Un appassionato di musica new wave potrebbe dirvi che, quando vede Nick Rhodes dei Duran Duran, immediatamente pensa a David Sylvian dei Japan. Tanti altri, cresciuti negli anni Ottanta, vi diranno invece che, ogni volta che appare una foto diSylvian, pensano a quanto assomigli a Nick Rhodes. Ovviamente è stato Rhodes a ispirarsi al cantante dei Japan, per lui un vero idolo. Ma se crescevi negli anni Ottanta, e proprio in quegli anni iniziavi a seguire la scena musicale, non potevi non fare i conti con i Duran Duran. Potevi odiarli, per la loro immagine edonistica e perché piacevano alle ragazzine. Potevi amarli, perché in loro c’era una sfrontatezza e un’energia fuori dal comune.
Non erano una boy band i Duran Duran: sapevano suonare. Anzi, ancora meglio: hanno inventato un suono, un mix tra funky, new wave, disco, glam rock e art rock che ancora oggi suona fresco, moderno, all’avanguardia. Da almeno vent’anni il loro suono viene ripreso da decine di band che sono state influenzate dai Duran. Duran Duran, il primo album della band, usciva il 15 giugno del 1981. Dentro c’erano tutte le influenze della band, Roxy Music e David Bowie, Ultravox e Lou Reed, Giorgio Moroder e gli Chic. Simon Le Bon, Nick Rhodes, John Taylor, Andy Taylor e Roger Taylor, da Birmingham, si sono più volte lasciati e rimessi insieme.
Oggi abbiamo deciso di raccontare le più famose canzoni dei Duran Duran, partendo proprio dal loro esordio del 1981 per arrivare al disco del 1993, anch’esso dal titolo Duran DuranThe Wedding Album.
1. Planet Earth
Planet Earth è il primo singolo dei Duran Duran, il manifesto di un movimento, quello dei new romantic, citato in un verso della canzone: “Some new romantics looking for a tv sound”. È una canzone caratterizzata dai synth spaziali di Nick Rhodes, il basso incalzante di John Taylor, il ritmo sincopato della batteria di Roger Taylor che si sposa alla perfezione con i salti del basso, la chitarra ritmica rockeggiante di Andy Taylor. E poi quegli effetti sonori che sembrano evocare l’atterraggio di un elicottero, o magari di un’astronave. Nella ritmica sentiamo anche un groove che li avvicina a Giorgio Moroder. E nel video i nostri sfoggiano un look che è il perfetto manuale del new romantic, con quelle camicie tutte sbuffi e pizzi che sembrano arrivare da un’altra epoca per proiettarsi nel futuro.
2. Girls On Film
L’influenza dei Roxy Music si sente tutta in Girls On Film, il brano che apre il primo album dei Duran Duran, con il suo incedere, e quella batteria spezzata e sincopata che rimanda a Love Is The Drug. Girls On Film è il terzo singolo estratto dall’album, dopo che il secondo, Careless Memories, fu un insuccesso. È una canzone che parla dello sfruttamento delle modelle, anche se il messaggio non è che sia mai stato colto fino in fondo. Il videoclip, famosissimo, sembra andare in tutt’altra direzione. Girato dal duo Godley & Creme, e subito lanciato in orbita da MTV, vede i Duran Duran suonare di fronte a un ring dove una ragazza mima un combattimento con un lottatore di sumo, un’altra simula un salvataggio da parte di un bagnino, una un massaggio e una cowgirl cavalca un uomo con una testa di cavallo. La parte più spinta è quella in cui due donne, di cui una in topless, lottano nel fango. Il video fece scandalo e molte reti televisive finirono per mandare in onda la versione alleggerita, senza la scena incriminata. Ma il video integrale venne trasmesso nei nightclub dotati di schermi video, e anche spesso sulle nostre tivù musicali. Ma è un video che ha una sua ironia e, nonostante sia spinto, non è mai volgare.
