La distopia è sicuramente uno dei temi più saccheggiati dalla letteratura, dalla serialità e dal cinema. Non di rado, infatti, queste tre forme di intrattenimento hanno finito per prestarsi gli stessi personaggi e le stesse trame. La rappresentazione del lato oscuro dell’utopia, ossia dell’universo in cui non vorremmo mai vivere, sembra essere qualcosa con cui ci confrontiamo ogni giorno nei nostri pensieri più profondi. Ecco perché assistere alla sua trasformazione in immagine può essere un’esperienza molto forte e perfino scioccante. Gli esempi presenti nella settima arte sono indubbiamente tanti, forse troppi.
Noi ne abbiamo selezionati alcuni da vedere assolutamente: da Metropolis a I figli degli uomini, ecco i migliori film distopici da non perdere, di cui vi spieghiamo le ragioni della scelta, che nascono da una combinazione di importanza rivestita dal film in sé, attinenza con il tema in esame e originalità dei contenuti.
1. Metropolis (1927)
Non poteva che esserci lui al primo posto, il primo film distopico in senso stretto della storia del cinema. La sua realizzazione risale al lontano 1927 ad opera del maestro Fritz Lang ed è indubbiamente la summa del genere. Il film è stato inoltre oggetto di molteplici influenze e parodie e ha rappresentato un punto di riferimento per i registi che si sono confrontati con la distopia. Siamo all’inizio del declino del cinema muto (il primo film sonoro, Il cantante di jazz, infatti, è proprio dello stesso anno) e Metropolis si inserisce anche nell’ambito del cinema espressionista, i cui segni risultano già dalla scenografia di Otto Hunte, Erich Kettelhut e Karl Vollbrecht.
Lang ambienta questa storia nell’anno 2026, immaginando un divario sociale estremo in cui i ricchi governano la città di Metropolis nel liberismo più sfrenato, mentre i proletari sono sempre più sfruttati. Subito dopo la sua uscita, il film venne bloccato e rimontato contro il volere di Lang. Il peso che Metropolis ha avuto sulla storia del cinema è indiscutibile. Basti pensare che, con questo capolavoro, si ha la prima introduzione nel cinema d’autore della tecnica del passo uno (riprese per singoli fotogrammi), il tutto in un’epoca in cui ancora non esisteva il concetto di montaggio.
2. Arancia meccanica (1971)
Adattamento di un romanzo di Anthony Burgess, Arancia meccanica è sicuramente il primo film che viene in mente quando si sente il nome del suo autore, Stanley Kubrick. Si tratta probabilmente di uno dei rari esempi in cui un’opera cinematografica conserva intatto il doppio status di cult e di capolavoro. Questo è da attribuirsi sia alla sua inclusione in diverse importanti classifiche di settore (American Film Institute e British Film Institute), sia alla celebrità che hanno acquisito alcuni dettagli del film: l’abbigliamento dei Drughi con tutta la terminologia da loro adoperata, l’immagine del bicchiere di lattepiù, la sequenza della cura di Ludovico e molto altro.
Anche questo è un film ritenuto, fin dalla sua uscita nel lontano 1971, controverso, a causa del suo contenuto violento e del fatto che il suo protagonista sia un giovane teppistello che emerge in modo quasi eroico rispetto al contesto sociale di riferimento. L’America di quegli anni, infatti, era ancora scossa dagli omicidi della Manson Family, sebbene il romanzo di Burgess risalisse già a dieci anni prima della realizzazione del film. Lo sfondo della narrazione è un imprecisato futuro distopico in cui la violenza, non solo dilaga, ma è allo stesso tempo malattia e cura, così che il giovane Drugo Alex, da carnefice si trasforma in una specie di vittima. Lo sguardo di Kubrick è lucido e spietato nel descrivere la fragilità dell’individuo e la sua degradazione.
3. The Truman Show (1998)
Non sarà ambientato in un futuro ignoto, ma sicuramente il tema della distopia è centrale. Si tratta di un film che, già nel lontano 1998, riesce a presagire i tempi e a raccontare l’attualità. Dietro la macchina da presa c’è l’australiano Peter Weir, ma la sceneggiatura è firmata dal geniale Andrew Niccol. The Truman Show si impone subito all’attenzione di critica e pubblico con la sua feroce accusa all’ingombrante presenza dei mass media e all’illusorietà degli universi che questi sono in grado di creare. Il film è indubbiamente legato al volto del suo interprete, Jim Carrey, che unisce la sua verve istrionica alla drammatizzazione che alcune sequenze richiedono.
