Un filone molto interessante da vedere sul grande schermo è sicuramente quello costituito da quei film ambientati in un carcere o in una prigione. Che sia totalmente, per la maggior parte o anche parzialmente, questi lungometraggi hanno saputo nel corso del tempo trattare le tematiche più disparate, approcciare quel luogo in modo diverso o trasformarlo in teatro delle esperienze di vita più varie. In realtà, già di per sé il carcere costituisce una location molto interessante, motivo per cui molti registi se ne sono serviti. Nel cinema e nella narrazione, del resto, quando la prigione non è fisica è perché è metaforica o di altro tipo. Ad esempio, tralasciando per un attimo il filone trattato, in Split il personaggio di Kevin Wendell Crumb è imprigionato nel proprio corpo abitato da diverse personalità che vogliono a tutti costi proteggerlo.
Tornando invece ai film carcerari, questi ultimi a volte parlano di pena di morte, altre seguono una escaping plotline, ovvero una trama basata sulla fuga. Accanto a questi primi due esempi, ne troviamo poi molti altri che si basano sulle relazioni tra i personaggi, sulla dimostrazione di innocenza o sul farsi risucchiare da quel luogo. I titoli appartenenti a questo filone sono davvero tanti. Qui tratteremo soltanto i 20 film carcerari più interessanti per risultati, trama, approccio e drammaturgia. Ecco quali sono:
1. Le ali della libertà (1994)
Le ali della libertà è sicuramente il primo lungometraggio che a molti verrà in mente. Del resto, si tratta dell’adattamento di un racconto scritto da uno degli autori più famosi dei giorni nostri, Stephen King. Quest’ultimo si intitola Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank (in effetti il titolo originale del film è proprio The Shawshank Redemption) e si trova nella raccolta Stagioni diverse.
Interpretato da Tim Robbins e Morgan Freeman, Le ali della libertà è diretto da Frank Darabont, un regista poco prolifico, ma autore di quattro lungometraggi abbastanza importanti. Non fa eccezione questo film, che gode di un certo rispetto generale tra pubblico e critica. Il lavoro di Darabont è soprattutto un atto di accusa nei confronti del sistema carcerario, fatto di violenza gratuita e impunita e sistematicamente corrotto.
Nel Maine 1947, Andy Dufresne viene condannato per l’omicidio di sua moglie e il suo amante, nonostante l’uomo dichiari la sua innocenza. Finisce quindi nel carcere di Shawshank e qui scopre un ambiente duro e disumano. Non potendo contare sull’aiuto di nessuno, essendo le stesse guardie a loro volta corrotte, Andy subisce abusi da parte degli altri detenuti. Con il passare del tempo, incontra Billy Boy Redding detto “Red”, un altro ergastolano che gode di una certa influenza nel mondo carcerario. Red ha commesso dei crimini orribili ma la detenzione è riuscita a cambiarlo. Tra i due si instaura un forte legame di solidarietà.
2. Il miglio verde (1999)
Il secondo film che vi proponiamo è diretto dallo stesso Darabont. Con il precedente Le ali della libertà presenta diverse circostanze comuni: la location carceraria, il fatto di basarsi su uno scritto di Stephen King, l’accoglienza calorosa ricevuta da pubblico e critica e la mancata vittoria dell’Oscar nonostante la nomination. Un caso davvero impressionante.
Il cast de Il miglio verde comprende Tom Hanks, David Morse, Michael Clarke Duncan, Doug Hutchinson e Sam Rockwell. A livello di racconto si va ben oltre le premesse de Le ali della libertà. Qui si parla apertamente di pena di morte. Lo stesso titolo fa riferimento al pavimento del braccio che conduce alla camera in cui si trova la sedia elettrica.
La storia prende avvio in una casa di riposo in Louisiana nel 1999, quando l’anziano Paul Edgecombe si commuove guardando Cappello a cilindro con Fred Astaire e Ginger Rogers. Da lì parte tutto un lungo racconto-flashback che ci riporta indietro nel tempo fino all’anno 1935, quando Paul fece la conoscenza di John Coffey, un imponente afroamericano accusato dell’omicidio di due bambine. Paul all’epoca era la guardia carceraria della prigione di Cold Mountain. Proprio in quell’occasione ebbe modo di conoscere Coffey e di constatare come, malgrado le apparenze, fosse una creatura mite e gentile.