3. Hungry Like The Wolf
Da Girls On Film si capiva già come i Duran Duran intendessero musica e immagine come una cosa sola, e avessero capito come pochi altri la forza dei videoclip. Con il secondo album, Rio (1982), inizia la collaborazione di Simon Le Bon e soci con Russell Mulcahy, che girerà con loro 11 video, e poi avrebbe diretto il film Highlander. E la serie dei video tratti da Rio trasporta i nostri in mondi esotici e, allora, poco conosciuti. Hungry Like The Wolf, girato nella giungla dello Sri Lanka, è ispirato a I predatori dell’arca perduta, che, proprio come il primo album dei Duran Duran, ha appena compiuto 40 anni. Come si può immaginare dal titolo, il testo di Hungry Like The Wolf è ispirato alla favola di Cappuccetto rosso, mentre i do do do alla fine di ogni verso sono ispirati alla canzone di Gordon Lightfoot, If You Could Read My Mind. Ma la forza di uno dei pezzi più trascinanti dei Duran Duran, diventato non a caso un cavallo di battaglia nei live, è la chitarra glam rock, suonata nello stile di Marc Bolan, di Andy Taylor. Il suo è uno di quei riff killer che lasciano il segno. La risata che apre il brano fu incisa dall’allora fidanzata di Nick Rhodes.
4. Rio
Rio, il brano che dà il titolo al secondo, storico album dei Duran Duran e apre il disco, è uno dei pezzi che, da sempre, connotano la band di Birmingham. L’idea, venuta a John Taylor, viene da Rio de Janeiro, città del Brasile che nella sua mente evocava “un senso di esotico, una cornucopia di delizie terrene, una festa che non finiva mai”. Ma Simon Le Bon ebbe l’intuizione di trasformare Rio in una donna. “Her name is Rio and she dances on the sand”, “il suo nome è Rio e balla sulla sabbia” è una delle liriche più famose dei Duran Duran. Rio è un’altra canzone che unisce un riff rock e un ritornello irresistibile a un grande lavoro di Nick Rhodes sui sintetizzatori: il brano si apre con l’effetto di un arpeggiatore su un Roland Jupiter-4, e continua con un suono particolarissimo, creato gettando delle piccole canne di metallo sulle corde di un piano e rimontando il suono ottenuto al contrario. Se qualcuno vi chiedesse di fissare il classico suono dei Duran Duran, Rio è la canzone che dovreste fargli ascoltare. Ovviamente, insieme al videoclip, storico anche quello, sempre firmato da Mulcahy: la band canta su uno yacht che sfreccia nel mare dei Caraibi, e si muove sulle spiagge dell’isola di Antigua. I vestiti new romantic vengono lasciati alle spalle, e la band sfoggia dei completi colorati ed elegantissimi di Anthony Price. Al centro della storia, ovviamente, c’è lei: Rio, la modella Reema Ruspoli, bellissima nel suo costume nero intero e misteriosa nelle sequenze con il corpo dipinto.
5. Save A Prayer
Save A Prayer è la prima, grande ballad della carriera dei Duran Duran, uno dei loro pezzi più famosi, ed è anche il brano che, insieme a The Chaffeur, rende Rio un album unico. Save A Prayer nasce da una serie di accordi sviluppati da Nick Rhodes e Andy Taylor e poi processati tramite un sequencer. Così nasce la famosa intro di una canzone eterea e sognante. Ma, attenzione, come spiegò subito Simon Le Bon, che scrisse le parole mentre la band era in tour, la canzone è “realistica, non romantica”. Save A Prayer canta infatti della storia d’amore di una notte, perfetta, ma destinata a finire. “Somebody call it a one night stand but we can call it paradise”, “qualcuno potrebbe chiamarla la storia di una notte, ma noi possiamo chiamarla paradiso”, recita il testo, su una melodia, che, ancora una volta, secondo Le Bon riprende Gordon Lightfoot e If You Could Read My Mind. Il video di Save A Prayer è girato ancora una volta in Sri Lanka, da Russell Mulcahy, tra spiagge, giungle e templi buddisti.
