna a casa con la sua nuova fiamma Kay. Ben presto però degli eventi inaspettati e delle “questioni d’onore” da risolvere cambieranno i rapporti in casa Corleone.
2. Il padrino – Parte II (1974)
Pur essendo datato a qualche anno dopo, Il padrino – Parte II è insieme sequel e prequel del film del 1972. In effetti gli eventi si collocano dopo la morte di Don Vito e l’ascesa di Michael Corleone a nuovo boss della malavita di New York. Tuttavia, il personaggio di Don Vito è comunque presente grazie ad un lungo flashback che ne racconta le origini. Anche questo lungometraggio è realizzato da Francis Ford Coppola e sostanzialmente compare lo stesso cast del film precedente, seppur con alcune “new entry”. Il successo è ancora più marcato rispetto al primo capitolo: Il padrino – Parte II vinse 6 premi Oscar contro i 3 del precedente e, almeno fino all’anno de Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re, è stato a lungo l’unico sequel a cui è toccata questa sorte.
La storia comincia agli inizi del ‘900 in una Sicilia calda e rurale, dove tutti si esprimono in dialetto. A Corleone, comune in mano al potente boss Don Ciccio, il piccolo Vito Andolini assiste impotente al massacro della sua famiglia. Per mettersi in salvo, Vito è costretto ad emigrare in America dove, per una svista anagrafica, il suo cognome viene confuso con la città d’origine. Una volta giunto a New York, Vito scoprirà che anche la Grande Mela è in mano ad un potente boss locale.
3. C’era una volta in America (1984)
Arriviamo ora a quello che è il film più alto e complesso del genere gangster, oltre che il più ambizioso realizzato dal suo autore, Sergio Leone. Il piazzamento al terzo posto piuttosto che al primo potrebbe sorprendere, ma è motivato dal fatto che un’opera così complessa non può ambire al mero titolo di “film sulla mafia”, laddove Il padrino lo è dichiaratamente a tutti gli effetti. Qui la trama sulla malavita si mescola insieme ad altri aspetti della storia, come l’amicizia e l’amore.
C’era una volta in America è basato sul romanzo autobiografico Mano armata (The Hoods) di Harry Grey, un criminale operativo a partire dagli anni ’30, poi divenuto autore di una serie di autobiografie. L’adattamento di Leone è sontuoso e vede protagonista un indimenticabile Robert De Niro nel ruolo di David “Noodle” Aaronson, un gangster che si fa strada tra la criminalità americana durante il proibizionismo. Il film racconta la sua lunga ascesa e, man mano che gli anni passano, diventa sempre più potente e si confronta con diverse realtà dell’America di quegli anni.
4. Quei bravi ragazzi (1990)
Un film che deve molto sia a Il padrino che a C’era una volta in America è opera di Martin Scorsese, un regista da sempre appassionato di gangster e storie criminali. Perfino il suo lungometraggio più famoso, Taxi Driver, pur raccontando il disturbo post-traumatico dell’America reduce dalla guerra in Vietnam presentava uno sguardo verso il mondo della malavita. Allo stesso modo di C’era una volta in America, anche Quei bravi ragazzi (Goodfellas) è tratto da una storia vera. Dietro la sceneggiatura a quattro mani si cela il romanzo di Nicholas Pileggi, Il delitto paga bene, a sua volta ispirato alla vicenda di Henry Hill.
Quei bravi ragazzi è il racconto in prima persona di Henry Hill, un adolescente cresciuto a Bronswille, quartiere malfamato di Brooklyn. È proprio qui che il giovane Henry, figlio di un irlandese e di un’italo-americana, inizia a servire il boss Paul Cicero. Crescendo e un po’ alla volta, Henry si ritroverà sempre più parte della banda e nemmeno il matrimonio con la tenace Karen riuscirà a toglierlo dai guai.
5. The Departed – Il bene e il male (2006)
Altro titolo da menzionare è sempre opera di Martin Scorsese, fino ad oggi l’unico suo lavoro ad essere stato premiato con l’Oscar alla regia e al miglior film. The Departed – Il bene è il male è un remake di Internal Affairs, un action di Hong Kong con Andy Lau e Tony Leung. La versione di Scorsese, pur conservando una certa spettacolarità nelle lunghe sparatorie, sembra più improntata ad uno sguardo sulla malavita americana. Nei panni del boss di turno Frank Costello troviamo un incredibile Jack Nicholson in una delle sue migliori prove. I ruoli dei protagonisti sono invece affidati a Leonardo DiCaprio e Matt Damon, a cui si aggiunge Mark Wahlberg.
