Una delle migliori attrici francesi del momento è sicuramente Bérénice Bejo, attualmente nelle nostre sale con Il colibrì di Francesca Archibugi, tratto dall’omonimo romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi (unico scrittore nella storia ad averlo vinto per ben due volte). Non è però la sua prima partecipazione ad una pellicola italiana: l’avevamo infatti già vista ne Il materiale emotivo e in Fai bei sogni.
Sebbene le sue origini siano argentine, Bérénice è arrivata in Francia all’età di tre anni e, da figlia di un regista, ha esordito molto presto come attrice, a partire dal cortometraggio Pain perdu (1993). Oggi, soprattutto grazie all’attenzione internazionale di The Artist, è un volto noto anche in Italia e vanta una carriera di tutto rispetto. Di seguito vi proponiamo, quindi, i migliori film di Bérénice Bejo, i più belli e significativi della sua carriera.
1. The Artist (2011)
Come già detto, questo è il film che ha reso Bérénice popolare in tutto il mondo. Correva l’anno 2011, quando The Artist venne presentato in concorso a Cannes. Un film per molte ragioni attesissimo: muto, in bianco e nero e con una recitazione tendente all’istrionismo, un progetto che molti, per anni, si erano rifiutati di produrre. L’accoglienza fu, invece, delle più calorose e The Artist venne subito indicato come il favorito per la Palma d’oro, poi andata a The Tree of Life di Terrence Malick. Il lungometraggio si portò comunque a casa il Prix d’interprétation masculine a Jean Dujardin e fece incetta di premi, arrivando addirittura alla notte degli Oscar, dove si aggiudicò ben 5 statuette (miglior film, migliore regia, miglior attore protagonista, migliori costumi e migliore colonna sonora).
La performance della Bejo non passò comunque inosservata: oltre a ricevere una nomination agli Oscar, vinse il Premio César come migliore attrice.
The Artist è diretto dal regista Michel Hazanavicius (marito dell’attrice), che in passato aveva lavorato a pellicole più commerciali, prima di buttarsi in questo progetto molto ambizioso. Il film racconta la fine del cinema muto e il conseguente passaggio al sonoro.
Siamo a Hollywood alla fine degli anni ’20 e la star del muto George Valentin, personaggio di fantasia chiaramente ispirato a Rodolfo Valentino, sta attraversando una fase di declino: il pubblico non lo vuole più, cerca solo i film con i dialoghi e con protagonista l’astro nascente Peppy Miller. I due si incontrano e si scontrano, sono rivali dal punto di vista professionale, ma uniti sul piano sentimentale.
2 . L’infanzia di un capo (2015)
Altro titolo molto importante nella filmografia della nostra beniamina. Un film difficile, molto denso, a tratti scioccante e claustrofobico. A dirigerlo è l’esordiente Brady Corbet, in seguito autore anche di Vox Lux con protagonista Natalie Portman. Era l’anno 2015 eL’infanzia di un capo (The Childhood of a Leader) veniva presentato in concorso Orizzonti al Festival di Venezia. Un film che subito si fece notare e che alla fine portò a casa due riconoscimenti importanti: il Premio Orizzonti per la migliore regia e il Premio Opera Prima.
Il titolo è ispirato ad un racconto di Jean-Paul Sartre pubblicato nella raccolta Il muro e vede Bérénice Bejo impegnata in un ruolo difficile che era stato inizialmente offerto a Juliette Binoche, la quale però rifiutò in quanto giudicò il progetto troppo angosciante. Nel cast sono presenti altri attori di chiara fama internazionale: Liam Cunnigham, Robert Pattinson, Stacy Martin e Yolande Moreau.
Il film si muove sulla scia de Il nastro bianco di Michael Haneke e racconta l’infanzia, apparentemente normale, di un bambino di buona famiglia all’inizio del ‘900. È figlio di un diplomatico americano al servizio del presidente Woodrow Wilson e di una donna dolce ma severa. L’educazione che riceve è molto rigida e saldamente ancorata ai valori del passato. La narrazione si struttura in tre parti, corrispondenti a tre capricci particolarmente importanti nell’infanzia di Prescott, il bambino protagonista, più un epilogo impressionante.
3. Il passato (2013)
Un altro premio importante per Bérénice Bejo, il Prix d’interprétation féminine a Cannes. Questa volta la vediamo impegnata in un’interpretazione sofferta, che le regala momenti molto forti. La stessa attrice, in un’intervista, dichiarò che questo ruolo è stato lo shock della sua vita.