La vicenda ci trasporta in un universo fittizio che si trova all’interno di un immaginario reality che va in onda in tutto il mondo 24 ore su 24. Tutti recitano, tutti esibiscono falsi sorrisi e ostentano sentimenti che non provano. Tutti, tranne Truman, il protagonista, che, da quando è nato, è stato subito adottato dal network che si cela dietro lo show. L’aspetto più interessante è che l’universo rappresentato sia colorato e felice, ma si rivela per Truman un vero e proprio incubo senza uscita e lo spettatore è chiamato ad indentificarsi con il personaggio. Un film che ha suscitato molte riflessioni.
4. Interceptor (2022)
Esordio al lungometraggio dell’australiano George Miller e destinato a dare vita ad una vera e propria saga (l’ultimo capitolo, Mad Max: Fury Road, risale al 2015), Interceptor (1979) è l’emblema del cinema a basso costo che ottiene un successo mondiale. Il film è stato anche il trampolino di lancio (a soli 23 anni) della futura star di Arma Letale Mel Gibson, divenuto per tutti un riconoscibile Max Rockatansky. Lo scenario è quello di un’Australia desertica e in preda all’anarchia. Ci sono diverse popolazioni che vivono in pace, ma anche elementi disturbanti che mettono in difficoltà questa convivenza. L’aspetto più importante di questa distopia risiede sicuramente nel fatto che in essa troviamo centrale il tema della crisi energetica.
L’idea originale di Miller era ancora più folle: negli intenti del regista, il film avrebbe dovuto essere muto e con una narrazione meno lineare. In più, l’ambientazione distopica fu introdotta soltanto in un secondo momento.
Alla sua uscita, Interceptor diventa un cult istantaneo, con un’influenza culturale notevole di cui moltissimi registi hanno risentito, introducendo nei loro lavori riferimenti al film di Miller. Il sequel del 1981, Interceptor – Il guerriero della strada, è, se possibile, ancora più popolare.
5. Brazil (1985)
Quarto lungometraggio del regista Terry Gilliam nonché suo capolavoro. Una delle immagini più emblematiche di Brazil è sicuramente il bizzarro trattamento estetico di Ida Lowry, la madre di Sam, il protagonista interpretato da Jonathan Pryce. Realizzato nel 1985, l’utopia immaginata nel film è quella di un futuro (“da qualche parte nel ventesimo secolo”) interamente governato dalla burocrazia, ma il potere di quest’ultima è talmente forte da inglobare qualsiasi attività umana e sedare ogni minima opposizione. L’impatto che questo evento ha sulla vita degli individui crea un universo fondato sul cinismo più spietato, dove le etichette e le prese di posizione sono nette e non sono ammessi compromessi. L’elemento innovativo che emerge da questa visione è che il sistema immaginato non sia perfetto: al centro della trama c’è, infatti, un errore burocratico dalle conseguenze tragicomiche.
La lavorazione di Brazil fu tutt’altro che semplice, a partire dalla sua stessa ideazione. Nella mente di Gilliam, il film doveva combinare diversi riferimenti che spaziavano da Kubrick a Fellini: il risultato è un’opera sicuramente massiccia, ma, purtroppo, pesantemente tagliata dalla Universal. L’accoglienza critica fu però calorosa e Brazil ottenne diversi riconoscimenti.
6. Blade Runner (1982)
Con la battuta di Roy Batty (“Ho visto cose che voi umani…”), Blade Runner è entrato immediatamente nel nostro immaginario. Peccato aver già superato l’anno in cui è ambientata la storia, ovvero il 2019. Certo questo non toglie nulla al fascino e alla grandezza del film. Blade Runner è liberamente ispirato al romanzo di Philip K. Dick, Il cacciatore di androidi, pubblicato nel 1968. La trasposizione cinematografica fu tutt’altro che semplice e la stessa storia delle riprese di Blade Runner è divenuta leggenda, come dimostrano gli innumerevoli saggi ad essa dedicati. Prima dell’ingaggio di Ridley Scott, ad esempio, diversi registi erano stati considerati o si erano interessati a questo adattamento. La scelta del regista si rivelò infine azzeccata perché Scott seppe applicare a Blade Runner un piglio maniacale che, tuttavia, causò non pochi malumori sul set.