Colin Sullivan è cresciuto a stretto contatto con la malavita di Boston, protetto dal boss locale Frank Costello. Quest’ultimo spinge Sullivan ad entrare in polizia, in modo da avere una talpa all’interno delle forze dell’ordine. Nello stesso momento anche Billy Costigan, un giovane proveniente da una famiglia di criminali, vorrebbe entrare in polizia. I suoi trascorsi non passano però inosservati ai suoi superiori, che decidono di infiltrarlo nella banda di Costello. La guerra tra la malavita e l’Unità Investigativa Speciale ha quindi inizio con una vera e propria strage.
6. Casino (1995)
Ancora un film di Scorsese, che tra l’altro ritorna spesso in questa classifica, essendo uno dei massimi esperti del genere. Casino rappresenta qualcosa di diverso rispetto ai lavori precedentemente visti, seppur perfettamente in linea con la filmografia di Scorsese. In Casino riprende la collaborazione tra il regista e Nicholas Pileggi, autore del romanzo originale e della sceneggiatura che firma insieme a Scorsese. Inoltre ritornano i due interpreti che affiancavano Ray Liotta in Quei bravi ragazzi, ovvero Joe Pesci e Robert De Niro. Qui si parla di affari della malavita americana e di relazioni tra i personaggi, sempre pronti a sfruttarsi a vicenda.
Sam Rothstein è un uomo al di fuori della legge che, grazie al suo intuito e alla sua abilità nelle scommesse, è riuscito a farsi strada guadagnandosi perfino l’appellativo di Asso (Ace). Ben quattro casinò di Las Vegas sono sotto il suo controllo. Tra i più assidui frequentatori c’è anche l’avvenente Ginger McKenna, che subito cattura l’attenzione di Sam.
7. The Irishman (2019)
Rientra tra i migliori film sulla mafia americana anche The Irishman, uno dei lavori più recenti di Scorsese. Alla sua uscita, il lungometraggio è stato accolto con rispetto ma anche con qualche polemica fortunatamente spenta all’istante (quella riguardante il minutaggio di Anna Paquin, unico personaggio femminile di spicco). Si tratta inoltre della prima collaborazione tra Scorsese e Netflix, che ha distribuito il film dopo il suo passaggio nelle sale. Anche in questo caso parliamo di una storia vera e di una narrazione abbastanza complessa.
The Irishman è tratto dal saggio di Charles Brandt L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa. Protagonista della vicenda è Frank Sheeran, un ex boss della mafia italo-americana. Mentre si trova, ormai anziano, in una casa di cura, Sheeran rivive il suo passato da ex veterano di guerra fino alla sua ascesa nella criminalità organizzata. I contatti avvengono grazie a suo cugino Russell Bufalino, a capo di un clan omonimo. Sheeran rivela inoltre il proprio coinvolgimento nella sparizione del sindacalista Jimmy Hoffa.
8. American Gangster (2007)
Altro titolo importante sulla criminalità lo firma Ridley Scott con uno dei suoi lavori più riusciti, American Gangster, sebbene meno celebre di altri da lui realizzati. Qui restringiamo il campo al mondo dei narcotrafficanti e anche in questo caso prendiamo spunto da una vicenda realmente accaduta. Protagonista di American Gangster è infatti Frank Lucas, un criminale di Harlem poi pentito e divenuto un collaboratore della giustizia. Nel film ha il volto di Denzel Washington, mentre Russel Crowe interpreta la controparte il detective Richie Roberts. American Ganster ha ricevuto due nomination agli Oscar: per la migliore scenografia e per la migliore attrice non protagonista a Ruby Dee nei panni della madre di Lucas. Anche qui assistiamo alla costruzione di un impero della criminalità ed, essendo basato su una figura direttamente coinvolta, risulta un titolo assai esemplare.