6. The Chaffeur
The Chaffeur, il brano più particolare di Rio, uscì come lato B del singolo Rio, in pratica una doppia facciata A, e ancora oggi è considerata una delle canzoni più belle in assoluto dei Duran Duran, ancora una volta inscindibile da un video storico e ad alto tasso di erotismo. La canzone, lasciva e sensuale, si appoggia su un giro di note di un sintetizzatore (e dei suoni campionati grazie a un Fairlight CMI), su cui arrivano, intense e potenti, le note di un pianoforte. La canzone nasce da una poesia scritta da Simon Le Bon molto tempo prima di Rio. La canzone fu scritta dal cantante nel 1978, durane un soggiorno estivo di tre mesi in un kibbutz in Israele. Il video, in bianco e nero, è diretto da Ian Emes ed è ispirato alle fotografie di Helmut Newton e al film Il portiere di notte di Liliana Cavani.
7. The Seventh Stranger
A parti invertite, continuiamo con la doppietta che apre la facciata B di Arena, l’album live dei Duran Duran del 1984. Lì The Seventh Stranger sfumava in The Chaffeur. Nella nostra lista la facciamo venire subito dopo. The Seventh Stranger è un’altra ballata, magnetica e ipnotica, ed è tratta da Seven And The Ragged Tiger (1983), un album solitamente considerato come meno ispirato e più commerciale rispetto ai due precedenti. Non mancano le perle, come questa canzone, che, nella versione dal vivo, si apre con le note di John Williams di Incontri ravvicinati del terzo tipo, inizialmente doveva chiamarsi proprio Seven And The Ragged Tiger, come l’album. È ispirata al capitolo 26 del Candido di Voltaire e al film I sette samurai di Akira Kurosawa. Ma è una canzone che non si può raccontare, va ascoltata e basta.
8. The Reflex
Le canzoni di Seven And The Ragged Tiger non hanno la freschezza di quelle di Rio, sembrano più costruite, artefatte. “Sentivo che ci stavamo allontanando dal rock’n’roll” avrebbe detto poi John Taylor. Ma, nel disco in cui ci sono anche New Moon On Monday e Union Of The Snake, il singolo più forte è The Reflex, diventato una grande hit, la loro prima numero 1 in America. Ma che cosa vuol dire The Reflex? Lo stesso Simon Le Bon dichiarò di non sapere di che cosa parlasse quella canzone. Che però ha un ritmo travolgente, ancora di più grazie al remix di Nile Rodgers degli Chic. Il video è ancora una volta opera di Russell Mulcahy, che stavolta però filmò la band durante un concerto del Sing Blue Silver Tour. Quello di The Reflex è un video live, che però è ricco di effetti speciali, come quello di una cascata che, al culmine della canzone, sembra uscire dallo schermo per irrompere sulla scena.
9. The Wild Boys
Il Sing Blue Silver Tour è l’apice del successo dei Duran Duran, e chiude il primo ciclo della loro carriera. Dal tour è tratto un documentario, dallo stesso nome, e anche un film concerto e un album dal vivo, dal titolo Arena (1984). Che, oltre ai maggiori successi della band, ha anche un brano inedito, The Wild Boys, un brano più duro dei precedenti singoli della band. Ed è anche un altro famoso video diretto da Russell Mulcahy, che stavolta fu proprio l’artefice dell’idea del brano. Voleva girare un film tratto dal romanzo The Wild Boys: A Book of the Dead di William S. Burroughs, e propose alla band di scrivere delle canzoni per la colonna sonora, un po’ come avrebbero fatto poi i Queen con il suo film Highlander. Così Simon Le Bon scrisse il testo ispirandosi alla sinossi del libro, e il brano fu prodotto da Nile Rodgers. Non ci sarebbe mai stato un film, ma The Wild Boys, più che un videoclip, è un vero e proprio minifilm, ispirato alle atmosfere dei film di Mad Max, girato ai Pinewood Studios, quelli di 007. La scena cult è quella che vede Simon Le Bon legato alla pala di un mulino, con la testa che si immerge nell’acqua ogni volta che la pala scende verso il basso.