Le inquadrature del film ci portano in una Los Angeles distopica con sequenze notturne sotto la pioggia incessante. In questo quadro, l’umanità non è la sola specie che abita la Terra: l’avvento della tecnologia ha infatti permesso la creazione di individui sintetici del tutto simili agli uomini. Questi androidi, chiamati anche replicanti, sono dotati di un’intelligenza superiore agli esseri umani e hanno un’aspettativa di vita molto più lunga. Tuttavia, proprio le loro caratteristiche rendono almeno sei di loro, appartenenti al modello più evoluto, una minaccia per l’umanità e il mondo precipita nel caos. Il film è stato oggetto di un sequel nel 2017, intitolato Blade Runner 2049 e realizzato dal regista canadese Denis Villeneuve.
7. Matrix (1999)
Primo episodio di una saga che ha portato frotte di spettatori al cinema a cavallo tra il 1999 e il 2003, più un capitolo aggiuntivo realizzato nel 2021. Alla regia ci sono le sorelle Lilly (che all’epoca si firmava Andy) e Lana Wachowski. L’identità di genere delle autrici ha indubbiamente influenzato la poetica del film, che è stato da loro descritto come “una metafora sull’esperienza della transizione”. Matrix aderisce alla definizione di cinema cyberpunk, rappresentandone sicuramente uno degli esperimenti più riusciti e di maggior successo. Il film adotta inoltre tutta una serie di importanti trovate tecniche e tecnologiche che hanno reso subito riconoscibile lo stile delle Wachowski. Uno su tutti: l’uso del bullet time, che consente di avere una duplice visione della stessa sequenza, una a velocità normale e l’altra vista al rallentatore. A ciò va aggiunto l’approccio delle sorelle Wachowski, che non solo mescolano insieme i due generi di maggior richiamo di quegli anni (l’action e lo sci-fi), ma creano un nuovo immaginario, lo costellano di temi d’attualità e lo riempiono di rimandi filosofici.
La distopia presente in questo film è più intricata di quelle precedentemente viste: qui ci spostiamo infatti nell’ambiente informatico, dove gli umani possono entrare liberamente e gli hacker sono gli eroi di questo mondo. All’esterno c’è invece Matrix, una realtà interattiva che altri non è che una neuro-simulazione dell’ambiente umano. La saga di Matrix ha sicuramente appassionato un’intera generazione di spettatori e il suo status symbol è ancora oggi intatto, come dimostrano i meme che girano sui social anche a distanza di anni.
8. Terminator (1984)
Secondo lungometraggio diretto da James Cameron e primo capitolo di un franchise andato avanti, negli anni, tra alti e bassi, con sequel che non sempre vedevano coinvolto il regista canadese. Terminator consolida la fama dell’ex Mister Olympia Arnold Schwarzenegger che, dopo il documentario Uomo d’acciaio, è divenuto noto per i due film su Conan il barbaro. È proprio con la saga di Terminator, infatti, che Schwarzenegger si pone come simbolo del cinema degli anni ’80, andando a capitanare, insieme a Sylvester Stallone, una nuova generazione di action heroes.
Il sequel (Terminator II – Il giorno del giudizio) è ancora più riuscito e popolare, come dimostrano i quattro Oscar vinti, ma l’originale del 1984 rimane comunque capostipite di un nuovo modo di fare cinema, che assomiglia sempre più ad un fumetto in immagini, capace di creare un universo realistico e con sequenze d’azione memorabili. Realizzato con effetti speciali a basso costo, il film di Cameron guarda a due precursori, Roger Corman e John Carpenter, ma presenta anche non poche analogie con il cinema di George Miller. Terminator presagisce un futuro datato all’anno 2029 e dominato da una rete intelligente chiamata Skynet, divenuta ormai dominante sugli umani e capace di scatenare una catastrofe nucleare. Da quest’epoca provengono due cyborg, forse due moderni Frankenstein, che uccidono in modo meccanico e a sangue freddo.
9. Il pianeta delle scimmie (1968)
Primo film di una lunga saga che ha dato vita anche a dei reboot e a delle parodie. Dietro l’adattamento per il grande schermo realizzato da Franklin J. Schaffner nel lontano 1968 (poi Oscar per la migliore regia per Patton, generale d’acciaio), si cela un omonimo romanzo del francese Pierre Boulle. Da quest’ultimo era inoltre già stato tratto il soggetto per il film di David Lean Il ponte sul fiume Kwai. La versione del 1968 incassò al botteghino praticamente il doppio del budget impiegato per la sua produzione e anche la critica dell’epoca fu favorevole, complice anche il fatto che il film affrontava alcune tematiche allora ritenute molto innovative.