Siamo ad Harlem nel 1968 e negli ambienti della mala viene a mancare il boss Bumpy Johnson. Al suo posto sale al potere Frank Lucas, accolto da una certa diffidenza: chiunque rivendica il suo posto e tutti sembrano volerlo togliere di mezzo, nonostante il suo legame quasi filiale con Johnson. Tuttavia, Frank riesce a farsi strada e ad arricchirsi. Su di lui indaga il detective Richie Roberts, uomo noto per la sua onestà e la sua incorruttibilità.
9. Il profeta (2009)
Altro titolo interessante è Il profeta (Un prophète), diretto dal francese Jacques Audiard (Un sapore di ruggine e ossa e I fratelli Sisters). Si tratta di un altro regista a cui sembrano piacere più gli antieroi che gli eroi senza macchia, almeno stando alla sua filmografia. Il profeta è principalmente un dramma carcerario (gran parte dell’azione si svolge infatti dietro le sbarre), tuttavia anche in questo caso è presente uno sguardo all’organizzazione di un clan. È proprio con quest’ultimo che viene a contatto il protagonista interpretato da Tahar Rahim, qui nel ruolo che lo ha reso celebre in tutto il mondo, e questo anche grazie al fatto che Il profeta abbia ricevuto la nomination all’Oscar per il miglior film straniero. Con Audiard non siamo più tra gli italo-americani, ma tra i corsi, comandati dal volgare e violento César Luciani (Niels Arestrup). Il profeta del titolo è Maometto, che viene apertamente citato in una sequenza onirica.
Per una rapina fallita, il giovane magrebino Malik El Djebena è costretto a scontare sei anni di carcere. Malik è solo al mondo, essendo cresciuto in un orfanotrofio e poi in un riformatorio, ingenuo e analfabeta. Proprio a causa della sua innocenza gli altri detenuti mettono gli occhi su di lui, cercando di portarlo ciascuno dalla propria parte. È soprattutto il boss César Luciani, in cella di isolamento, ad esercitare una notevole influenza su di lui e a volerlo manovrare. Per sopravvivere al difficile ambiente carcerario, Malik entra quindi un po’ alla volta nella mafia corsa.
10. I cento passi (2000)
Tra i più importanti film sulla mafia italiana tratti da storie vere, c’è sicuramente I cento passi di Marco Tullio Giordana. A cinque anni di distanza da Pasolini, un delitto italiano, il regista milanese si cimenta con un altro fatto di cronaca nera, l’assassinio di Peppino Impastato, fatto saltare in aria sui binari di una ferrovia. L’evento avvenne mentre l’intera Italia era distratta da un fatto che proprio in quei giorni aveva un’enorme copertura mediatica: il ritrovamento del corpo di Aldo Moro. I cento passi è noto soprattutto per essere stato il trampolino di lancio di Luigi Lo Cascio, fino ad allora più un attore di teatro. Anche qui i legami di mafia sono quasi di parentela ed è proprio questo a rendere complicata la vicenda di Peppino Impastato, la cui battaglia contro la mafia sarà continuata dopo la sua morte da sua madre Felicia.
Nella Cinisi degli anni ’70, Giuseppe Impastato soprannominato Peppino cresce assistendo a dei pranzi di famiglia che vedono coinvolti diversi amici del padre Luigi. Tra questi c’è il boss Tano Badalamenti. Crescendo Peppino realizza la vera natura di quei legami e diventa un fervente attivista che denuncia i loschi affari del clan Badalamenti: scrive articoli, fonda Radio Aut e si unisce ad un collettivo studentesco. La sua vita però è in pericolo.
11. La promessa dell’assassino (2007)
Con il precedente A History of Violence, La promessa dell’assassino forma un importante dittico dedicato alla criminalità realizzata dal regista David Cronenberg. L’ambiente stavolta è quello della mafia russa, e questo elemento rappresenta già un’importante novità rispetto ai titoli sinora visti. La promessa dell’assassino è forse il film più brutale in questa classifica. Oltre alle atmosfere cupe e similar horror che piacciono tanto al regista, nel lungometraggio è presente una sequenza di combattimento piuttosto cruda e a corpo nudo. Protagonista assoluto è un Viggo Mortensen incredibile e giustamente nominato all’Oscar, ma il cast in generale sembra all’altezza ed è formato da Naomi Watts, Vincent Cassel e Armin Mueller-Stahl.
