Paolo Virzì è attualmente nelle nostre sale con la sua ultima fatica, Siccità. Un film che contiene tematiche scientifiche e attuali in una narrazione che vira più verso la commedia, che è il genere su cui il regista livornese ha fondato la sua intera carriera.
Per festeggiare questo evento, abbiamo pensato di ripercorrere il suo iter professionale con quelli che riteniamo che siano i sei migliori film di Paolo Virzì.
1. La pazza gioia (2016)
Vincitore di cinque David di Donatello, La pazza gioia è stato spesso erroneamente accostato a Thelma & Louise, ma il riferimento più vicino è invece Il sorpasso di Dino Risi. Il film vive principalmente dell’alchimia tra le due attrici protagoniste, Valeria Bruni Tedeschi (vincitrice del David come migliore attrice protagonista) e Micaela Ramazzotti.
La trama racconta di due donne dalle personalità differenti e molto lontane per estrazione sociale e della loro fuga da Villa Biondi, una comunità femminile che si occupa di disturbi mentali. Entrambe cercano di riconnettersi con il loro passato, ma trovano molti ostacoli. La fuga delle due è euforica, gioiosa, ma anche piena di dramma e umanità.
2. Tutta la vita davanti (2008)
Alla sua uscita, fu indubbiamente un successo, merito soprattutto del tema centrale. Tratto dal romanzo autobiografico di Michela Murgia Il mondo deve sapere, Tutta la vita davanti racconta la storia di Marta (Isabella Ragonese), una brillante laureata in filosofia. Siciliana trapiantata a Roma e in attesa di un concorso pubblico, per mantenersi Marta finisce a lavorare in un call center. Il nuovo ambiente è apparentemente accogliente e allegro fino a sfiorare il villaggio vacanze, ma nasconde una realtà fatta di stress quotidiano, sfruttamento e precariato.
Il film è insieme il più popolare e il più discusso di Virzì. Oltre a raccontare una storia che riguarda un’intera generazione, Tutta la vita davanti adotta anche una chiave quasi satirica con momenti in cui la commedia sfiora la tragedia. Irresistibile è la performance di Sabrina Ferilli, nel ruolo di Daniela, un’invasata capotelefonista tutta dedita alla carriera e con un’evidente dissociazione dalla realtà.
3. Il capitale umano (2014)
Tra i lavori girati negli ultimi anni dal regista livornese è sicuramente quello accolto meglio da pubblico e critica, tanto da trionfare a sorpresa ai David di Donatello 2014, battendo l’agguerrita concorrenza de La grande bellezza di Paolo Sorrentino (vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero). Si tratta di un libero adattamento di un omonimo romanzo di Stephen Amidon. La caratteristica principale di questo film consiste nella sua scissione in quattro capitoli, in ognuno dei quali viene adottato il punto di vista di un personaggio diverso.
Ambientato in Brianza, Il capitale umano racconta di due famiglie di diversa estrazione sociale, i cui destini finiscono per intrecciarsi fino ad un tragico incidente. Pioggia di premi e plauso della stampa italiana ed estera per questo film, per molti il migliore di Virzì. Sicuramente il più ambizioso e tra i più riusciti.
4. La prima cosa bella (2010)
Il titolo rimanda chiaramente all’omonima canzone cantata da Nicola Di Bari e interpretata da Malika Ayane nella versione per il film. La prima cosa bella è uno dei lavori più emozionanti di Paolo Virzì, nonché uno di quelli che ha incassato di più, e tratta il tema del rapporto genitori e figli.
La sceneggiatura è opera dello stesso Virzì e di Francesco Bruni e Francesco Piccolo. La trama racconta di Bruno Michelucci (Valerio Mastandrea), un uomo insoddisfatto che si prepara a perdere la madre, una donna combattiva e vitale con la quale il rapporto non è mai stato idilliaco. La prima cosa bella regala soprattutto momenti di grande recitazione con un cast capitanato da una sontuosa Stefania Sandrelli ed è autentico nella sua rappresentazione. Quell’anno fu scelto come candidato italiano nella corsa all’Oscar per il miglior film straniero, senza tuttavia entrare nella cinquina finale.
5. My Name Is Tanino (2002)
Al penultimo posto della nostra lista troviamo un film che è per molti aspetti vicinissimo a quello che sarà il primo. Con My Name Is Tanino, Virzì si sposta dalla natia Livorno a Castellammare del Golfo, in Sicilia, per poi approdare negli Stati Uniti.
Protagonista di questa storia è Tanino (Corrado Fortuna), un giovane cinefilo e aspirante regista siciliano che non riesce a smettere di pensare a Sally (Rachel McAdams, al suo debutto sul grande schermo), una ragazza americana con cui ha avuto un’avventura estiva. Decide quindi di andare a cercarla in America, ma prima di raggiungerla a Rhode Island si troverà coinvolto, suo malgrado, in tutta una serie di disavventure che si frapporranno tra lui e Sally.
My Name Is Tanino è un racconto della disillusione. Gli USA descritti dal regista sono molto lontani dal sogno americano e alla fine ogni speranza di Tanino viene spenta. Tuttavia, il protagonista non smette mai di augurarsi un futuro migliore. Il film è anche un racconto di formazione in cui Tanino, da ragazzo timido e insicuro, diventa a poco a poco un uomo in grado di scontrarsi con una realtà più dura.
6. Ovosodo (1997)
Correva l’anno 1997 quando una commedia italiana con ambientazione livornese venne presentata in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Virzì era reduce dal successo del suo secondo lungometraggio, Ferie d’agosto, premiato col David di Donatello. Ovosodo non passò inosservato al Lido e si aggiudicò il Gran Premio della Giuria, presieduta quell’anno dalla regista neozelandese Jane Campion.
Il film è un racconto di formazione in prima persona ambientato nel quartiere Ovosodo di Livorno e racconta l’adolescenza del timido Piero Mansani. Due figure saranno importanti nel suo percorso: la maestra Giovanna e l’amico Tommaso.
Ovosodo regala momenti esilaranti e un sacco di battute memorabili. Il lavoro del regista va però ben oltre questo. Il finale è sicuramente lieto, ma l’idea di felicità non coincide con l’emancipazione della classe operaia o con il possesso di beni materiali. Sorprendentemente il film non termina con una realizzazione personale in stile americano, ma con una famiglia serena, un lavoro onesto e un ritrovato equilibrio, metaforizzato da quel famoso “ovosodo dentro che non va né in su né in giù“.