Ambientato a circa quattro anni dopo la sua realizzazione, Il pianeta delle scimmie racconta di un viaggio nel tempo che si conclude nell’anno 3978. La Terra è diventata desertica e irriconoscibile e perfino inospitale per l’uomo. A causare questo disastroso esito è stata proprio l’umanità che è finita col regredire ad uno stato animalesco e le uniche forme di vita che si incontrano sono delle scimmie antropomorfe. Il film è indubbiamente un grande classico del genere sci-fi.
10. V Per Vendetta (2005)
Arrivato nel 2005, proprio mentre Matrix manteneva vivo il suo immaginario tra gli estimatori del genere fantascientifico, la maschera di Guy Fawkes indossata da V (dietro la quale si cela Hugo Weaving) è diventata oggi un simbolo dello spirito anarchico. Il film è basato su un omonimo graphic novel di Alan Moore, che viene adattato per il grande schermo proprio dalle sorelle Wachowski, ma la regia questa volta passa all’australiano James McTeigue.
Il soggetto è fortemente politico e ci sono riferimenti a 1984 di George Orwell. Nell’immaginario del film, il Regno Unito non è più una monarchia costituzionale, ma uno stato totalitario governato da un regime militare e oppressivo. A capo di questo governo c’è l’Alto Cancelliere Adam Sutler e i modi con cui si presenta e comunica al suo popolo sono spaventosamente simili a quelli utilizzati dalle più feroci dittature della storia, passata e presente. Le minoranze sono, come accade sempre in questi casi, tutte perseguitate. In questo scenario emerge la figura di V, un fermo ribelle di questa politica nonché un’ex cavia di laboratorio di indicibili esperimenti scientifici. Molto curato nella sua rappresentazione e ben accolto da pubblico e critica, V – Per Vendetta è forse uno dei più film più scioccanti sul tema della distopia.
11. Fahrenheit 451 (1966)
Quinto film del maestro della Nouvelle Vague François Truffaut e suo primo in lingua inglese, anche questo ha origine letteraria. Il soggetto originale viene, infatti, da un omonimo romanzo di Ray Bradbury, nel 2018 oggetto anche di una trasposizione televisiva ad opera del regista Ramin Bahrani. Il caso di Fahrenheit 451 (1966) è più complesso per quanto riguarda la sua collocazione distopica: il film è ambientato in un futuro posteriore agli anni in cui ci troviamo oggi, ma la realtà che descrive rimanda chiaramente all’Europa degli anni ‘30. Bradbury fu infatti, per sua stessa ammissione, scioccato dal rogo dei libri perpetrato dalla Germania nazista. Nel futuro rappresentato, i pompieri non spengono gli incendi, bensì li appiccano e i libri sono il loro principale obiettivo. L’aspetto più interessante è che la squadra di pompieri di cui fa parte Guy Montag, il protagonista interpretato da Oskar Werner, funziona a tutti gli effetti come un ordine strettamente gerarchico dove i comandi si eseguono per ricevere una promozione e salire di grado.
12. Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville (1965)
Altro maestro della Nouvelle Vague alla regia, questa volta il più sperimentale Jean-Luc Godard (scomparso lo scorso 13 settembre 2022), il film vede protagonista la sua musa Anna Karina ed è in realtà un noir ambientato in un futuro distopico. Non conosciamo l’epoca ma sappiamo che ci troviamo addirittura su un altro pianeta, in cui vige una dittatura tecnocratica e nessuno ha mai sentito parlare di amore e coscienza. Ed è proprio in questo futuro che viene inviato l’agente Lemmy Caution.
Alphaville – questo il titolo originale – incarna la fantascienza a basso costo, questa volta declinata in un gusto forse più raffinato e sperimentale, rimanendo quindi fedele alla poetica del suo autore. Riecheggiano in Alphaville le influenze di Metropolis ed entrambi i film fanno un uso dominante della scenografia. Il protagonista, Eddie Constantine, aveva già interpretato lo stesso personaggio ne L’agente federale Lemmy Caution di Bernard Borderie. Il film è stato premiato con l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1965.