L’ostetrica russo-americana Anna Khitrova rimane turbata dalla morte di una ragazza sconosciuta dopo aver dato alla luce il suo bambino. Leggendo le sue pagine di diario, interamente scritto in cirillico, finisce per chiedere aiuto al mite e gentile Semyon, anziano gestore di un ristorante. Quest’ultimo è in realtà il potente boss del clan Vory v Zakone, al cui vertice c’è anche suo figlio Kirill, un elemento disturbante e con un difficile rapporto col padre. Kirill è scortato da Nikolai, il suo fedele autista e una delle poche persone di cui Semyon sembra fidarsi. Tutti questi personaggi si ritroveranno protagonisti di una spirale di sangue e violenza.
12. Mafioso (1962)
Con Mafioso entriamo in un terreno completamente diverso. Il film diretto da Alberto Lattuada gioca sullo sguardo di un personaggio completamente estraneo a “cosa nostra”. Anche qui le relazioni mafiose sono soprattutto di parentela, anzi nel film di Lattuada proprio queste ultime trovano la loro espressione più marcata. Quello che conta è però il modo in cui il protagonista vive l’intera situazione e la narrazione sembra la manifestazione di un vero e proprio incubo. L’aspetto più interessante è che il lungometraggio sembra avere una trama da commedia e in effetti ci sono diverse situazioni che sono allegre in un modo quasi stridente, ma l’approccio di Lattuada rende il tutto molto drammatico. Protagonisti di Mafioso sono Alberto Sordi, il cui personaggio si chiama curiosamente Antonio Badalamenti in piena assonanza con il famoso boss Tano Badalamenti, e l’attrice brasiliana Norma Bengell.
Antonio Badalamenti torna da Milano, la città in cui si è trasferito, nella calda Sicilia portando con sé sua moglie Marta e le loro due figlie. L’accoglienza dei parenti è chiassosa, calorosa e vivace e comincia con un pranzo interminabile, in pieno stile meridionale. Con sé Antonio ha anche un pacco da consegnare al compaesano Don Vincenzo. Quello che ancora non sa è che il contenuto riguarda un messaggio contenente una dichiarazione di guerra tra la mafia siciliana e quella italo-americana. L’ingenuo Antonio si troverà così un po’ alla volta coinvolto, suo malgrado, in affari poco chiari.
13. In nome della legge (1949)
Uno dei primi e più importanti film italiani sulla mafia lo si deve al grande Pietro Germi. È il terzo lungometraggio diretto dal regista genovese dopo Il testimone (1946) e Gioventù perduta (1948) e vede protagonista Massimo Girotti, uno dei volti più emblematici del cinema italiano degli anni ’40. All’origine dell’elaborata sceneggiatura c’è un romanzo autobiografico del magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo, Piccola pretura. Alla sua uscita In nome della legge venne accolto molto bene dalla critica, visto come un film che in qualche modo aderiva al neorealismo allora dominante nel cinema italiano, ma anche come una specie di western. In nome della legge vinse inoltre due Nastri d’argento, incluso miglior attore protagonista a Girotti e miglior attore non protagonista a Saro Urzì.
Protagonista della vicenda sembra essere un alter ego dello stesso Lo Schiavo, Guido Schiavi, e al di là dell’assonanza tra i due nomi c’è anche il fatto che svolgono entrambi la stessa professione di magistrato. Schiavi è un uomo integerrimo con un grande senso della giustizia e del dovere. Quando viene inviato a Palermo, finisce per scontrarsi con la mentalità omertosa locale. Per questo viene mal visto da chiunque gli stia attorno. L’unico che sembra volerlo appoggiare è il maresciallo e l’amico Paolino, ma i guai per Schiavi sono appena cominciati.
14. A History of Violence (2005)
Un altro grandissimo film sull’argomento lo dobbiamo a David Cronenberg in uno dei suoi lavori più memorabili. Alla sua anteprima a Cannes 2005 A History of Violence venne accolto con le migliori recensioni e sembrava perfino uno dei favoriti per la Palma d’oro, poi andata a L’enfant – Una storia d’amore. Si tratta di una tappa importante nella filmografia del regista canadese e formerà un dittico con il successivo e già citato La promessa dell’assassino, dove al centro troviamo sempre una storia criminale. Il cinema di Cronenberg è sempre stato sui mostri e A History of Violence non fa certo eccezione, solo che in questo caso il demone è interiore e riguarda il personaggio interpretato da Viggo Mortensen.
