Masterchef compie 31 anni (non ve l’aspettavate, eh? Il format è del lontano 1990!) e mentre la versione italiana si avvia alla finale della decima edizione, ci siamo chiesti: perché appassiona tanto? Perché tifiamo per questo o l’altro partecipante, e ci inorgogliamo per la Dieta Mediterranea patrimonio UNESCO? La risposta è che spignattare è un fatto di cuore, ed eccovi quindi il piatto forte: i 5 motivi per cui la cucina è un atto d’amore.
1. Il vostro piatto preferito non è un piatto
Come le Madeleine per Proust, i dolcetti francesi il cui profumo diede il via a un capolavoro della letteratura mondiale, i piatti che amate non sono piatti: sono emozioni, ricordi, una serie di connessioni invisibili tra odori, sapori, colori che vi riportano, ad ogni assaggio, a un momento speciale, all’immagine della vostra infanzia, del Natale, dei nonni, di un viaggio, di un primo bacio. E per questo nel corso della vita cambiano, aumentano, diminuiscono, diventano più complessi o, al contrario, diventano più semplici, come le cose che ci fanno stare davvero bene. E potrebbero non avere niente a che fare con i vostri gusti quotidiani. Volete un esempio? Le stelline in brodo. Da quanto non ne mangiate? Non le cucinerà nessuno a Masterchef, ma scommettiamo che state sorridendo?
2. Cucinare è una lezione di yoga
Cercare una ricetta, acquistare gli ingredienti, disporli sul tavolo di lavoro, preparare gli strumenti, seguire il procedimento. Concentrarsi su un obiettivo semplice o difficile e raggiungerlo passo dopo passo, riflettere con attenzione su ciò che si sta facendo, e allo stesso tempo svuotare la mente da tutto quello che non sia il momento presente e i propri movimenti in relazione alla cucina: cos’è tutto questo, se non una meditazione? Funziona ancora meglio con un po’ di musica, un calice di vino, e il tempo per rilassarsi e lavorare con calma. Anche sbagliare tutto, bruciare la torta, rovesciare il sale sullo sformato fanno parte del processo: sbagliando s’impara, ricominciare da capo insegna la pazienza, e nei casi più drammatici c’è sempre una saggia pizzeria a portata di telefono.
3. Cucinare per gli altri è amore vero
Si racconta che la grande scrittrice Elsa Morante, nei suoi ultimi anni, ricordasse come la frase d’amore più autentica fosse “hai mangiato?”. Ma forse possiamo andare persino oltre, e affermare che un amore ancora più profondo sia “È pronto in tavola”. È la sorgente della passione che anima i grandi chef, ma anche i nostri genitori, nonni, zii, amici, e noi stessi, quando tornando tardi dal lavoro pensiamo a cosa preparare – buono, sfizioso, salutare – e arrivati a casa piangiamo sulle cipolle per la zuppa e con gli occhi brucianti ci tagliamo con il pelapatate e ci scottiamo con la pentola mentre tiriamo fuori i piatti e chiediamo a chiunque si trovi nei paraggi di aiutarci ad apparecchiare. Oppure il sabato pomeriggio al supermercato inviamo preghiere di ringraziamento a Santa Sonia Peronaci cercando davanti al banco pescheria la ricetta del risotto arance e gamberetti per gli amici che vengono a cena… chi ce lo fa fare? L’amore, ce lo fa fare.
4. Cucinare è un atto di civiltà
Quando guardiamo un documentario dove un branco di carnivori banchetta sul corpo di una sventurata preda comprendiamo quanto lontano siamo arrivati. Nessuna capra si prepara un’insalata, nessun leone marina la carne per poi disporla sul barbecue: in natura si mangia solo crudo, e scondito. Un tempo – neanche troppo lontano – anche noi scimmie spelacchiate seguivamo la stessa dieta, ma per fortuna è un’epoca a cui non tornerebbe neppure il più fanatico sostenitore di paleo-diete. La trasformazione dei cibi richiede curiosità, intelletto avanzato, la capacità di porsi obiettivi a medio e lungo termine, il fuoco, l’agricoltura, mezzi di trasporto e conservazione, mercati… tutto ciò che ci rende animali sociali, per dirla con Aristotele. Nel piccolo, come nel grande: la tristezza che proviamo scongelando un piatto pronto al microonde o ingurgitando un panino mentre lavoriamo al computer, è perché ci rendiamo conto che un nostro antenato australopiteco ci osserva dall’altro lato del tempo, e si domanda perché ha un nipote tanto scemo.
5. Cucinare bene è un atto ecologico
Qui ci addentriamo in un campo di rovi – ma è l’unico modo per prendere le more migliori. Disossare un coniglio o friggere agnello è un atto ecologico? Sì, se volete diventare consumatori, e cuochi, consapevoli: si tratta di mettere insieme tutti i punti precedenti e concentrarsi su ciò che significa cucinare. Quando pulite un branzino, affettate un peperone, versate il miele nell’impasto dei pancakes, maneggiate vita, energia, che vi è stata data perché divenisse parte di voi. E la più grande rivoluzione, la più potente espressione della vostra arte culinaria è quella di comprendere, rispettare e non sprecare. Comprendere che il filetto è parte di una creatura e non soltanto un oggetto rossastro che raccogliete al banco frigo. Rispettare ciò che avete a disposizione, fossero anche fagioli malconci, e cucinarli al meglio possibile. Non sprecare, evitando di comprare in eccesso, di lasciare andar a male, di cucinare lasciando troppi scarti, di mettere nel piatto più di quanto riuscirete a mangiare. Come cantava Vecchioni, “Forse non lo sai, ma pure questo è amore”.