3. Il buco (1960)
Meno popolare degli altri due titoli visti, ma sicuramente uno dei più riusciti è Il buco di Jacques Becker (Grisbì, Casco d’oro e Edoardo e Carolina). Qui andiamo verso una trama classica, che segue la fuga organizzata da un gruppo di detenuti. Anche in questo caso l’origine è letteraria: dietro il film di Becker si cela infatti un romanzo omonimo di José Giovanni, uno scrittore francese molto famoso negli anni ’60 e successivamente anche regista.
L’aspetto più interessante de Il buco consiste nel suo essere basato su una vicenda realmente accaduta a Jean Kéraudy, che appare qui come attore ed interpreta sé stesso. Il nome del suo personaggio è lo stesso anagrafico dell’attore, ovvero Roland Darbant, mentre Jean Kéraudy è invece uno pseudonimo. Lo stesso José Giovanni fu incarcerato e conobbe Kéraudy proprio durante la prigionia. Delle premesse che già bastano a rendere il tutto molto interessante. Nel film fa inoltre la sua prima apparizione l’attrice Catherine Spaak.
Nel carcere La Santé di Parigi, Gaspard Claude viene improvvisamente trasferito in un’altra cella in cui si trovano già quattro detenuti. Il gruppo si mostra molto infastidito dalla presenza di Claude, il quale appare ai loro occhi come un imprevisto indesiderato. Dopo un’iniziale esitazione, decidono di svelargli la ragione di questo atteggiamento: i quattro stanno lavorando ad un buco nel pavimento della cella che permetterà a tutti loro di evadere.
4. Nel nome del padre (1993)
Un altro titolo molto famoso sull’argomento è sicuramente Nel nome del padre. A dirigerlo è l’irlandese Jim Sheridan, in quel momento già noto per Il mio piede sinistro e Il campo. Per questo adattamento del romanzo autobiografico di Gerry Conlon, Sheridan sceglie di tornare a lavorare con Daniel Day-Lewis, che aveva già diretto con successo ne Il mio piede sinistro. Del cast fanno inoltre parte Pete Postlethwaite e Emma Thompson, in due ruoli molto importanti. Dopo aver vinto l’Orso d’oro come miglior film al festival di Berlino, Nel nome del padre ottenne sette candidature agli Oscar, senza tuttavia trionfare in alcuna categoria.
La vicenda narrata è quella dei Guildford Four, di cui lo stesso Conlon faceva parte. Si tratta di un caso giudiziario che ha sconvolto l’opinione pubblica irlandese negli anni ’70. Con Guildford Four si intendono quattro giovani, tre ragazzi e una ragazza, che vennero ingiustamente accusati di essere responsabili di un attentato. Il risultato di queste false accuse fu che il gruppo divenne vittima di leggi che il governo inglese aveva in quel periodo emanato per reprimere qualsiasi minaccia interna. L’adattamento di Sheridan prevede una serie di scene ambientate in carcere che ne mostrano la vita ordinaria.
Irlanda, 1974. Sono gli anni dell’IRA e la reazione del governo inglese a qualsiasi minaccia interna è isterica e repressiva. Quando un pub di Guildford diventa teatro di un attentato, del crimine vengono accusati quattro giovani hippie: Gerry Conlon, Paul Hill, Paddy Armstrong e Carole Richardson. Come se non bastasse, il processo finisce per coinvolgere anche i familiari di Gerry, dai più stretti ai parenti londinesi. Contro di loro ci sono prove molto deboli, ma la corte si affretta a dichiararli colpevoli. Finito in carcere con suo padre Patrick detto “Giuseppe”, Gerry finirà per ricucire un difficile rapporto dovuto alle loro differenti generazioni.
5. Papillon (1973)
Altro lungometraggio famosissimo, del quale abbiamo visto perfino un remake meno riuscito, è Papillon. L’originale del 1973 è diretto da Franklin J. Schaffner e vede protagonisti Steve McQueen e Dustin Hoffman. Si tratta di un film dalla realizzazione non facile: il piano di produzione prevedeva infatti che le riprese venissero effettuate in luoghi molto remoti, implicando quindi costi aggiuntivi. Eppure l’impegno è stato ripagato da un successo pazzesco al box-office. La vicenda narrata è tratta dal romanzo autobiografico di Henri Charrière, scrittore francese ma con cittadinanza venezuelana. Nel film lo interpreta Steve McQueen e il titolo si riferisce al soprannome di Charrière, chiamato così per un tatuaggio sul torace raffigurante una farfalla.