Tratto dal graphic novel di John Wagner e Vince Locke, in Italia edito come Una storia violenta, A History of Violence è un dramma familiare e insieme criminale. Tom Stall è un onesto e rispettabile gestore di un bar con una vita appagante: due figli e una splendida moglie, con la quale l’unico rimpianto che condivide è di non essersi conosciuti al liceo. Quando un giorno si trova a sventare una rapina, i media ne fanno un eroe locale. Qualcun altro però viene a bussare alla sua porta e lo riconosce come Joey Cusack, un pericoloso criminale con cui molti sembrano avere un conto in sospeso.
15. Milano Calibro 9 (1972)
Altro grande classico in questo filone di film è Milano Calibro 9, uno dei più importanti esempi del cinema di genere italiano degli anni ’70. La regia è di Ferdinando Di Leo, che ha fondato una vera e propria carriera sul genere poliziottesco ed il film viene considerato il primo capitolo di una trilogia poi proseguita con La mala ordina (1972) e Il boss (1973). Con Milano Calibro 9 ci troviamo in una narrazione ancora più interna all’ambiente malavitoso, complice il genere di appartenenza. A questo film sono inoltre legate tantissime curiosità e osservazioni emerse nel corso degli anni e nel 2020 è uscito pure un sequel diretto da Tony D’Angelo e intitolato Calibro 9.
Siamo negli ambienti della malavita milanese e Ugo Piazza è appena stato rilasciato dopo tre anni di carcere per il suo coinvolgimento in una rapina. Fuori lo aspettano Rocco Musco e gli altri complici, tutti al servizio di un misterioso boss che si fa chiamare “l’Americano”. Tutti hanno interesse a recuperare il malloppo, svanito nel nulla in seguito alla rapina, e nel mezzo c’è anche una vendetta da consumare.
16. Salvatore Giuliano (1962)
Un regista italiano che pure ha dedicato diversi suoi lavori alla mafia e ha saputo chiarire ad un pubblico ancora ignaro le gerarchie esistenti al suo interno è Francesco Rosi. Gli esempi nella sua filmografia sono veramente tanti. In più, ciascun titolo rappresenta un caso a sé e mostra un approccio innovativo e sempre differente rispetto agli altri. Scegliere non è semplice e non riusciremo ad includere altri titoli in questa classifica. Sicuramente un posto di riguardo merita Salvatore Giuliano, il suo terzo lungometraggio dopo La sfida e I magliari. L’aspetto più interessante di Salvatore Giuliano, oltre alla narrazione quasi cronachistica, risiede sicuramente nel cogliere la mafia nel momento in cui dal brigantaggio si arriva alla sua forma più attuale.
La narrazione prende avvio con il ritrovamento del corpo di Salvatore Giuliano, figura realmente esistita e brigante a capo di una banda armata. Da lì diparte un lungo racconto a flashback che risale agli anni della guerriglia separatista per l’indipendenza della Sicilia (1945-46), a cui Giuliano partecipa attivamente. In seguito, diventerà responsabile di sequestri di persona terrorizzando diversi comuni siciliani. Il processo che segue alla sua morte farà emergere oscuri legami tra banditismo, politica, mafia e forze dell’ordine.
17. La trattativa (2014)
Un titolo abbastanza insolito ma meritevole di questa classifica è La trattativa di Sabina Guzzanti. Oltre che attrice è comica, grazie al suo impegno politico, la Guzzanti è anche regista di lungometraggi non fiction. La trattativa si muove però a metà strada tra il documentario e il mockumentary, forse più ispirato al cinema di Ciprì e Maresco. La stessa regista compare nel film interpretando diversi ruoli, incluso l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi.