A dirigerla è il regista iraniano Asghar Farhadi (due volte premio Oscar: per Una separazione e poi per Il cliente), al suo debutto in Francia. Accanto a lei troviamo la star de Il profeta Tahar Rahim e l’iraniano Ali Mosaffa. Anche in questo caso, la Bejo prende possesso di un ruolo inizialmente destinato ad un’altra attrice, Marion Cotillard.
Il passato è una tappa importante nell’iter registico di Farhadi, che qui si confronta con una serie di situazioni estremamente dialogiche e con personaggi segnati dalle reciproche colpe di fronte ad un evento drammatico. Da questo punto di vista, il film è forse più vicino ad About Elly che non ad Una separazione.
L’iraniano Ahmad torna a Parigi dalla sua ex moglie Marie, attualmente convivente con Samir, un francese magrebino ancora regolarmente sposato con una donna in coma, e dalle sue figliastre Lucie e Léa, nate da una precedente relazione di Marie. La ragione di questo ritorno risiede nell’ufficializzazione della fine del loro matrimonio, in modo che Marie possa rifarsi una vita con Samir. Il ritorno di Ahmad porterà però alla luce una serie di traumi legati al tentato suicidio della moglie di Samir.
4. Dopo l’amore (2016)
Forse meno conosciuto tra i lungometraggi in cui ha recitato Bérénice, ma sicuramente notevole. In un certo senso, ha anticipato per tematica e stile Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, uscito l’anno successivo. Il titolo originale è L’économie du couple ed è sicuramente più eloquente ed azzeccato dell’italiano Dopo l’amore. Questo perché il film mette a confronto una coppia alla rottura in cui niente funziona più e si va verso un abbruttimento che mette in tavola frequenti discussioni circa le decisioni economiche da prendere.
Dopo l’amore è diretto dal belga Joachim Lafosse e vede protagonisti assoluti Bérénice Bejo e Cédric Kahn. È tutto giocato sulle loro performance sempre tese ad una ricerca del realismo, sui loro rispettivi sguardi e i due sono straordinari. Marie e Boris sono una coppia di diversa estrazione sociale. Il matrimonio è finito, ma i due sono costretti a vivere ancora sotto lo stesso tetto a causa dei problemi economici di lui. La convivenza non è delle più pacifiche dal momento che i due non si sopportano più e litigano per qualunque cosa, perfino sull’educazione delle figlie. Ogni giorno il conflitto degenera sempre di più e la coppia finisce per coinvolgere anche amici e parenti nella loro relazione tossica.
5. Il segreto di una famiglia (2018)
Un’altra tappa importante nel curriculum dell’attrice, soprattutto perché con questo film torna alle sue origini. Il segreto di una famiglia (La Quietud) è infatti diretto dall’argentino Pablo Trapero e qui Bérénice recita in lingua spagnola, considerando che il cast è interamente argentino.
La storia probabilmente a molti farà storcere il naso, essendo presenti nella trama scene molto forti che riguardano le dinamiche delle relazioni familiari. Del resto, Trapero le aveva già raccontate nel suo film precedente, Il clan, incentrato sulla storia della terribile famiglia Puccio, che negli anni ’80 terrorizzò San Isidro con una serie di rapimenti di persone facoltose e dai riscatti assurdi. Con Il segreto di una famiglia, Trapero si spinge molto oltre lavorando ad una sceneggiatura che in certi momenti spiazza e coglie alla sprovvista.
L’argentina Eugenia fa ritorno a La Quietud, la proprietà di famiglia sita a Buenos Aires, in seguito ad un infarto del padre. Qui ritrova sua sorella Mia e sua madre Esmeralda. La reunion porterà però alla luce una serie di segreti inconfessabili come incesti, omicidi e odi nascosti e mai placati.
6. Fai bei sogni (2016)
Ultimo solo perché Bérénice in questo film ha un ruolo abbastanza piccolo, ma Fai bei sogni è comunque un titolo importante nella sua filmografia. Non solo rappresenta il suo primo lavoro in Italia, ma viene diretta dal maestro Marco Bellocchio e il film in generale ha avuto un’accoglienza critica favorevole. Adattamento di un omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, Fai bei sogni vede protagonista uno straordinario Valerio Mastandrea, che interpreta lo stesso Gramellini, mentre l’attrice francese è la sua futura moglie Elisa.
Nella Torino degli anni ’60, Massimo resta segnato dalla morte della madre, alla quale era profondamente legato, e si rifiuta di accettare la realtà. Anni più tardi, Massimo è un giornalista de La Stampa, ma in profonda crisi esistenziale: impegnato in una relazione al capolinea, assediato dagli attacchi di panico e ancora segnato dal lutto e dai dubbi sulle cause della morte della madre.