10. Notorious
Arena e The Wild Boys saranno un successo mondiale, ma tutto travolgerà i Duran Duran, ormai lanciati in una vita di eccessi. La band si fermerà. John Taylor e Andy Taylor formeranno i Power Station, un gruppo rock, con Robert Palmer. Simon Le Bon, Nick Rhodes e Roger Taylor fonderanno gli Arcadia, band dal suono più ricercato. Quando i cinque registreranno A View To A Kill, colonna sonora del film di 007, non saranno già più una band. I Duran Duran ritorneranno in una formazione a tre: Simon Le Bon, Nick Rhodes e John Taylor. E, a produrre il nuovo disco, Notorious (1986), arriverà in pianta stabile quel Nile Rodgers che aveva già fatto di David Bowie una star mondiale con Let’s Dance. Notorious è un disco che vive in bianco e nero, con suggestioni dei film di Hitchcock (un’altra canzone si chiama Vertigo) e con dei ritmi decisamente più funky. La chitarra che sostiene l’incedere di Notorious, il brano che apre l’album e, come primo singolo estratto, dà il là alla nuova vita dei Duran, è un classico marchio di fabbrica di Nile Rodgers, che la suona in prima persona. Anche la sezione di fiati (The Borneo Horns) è una novità per la band, che acquista un suono molto più americano. Il restyling è totale anche per quanto riguarda i video: a dirigere Notorious ci sono Peter Kagan e Paula Greif, che filmano la band in Super 8 in bianco e nero con una macchina a mano. Le coreografie sono di Paula Abdul e nelle scene appare una giovanissima Christy Turlington: la prima sarebbe diventata una popstar, la seconda una top model.
11. Skin Trade
A proposito di suono americano, Skin Trade, il secondo singolo tratto da Notorious, un vero gioiello nascosto tra le hit più importanti dei Duran Duran, è puro funky. Simon Le Bon canta in falsetto come Mick Jagger dei Rolling Stones in Emotional Rescue, e i fiati dei Borneo Horns sono ancora più predominanti. C’è ancora Nile Rodgers alle chitarre, e in line up entrano Warren Cuccurullo, alla chitarra, e Steve Ferrone alla batteria. Nel ritornello il cantato si fa più arrabbiato. La canzone è ispirata ancora una volta a un libro, di Dylan Thomas, Adventures In The Skin Trade, e, nel testo scritto da Le Bon nell’appartamento di John Taylor a New York, si parla di come ognuno di noi, in fondo, debba vendere se stesso. “Would someone please explain the reason for this strange behaviour, In exploitation’s name, we must be working for the skin trade” recita il testo. “Qualcuno potrebbe cortesemente spiegare la ragione di questo strano comportamento? In nome dello sfruttamento dobbiamo lavorare per il commercio di pelle”. La canzone non ebbe un successo immediato, non nelle dimensioni attese dai Duran. Ma, nel tempo, sarebbe diventata una tra le più amate dalla band e dai fan. E Strange Behaviour sarebbe diventato il titolo del tour mondiale che avrebbe seguito Notorious. Anche il video è ricercato: è ancora una volta diretto da Peter Kagan and Paula Greif, che hanno trattato con un effetto di rotoscoping le immagini della band e della top model Tatjana Patitz.
12. Do You Believe In Shame
I Duran Duran avrebbero cambiato ancora pelle. La musica, nei club, stava cambiando, e la band seguiva le tendenze del momento. Big Thing, il loro, meraviglioso, disco del 1988, è caratterizzato da un funk pesante, da ritmi hip-hop e house, dal technopop (All She Wants Is). Avrà meno successo dei dischi precedenti, ma è un disco di una qualità altissima. Che, a metà del viaggio si ferma e regala un lato B di bellissime ballate, una sorta di suite. Tra queste abbiamo scelto Do You Believe In Shame, dedicata tre grandi amici della band scomparsi in quel periodo: Andy Warhol, artista simbolo della pop art. Alex Sadkin, un produttore discografico e David Mile, amico d’infanzia di Le Bon. La canzone è un mid tempo dalla melodia dolce, assorta, insinuante, ispirata involontariamente alla canzone di Dale Hawkins Suzie Q. Il video è stato girato a New York da Chen Kaige, il regista di Addio mia concubina.