La trattativa è imperniato sulla storia dello Stato italiano e comincia proprio raccontando episodi particolarmente rilevanti. Si parte dagli anni ’90 e dall’Italia di Berlusconi e si va avanti fino ai giorni nostri con diversi attori che interpretano personaggi realmente esistiti. Poi la narrazione arriva al cuore del film e indaga sui rapporti tra Stato e mafia, le negoziazioni tra le due parti coinvolti e l’impatto che questa trattativa ha sui privati cittadini.
18. Il traditore (2019)
Altro film sulla mafia siciliana è Il traditore, uno dei lavori più belli di Marco Bellocchio. È interpretato da uno straordinario Pierfrancesco Favino ed è vincitore di ben sette David di Donatello, incluso il premio per il miglior film. Si tratta di un lavoro incredibile, frutto di un regista che sa coniugare la lezione del grande cinema italiano con quanto emerso dalla serialità e dai film di oggi. In un certo senso Il traditore è il nostro The Irishman e l’influenza di Scorsese in generale si avverte in alcuni momenti della narrazione. La trama è ispirata ad una vicenda che ha scosso l’Italia negli anni ’80. Il traditore del titolo è infatti Tommaso Buscetta, celebre pentito della mafia, e per questo da tutti i suoi ex “compari” screditato, poi collaboratore di Giovanni Falcone.
All’inizio degli anni ’80 la Sicilia diviene il regno della criminalità organizzata, sempre più determinata ad eliminare i suoi avversari. Temendo il pericolo di una faida imminente, Tommaso Buscetta, importante membro di Cosa nostra, si trasferisce in Brasile con la sua famiglia. Le sue sensazioni si rivelano presto corrette e comincia lo spargimento di sangue. Buscetta inizia a sentirsi in pericolo perfino dall’altra parte del pianeta. Don Masino, come viene comunemente chiamato, viene arrestato e in seguito trasferito in Italia. Qui incontra il giudice Giovanni Falcone, il quale lo mette di fronte ad una difficile proposta: collaborare con la giustizia.
19. Gomorra (2008)
Altro film sulla mafia italiana è Gomorra, che ne fornisce un vero e proprio spaccato. Il lungometraggio diretto da Matteo Garrone è tratto dall’omonimo best seller di Roberto Saviano e, dopo il Grand Prix du Jury a Cannes, è stato un grande successo. La sua influenza è tale da aver dato vita persino ad un’omonima serie TV. Con Gomorra ci addentriamo nella malavita napoletana con le Vele di Scampia a fare da sfondo a questo racconto. Il lungometraggio di Garrone vinse 7 David di Donatello e fu anche scelto per rappresentare l’Italia nella corsa all’Oscar per il miglior film straniero, senza tuttavia riuscire ad entrare nella cinquina finale.
La trama segue quattro storie diverse che si alternano. Riguardano tutte personaggi in qualche modo coinvoli con la camorra napoletana: un sarto che lavora in nero e viene regolarmente minacciato dagli strozzini; la faida tra due clan rivali che finisce per coinvolgere anche i giovani del quartiere Scampia; un imprenditore che lavora nello smaltimento di rifiuti tossici; infine due giovani delinquenti cresciuti col mito di Scarface che sfidano il loro boss.
20. Il giorno della civetta (1968)
Altro grande classico del genere è Il giorno della civetta di Damiano Damiani. Sebbene sia ben più popolare l’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia di cui questo film è una trasposizione, il risultato è meraviglioso. L’adattamento si regge sulle incredibili performance di Franco Nero e Claudia Cardinale, entrambi premiati col David di Donatello, ma anche Lee J. Cobb è perfetto nel ruolo di Don Mariano. Il film è poi molto fedele al romanzo e ne riprende soprattutto la rappresentazione di una Sicilia calda e oscura.
In un piccolo paese siciliano viene assassinato Salvatore Colasberna, noto impresario edile locale. L’uomo, come si viene a sapere, si era rifiutato di contrattare con una ditta protetta dalla mafia. Sul caso indaga il capitano Bellodi, giovane e integerrimo ufficiale dei carabinieri. L’omicidio di Colasberna sembrerebbe collegato alla sparizione del marito di Rosa Nicolosi, una donna che vive nelle vicinanze del luogo in cui è stato trovato il corpo. Gli indizi sembrano depistare il capitano Bellodi, in particolare la voce di un movente passionale. A manovrare i fili della situazione è Don Mariano Arena, il boss locale.