13. L’esercito delle 12 scimmie (1995)
Ancora la distopia secondo Gilliam. Cambiamo decennio, ma resta l’interesse nella scienza fantapolitica. Questa volta la fonte d’ispirazione è un cortometraggio realizzato nel 1962 dal regista francese Chris Marker, La jétée. Il film non fu sceneggiato da Gilliam e l’idea della sua realizzazione partì dal produttore Charles Roven, grande estimatore del cortometraggio originale. L’ambientazione de L’esercito delle 12 scimmie è datata all’anno 2035. L’estinzione della specie umana è divenuta una triste realtà a causa di un virus letale che ha costretto i superstiti a riparare nel sottosuolo. Si tratta di uno dei titoli più importanti tra i film sui viaggi nel tempo, declinato in una forma assai interessante, tanto da essere stato talvolta oggetto di studio.
Al pari di Brazil, il regista adotta il suo tono delirante e surreale che lo contraddistingue fin da Monty Python. Ci sono inoltre alcuni elementi ricorrenti nel suo cinema, come ad esempio il personaggio del folle emarginato, rappresentato in questo caso dalla figura di Jeffrey Goines. Proprio nei panni di quest’ultimo, Brad Pitt fornisce una delle migliori interpretazioni della sua carriera, tanto da guadagnarsi la sua prima nomination agli Oscar.
Su questo film è basata anche una serie spin off datata al 2015.
14. A. I. – Intelligenza Artificiale (2001)
Pur essendo stato realizzato da Steven Spielberg nel 2001, A. I. – Intelligenza Artificiale nasce come progetto tra le mani del maestro Stanley Kubrick. Quest’ultimo si era già cimentato con il genere sci-fi con quel capolavoro di 2001: Odissea nello spazio, un prodotto decisamente troppo complesso e sofisticato per poter essere racchiuso nella categoria dei “film distopici” e che comunque procede in una direzione diversa rispetto ai titoli qui elencati.
Il soggetto di A. I. – Intelligenza Artificiale è tratto da un racconto scritto da Brian Aldiss nel 1969 e intitolato Supertoys che durano tutta l’estate. L’intento di Kubrick era quello di girarlo già nel corso degli anni ’90, ma la tecnologia digitale non era ancora pronta a rispondere a determinate esigenze del film e il regista morì prima che questo lavoro potesse compiersi. Sicuramente il lavoro di Spielberg è comunque di tutto rispetto, ma nella scrittura si sente ancora la mano di Kubrick.
Nell’anno 2125 la Terra è stata devastata dall’effetto serra e l’innalzamento degli Oceani ha distrutto tutte le città più belle. Anche in questo scenario, i robot sono diventati sempre più simili agli esseri umani, arrivando addirittura ad un prototipo in grado di provare in modo autentico i nostri stessi sentimenti. Questa evoluzione della tecnologia provoca però astio nei confronti di robot e il film è soprattutto il racconto dell’esperienza che un robot può subire quando si confronta con la malvagità umana.
15. WALL•E (2008)
La prima volta che una mayor del cinema d’animazione si cimenta apertamente con il tema scottante della distopia. Il risultato è interessante innanzitutto per il coraggio con cui il regista Andrew Stanton mette in scena questa trama forse più per adulti che per i più piccoli. L’impegno che c’è dietro coinvolge un sacco di figure di spicco nel cinema d’animazione. Una su tutte: John Lasseter, qui in veste di produttore. La qualità è davvero altissima. Interamente realizzato con un’aggiornatissima CGI, WALL•E è principalmente un film di suoni elettronici e azioni automatizzate.
Il lungometraggio illustra uno scenario credibile e spaventoso: nell’anno 2105 il pianeta è totalmente ricoperto di rifiuti. Parte dell’umanità è riuscita a mettersi in salvo, ma il problema persiste e la Terra è diventata invivibile. L’aspetto più scioccante è che l’umanità non viene mostrata. Tutto quello che vediamo in scena sono robot incaricati di smaltire i rifiuti accumulati. Nonostante il panorama desolante, WALL•E è forse uno dei pochi film sul tema a conservare una qualche forma di speranza.
16. RoboCop (1987)
Altro titolo dalle indiscutibili influenze culturali lo troviamo guardando tra i film realizzati nel corso degli anni ’80. Diretto dall’olandese Paul Verhoeven, al suo secondo lavoro in lingua inglese, RoboCop (1987) si distingue per un feroce cinismo che sfocia in sequenze d’azione mozzafiato. Al centro c’è il personaggio dell’armatissimo cyborg del titolo, dietro il quale si cela Peter Weller.