13. Palomino
Tutto il lato B di Big Thing andrebbe inserito tra le canzoni migliori dei Duran Duran. Quattro ballate come Do You Believe In Shame, Palomino, Land, The Edge Of America, chiuse poi dalla sfrenata session strumentale Lake Shore Driving. Abbiamo scelto Palomino, delicata, sognante e poi epica nel ritornello, un brano che avrebbe tutto per diventare una hit dei Duran Duran al pari di Save A Prayer. La canzone era conosciuta anche come Welcome To The Edge. Simon Le Bon dichiarò che la canzone è ispirata a una delle belle ragazze che ha conosciuto. Ma il ritornello della canzone pare sia ispirato a Pablo Picasso e alla risposta che diede a una domanda, fatta durante il suo periodo blu. “But what do you do when you run out of blue?“, “cosa farai quando avrai finito il blu?”. a cui Picasso rispose “I use red instead“, “al suo posto userò il rosso”.
14. Ordinary World
Dopo Big Thing sarebbe arrivato Liberty (1990), un disco che non incontrò i favori del pubblico, tanto che in molti diedero per finita l’avventura dei Duran Duran. Che, nel 1993, tirarono fuori un altro coniglio dal loro magico cilindro, un nuovo album, ancora dal titolo omonimo, Duran Duran, noto a tutti come The Wedding Album, per le foto di nozze dei loro genitori che appaiono in copertina. È un disco che, oltre a una cover di Femme Fatale dei Velvet Underground, regala due delle canzoni più belle della loro carriera. Ordinary World, una ballata soffice e sognante in cui la voce di Le Bon tocca vette altissime, e tira fuori tutta la sua emotività, è ancora una volta dedicata al vecchio amico scomparso del cantante, David Mile. È una canzone che parla di come accettare la morte di un amico, come andare avanti. È una canzone personale, ed è ancora oggi un classico della musica pop. A rendere tutto magico è anche l’assolo di chitarra di Warren Cuccurullo, ormai in pianta stabile nella band.
15. Come Undone
È opera di Cuccurullo anche l’altro gioiello dell’album: Come Undone. Il chitarrista scrisse la parte di chitarra reinterpretando alcune linee di un pezzo precedente della band, First Impression, dall’album Liberty. Ma la canzone doveva finire su un progetto esterno alla band, con Gavin Rossdale dei Bush. Dal momento in cui Simon Le Bon sentì la demo e cominciò a lavorarci, Come Undone è stata destinata a diventare un’altra hit dei Duran Duran e a continuare il successo di Ordinary World. La voce di Le Bon anche qui è altissima, per una ballad avvolgente e sensuale, dedicata alla moglie Yasmin. Impreziosita, ai cori, dalla voce di Tessa Niles. Come Undone, per fortuna, entrò all’ultimo minuto nella tracklist dell’album, diventando un grande successo. Ci piace fermarci qui, da Duran Duran (1991) a Duran Duran (1993) in questo viaggio tra le migliori canzoni della band. Nel frattempo, i Duran Duran sono rimasti in due, poi è tornata l’originaria formazione a cinque, oggi sono in quattro e hanno inanellato momenti di oblio (la seconda metà degli anni Novanta) e momenti gloriosi nel nuovo millennio, soprattutto con i dischi Astronaut e All You Need Is Now. Oggi sono considerati dei maestri della musica pop e della new wave, e decine di band si ispirano a loro. È appena uscito il loro nuovo singolo, Invisibile, e a ottobre è in arrivo il loro nuovo album, Future Past.