Lo scenario immaginato da Edward Neumeier e Michael Miner, sceneggiatori del film, è quello di una Detroit che assomiglia ad una Gotham più nostrana. La criminalità è in aumento e sempre più fuori controllo e le forze dell’ordine hanno difficoltà a fronteggiarla. La soluzione al problema è proposta da una potente multinazionale chiamata OCP: distruggere la vecchia città per costruirne una nuova. Per mettere in atto questo piano, viene recuperato il corpo morto e mutilato di un onesto poliziotto. Il tutto viene assemblato con placche di titanio e il risultato è il primo cyborg poliziotto. Nato sotto la scia di Blade Runner, RoboCop segna una mancata collaborazione tra Arnold Schwarzenegger, prima scelta della produzione, e Paul Verhoeven. I due collaboreranno anni più tardi sul set di Atto di forza.
17. La decima vittima (1965)
Impossibile non citare questo classico italiano, peraltro opera del futuro premio Oscar Elio Petri, nonché uno dei registi più ambiziosi che la nostra cinematografia ha il privilegio di contare. C’è da dire che però non si tratta di un prodotto “made in Italy” a tutto tondo: il soggetto è infatti basato su un breve racconto dello scrittore americano Robert Sheckley (intitolato La settima vittima) ed è coprodotto da Francia e Italia. Pur rientrando nel genere fantascientifico, il film si caratterizza per un forte sperimentalismo che mette insieme la commedia col dramma e la satira col giallo.
Il tema di partenza è ancora oggi attuale: il sovrappopolamento. Nel mondo diegetico de La decima vittima, ambientato in un non precisato futuro prossimo, questo ha portato ad uno scenario scioccante: la caccia umana è perfettamente legale e tutti la praticano. L’aggressività è stata liberata ed è stata addirittura istituita la Grande Caccia, una competizione che è un mix di Decathlon, reality show e giochi gladiatori. Il film è stato inoltre letto come una critica al capitalismo imperante e ai media d’assalto.
18. Il pianeta selvaggio (1973)
La distopia è animata in questo lungometraggio realizzato nel 1973 da René Laloux, forse meno conosciuto di altri titoli summenzionati ma ugualmente importante. Basato sul romanzo di Stefan Wul intitolato Homo Domesticos, ha inoltre il privilegio di avere tra i suoi produttori il regista Roger Corman, uno dei nomi che sembra avere più ispirato i registi che si sono confrontati col cinema di genere.
Il pianeta selvaggio può essere considerato uno dei primi film dove viene introdotto il tema dell’antispecismo. In questo lungometraggio infatti l’umanità è stata rovesciata da una popolazione aliena chiamata Draag e gli Oms, ossia gli appartenenti alla nostra specie, vengono da questa trattati alla stregua di animali domestici. Anche qui ci troviamo di fronte ad un’opera impegnata e politica; la trama è infatti un’allegoria dell’invasione sovietica dell’ex Cecoslovacchia e il le riprese furono spostate da Praga a Parigi proprio a causa del clima di pressione politica imperante in quegli anni. Presentato in concorso al Festival di Cannes, il film viene inoltre apertamente citato nello sci-fi di Tarsem Singh The Cell – La cellula.
19. Interstellar (2014)
Uno dei film più apprezzati e di maggior successo di Christopher Nolan, un regista da sempre interessato ai mondi paralleli (Memento e Inception, per citare due esempi) è sicuramente Interstellar. È in quest’ultimo infatti che Nolan si è confrontato con una rappresentazione distopica propriamente detta. Interstellar è uno sci-fi in stile spielberghiano, in cui la scienza si mescola con una narrazione più concentrata sui sentimenti dei personaggi, due elementi che finiscono per trovarsi a conclusione del film.
Anche qui la narrazione è ambientata in un non precisato tempo futuro e, anche nella visione di Nolan, la Terra è destinata a diventare un posto inabitabile. Non solo ci sono condizioni di povertà estrema e il cibo scarseggia, ma il pianeta deve affrontare anche una piaga più grave: l’ossigeno nell’atmosfera sta finendo e, di conseguenza, le condizioni climatiche sono sempre più drammatiche. La trama è quella classica che prevede un eroe che deve salvare l’umanità, ma la sua avventura sarà abbastanza intricata e densa di dettagli scientifici. l film ha avuto diverse candidature e riconoscimenti, incluso l’Oscar per i migliori effetti speciali.
20. The Lobster (2015)
Primo lungometraggio in lingua inglese per il greco Yorgos Lanthimos, esploso nel 2009 con Dogtooth, nonché suo terzo film. Al centro di The Lobster (2015) c’è l’amore, visto non più in chiave sentimentale, ma come strumento di propaganda e di potere. Le persone non si innamorano più ma vengono costrette ad innamorarsi e il sesso viene privato dell’idea di piacere.
Il film teorizza infatti un futuro dove l’individuo deve per forza essere in coppia. Cosa succede quindi ai single? Lo scopriamo attraverso la storia di David (Colin Farrell), un uomo che viene trasferito in uno stravagante albergo dove le persone hanno 45 giorni di tempo per trovarsi un partner. Allo scadere di questo periodo, dovranno essere trasformati in un animale a loro scelta. Nell’universo di The Lobster, le persone vengono accoppiate sulla base di un elemento in comune, ma questo non implica che ci sia un’affinità all’interno della coppia. Al di fuori di questo albergo vive invece una comunità di ribelli, tra i quali vige una regola ferrea: è proibito innamorarsi.
C’è qualcosa di tribale nel modo in cui Lanthimos descrive queste due comunità e il film spicca per una trama originale. L’effetto è forse qui più divisivo, ma The Lobster ha soprattutto il merito di farci riflettere sul ruolo dell’amore all’interno della nostra società.
21. Ready Player One (2018)
Uno degli esempi più recenti di film distopici è del 2018 ed è diretto da uno dei più grandi registi contemporanei, Steven Spielberg. Prodotto da Amblin Entertainment e Warner Bros Pictures, Ready Player One è l’adattamento di un omonimo romanzo di Ernest Cline e il risultato è un film interattivo che coinvolge continuamente lo spettatore all’interno dell’azione. Anche qui troviamo alcuni temi ricorrenti quando si parla di distopia, tuttavia Ready Player One sembrerebbe aprirsi con una specie di speranza e ad essere messa in discussione è, in realtà, proprio quest’ultima.
L’anno è il 2045 e lo scenario è proprio quello che immaginiamo: il mondo è diventato inabitabile, a causa di inquinamento, sovrappopolazione e condizioni di povertà estrema. Che fine hanno fatto quindi gli umani? Si sono spostati sempre di più nel mondo virtuale. Quest’ultimo è diventato talmente predominante da costituire la principale location del film. L’ambiente virtuale, in Ready Player One rappresentato da OASIS, diviene una realtà sempre più intricata dove gioco e riscatto sociale finiscono praticamente per confondersi, e questa non sembra essere l’unica combinazione derivata. Essendo un film abbastanza recente, non si può ancora parlare di Ready Player One come di un prodotto che ha avuto le sue influenze. In compenso, il film contiene al suo interno un sacco di omaggi e riferimenti alla settima arte.
22. A Quiet Place – Un posto tranquillo (2018)
Un nuovo modo di declinare la distopia, utilizzando una chiave più contemporanea, lo dobbiamo alla star di The Office John Krasinski, regista e protagonista di A Quiet Place – Un posto tranquillo (2018). Qui Krasinski divide la scena con sua moglie Emily Blunt e l’alchimia tra i due e i giovani attori che interpretano i loro figli è uno dei principali poli d’attrazione del film. A Quiet Place è uno sci-horror davvero singolare, con immagini spesso molto crude, tanto che il lungometraggio in Italia è stato vietato ai minori di 14 anni.
La particolarità di A Quiet Place è quella di avere i dialoghi quasi interamente in ASL, la lingua dei segni americana, che diventa in questo caso molto più che un semplice aggregatore comunicativo. Nello scenario del film, la ASL è infatti proprio ciò che determina la salvezza dei protagonisti, il motivo per cui ci sono dei superstiti.
La distopia viene immaginata ai giorni nostri e rappresenta una Terra invasa da mostruose creature aliene: gran parte della popolazione è stata sterminata. Le creature non sono in grado di vedere, ma hanno un udito molto sviluppato: basta il minimo rumore per essere attaccati. La famiglia Abbott è riuscita a sopravvivere perché, avendo una figlia sorda e segnante, era già avvezza a comunicare in ASL. Il film ha avuto un sequel nel 2021 e ce ne sarà un altro in arrivo.
23. A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare (2006)
Altro titolo d’animazione e altro lavoro tratto da un originale e omonimo romanzo di Philip K. Dick, lo stesso genio dietro alla creazione di Blade Runner. A dirigerlo è l’acclamato Richard Linklater, candidato all’Oscar per la migliore regia per Boyhood (2014). A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare segna il ritorno di Linklater alla tecnica del rotoscope, già vista in Waking Life (2001). Così le figure di Keanu Reeves, Winona Ryder, Robert Downey Jr e Woody Harrelson diventano corpi animati dalle sembianze realistiche e molto fedeli agli attori. Il tono è invece tragicomico.
L’azione è ambientata in una futuristica California in cui gli individui sono schiavi di un potente stupefacente chiamato “Sostanza M” (M come Morte). La tossicodipendenza è stata liberalizzata, divenendo sempre più normale e diffusa, e il protagonista è un agente della narcotici sotto copertura mandato ad indagare su questo problema. Il film affronta il tema non facile dei disturbi mentali in seguito al consumo di droghe ed è dedicato proprio alla memoria di coloro che ne hanno sofferto.
24. Gattaca – La porta dell’universo (1997)
Arrivato proprio nel momento in cui il suo protagonista, Ethan Hawke, era all’apice della sua carriera, Gattaca – La porta dell’universo (1997) è stato spesso associato al genere biopunk, un filone che mescola lo sci-fi con il noir. Del cast fanno inoltre parte altri due volti divenuti celebri nel corso degli anni ’90: Uma Thurman e Jude Law.
Il film è diretto da Andrew Niccol, al suo esordio alla regia e futuro sceneggiatore di The Truman Show.
Il titolo è il risultato dell’unione delle lettere iniziali degli elementi che compongono il DNA. Gattaca è infatti ambientato in un futuro prossimo in cui la vita umana può essere fatta nascere semplicemente partendo dal corredo genetico. La caratteristica di questo processo è che elimina l’effetto sorpresa, dal momento che le caratteristiche fisiche e lo stato di salute del bambino vengono stabilite anzitempo dai genitori. Il risultato di questo nuovo sistema è la scissione degli esseri umani in due categorie: quella dei validi, ossia nati artificialmente e quindi praticamente perfetti, e quella dei non validi, i nati con il metodo naturale. Questa situazione fa sì che esista una discriminazione, non proprio legale ma socialmente accettata, basata sulle caratteristiche genetiche. Proprio queste ultime ci vengono raccontate nel corso del film attraverso la vicenda di Vincent Freeman, un non valido da sempre in rivalità con un fratello concepito artificialmente.
25. Snowpiercer (2013)
Un film con alcuni elementi in comune con Metropolis è Snowpiercer (2013), sebbene l’estetica sia completamente diversa. Qui prevalgono sicuramente dei toni più crudi, che in fondo sono un tratto distintivo del cinema del sudcoreano Bong Joon-ho (premio Oscar per Parasite). Con Snowpiercer, Bong, giunto al suo quinto lungometraggio, gira per la prima volta in lingua inglese collaborando con un cast internazionale che comprende Chris Evans, Tilda Swinton, Song Kang-ho, Jamie Bell, John Hurt e Octavia Spencer.
Il film è l’adattamento del graphic novel Jacques Lob e Jean-Marc Rochette Le Transperceneige. Nell’anno 2031 si prospetta una nuova era glaciale, causata da alcuni esperimenti falliti per combattere il riscaldamento globale. I pochi abitanti del pianeta rimasti vivono a bordo di un treno perennemente in viaggio attorno al globo terrestre. Al suo interno esiste però una netta divisione in classi sociali simboleggiata dai diversi vagoni. Nel 2020 il film ha ispirato un’omonima serie di TNT prodotta dallo stesso Bong.
26. I figli degli uomini (2006)
Prima di Gravity e Roma e dopo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Alfonso Cuarón aveva diretto questo interessante lungometraggio con protagonista Clive Owen, in cui la fantascienza diventa thriller e nello stesso tempo dramma. I figli degli uomini è tratto da un omonimo romanzo della scrittrice britannica P.D. James, ex membro permanente della Camera dei Lord.
Se in alcuni dei film precedenti avevamo affrontato il problema del sovrappopolamento, con I figli degli uomini entriamo nel terreno opposto. L’azione è infatti ambientata nel Regno Unito dell’anno 2027 e qui gli umani devono fronteggiare un problema diverso: stanno a poco a poco scomparendo perché da anni non ci sono più nascite. I bambini sono un ricordo lontano e l’ultimo nato è già morto. Finché, un giorno, ad un ex attivista politico non viene chiesto di scortare e proteggere l’ultima donna rimasta incinta. Il film tocca anche alcuni temi collaterali, ancora oggi molto attuali, come quello dei diritti degli immigrati. La fotografia di Emmanuel Lubezki, fedele collaboratore del regista, ha inoltre ricevuto diversi riconoscimenti.