Negli anni ’30 Henri Charrière viene condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha commesso. Finisce quindi in una prigione di massima sicurezza sita nell’Isola del Diavolo, al largo della costa della Guyana francese. Ad aspettarlo c’è il peggior sistema carcerario del mondo. Quando Henri se ne rende conto, inizia a progettare la sua fuga. Il piano fallisce, ma l’uomo non si arrende. Nei giorni di prigionia stringe inoltre amicizia con il falsario Louis Dega.
6. Yol (1982)
Altro film molto emblematico in questo filone è Yol. Si tratta di un lungometraggio turco diretto dal regista Yilmaz Güney insieme al collega Şerif Gören. Al pari de Il buco, anche qui il tema del carcere si intreccia con le vicissitudini personali di un membro del cast. Questa volta tocca al regista Güney, il quale al momento delle riprese si trovava in prigione con l’accusa di aver scritto un romanzo comunista. Per questo la sua operazione fu completata grazie all’aiuto di Gören, che seguì le indicazioni dategli da Güney. La travagliata lavorazione di Yol si concluse con la fuga dal carcere di quest’ultimo, che riuscì a lavorare alla post-produzione rifugiandosi a Parigi. Yol vinse la Palma d’oro a Cannes in ex aequo con Missing – Scomparso di Costa-Gavras, due film molto politici quindi.
1981, Imrali, isola dell’Egeo appartenente alla Turchia. Le vite di cinque detenuti nel carcere dell’isola scorrono monotone e tranquille finché ciascuno di loro ottiene una licenza dalla durata di un’intera settimana. Usciti dal carcere, il gruppo si separa e ciascuno di loro intraprende un viaggio di ritorno dalla propria famiglia. Tutti e cinque si renderanno conto che ad aspettarli ci saranno soprattutto le conseguenze sociali e culturali prodotte dal loro arresto.
7. Il profeta (2009)
Un altro titolo maestoso nella filmografia carceraria è sicuramente Il profeta di Jacques Audiard (Un sapore di ruggine e ossa e I fratelli Sisters). L’azione si svolge praticamente tutta dietro le sbarre, ma l’aspetto più interessante del lungometraggio risiede nella sua doppia tematica. Oltre a mostrare il mondo del carcere con uno sguardo crudo e perfino cupo, Audiard racconta anche la storia di un clan e della sua organizzazione. Non a caso ne abbiamo già parlato a proposito dei film realizzati sulla mafia.
Il profeta ci ha fatto conoscere soprattutto lo straordinario talento di Tahar Rahim, oggi un attore popolarissimo in Francia e non solo. Alla sua premiere a Cannes, il film venne accolto con un entusiasmo generale e si vociferava la Palma d’oro, andata poi a Il nastro bianco di Michael Haneke. Il profeta si è comunque aggiudicato il Grand Prix Speciale della Giuria e perfino una nomination all’Oscar come miglior film straniero.
Malik El Djebena è un giovane e ingenuo magrebino analfabeta e cresciuto in un orfanotrofio. In seguito ad una rapina fallita, è costretto a scontare sei anni di carcere. Malik emana innocenza e sembra estraneo al duro mondo carcerario e alle gerarchie di potere esistenti tra i detenuti, oltre alle vendette che si consumano silenziosamente tra queste mura. La sua innocenza attira però l’attenzione di diversi uomini disposti ad approfittarsene. Uno di questo è César Luciani, pericoloso e potente boss della mafia corsa, che intende assolutamente servirsi di Malik per il “lavoro sporco”. Per il giovane magrebino inizia quindi un difficile calvario.
8. L’uomo di Alcatraz (1962)
Un altro film ambientato in carcere vede protagonista un intenso Burt Lancaster ed è L’uomo di Alcatraz. Si tratta del quarto lungometraggio diretto da John Frankenheimer, in seguito autore di Va’ e uccidi e L’uomo di Kiev. Il film è tratto da un romanzo omonimo di Thomas E. Gaddis, che nel suo libro ha raccontato la vera storia di Robert Stroud. Oltre ad essere stato un criminale e un uomo dal temperamento difficile, Stroud divenne infatti un ottimo ornitologo. Quindi quella messa in scena da Frankenheimer è soprattutto una storia di riscatto, ma il regista getta anche uno sguardo d’accusa nei confronti del sistema carcerario. Lancaster fu premiato con la Coppa Volpi a Venezia e ricevette anche la nomination all’Oscar.
In Alaska Robert Stroud uccide un uomo colpevole di aver picchiato una prostituta. Viene arrestato e condannato a nove anni di prigione. Tuttavia, la detenzione si allunga quando l’uomo torna ad uccidere ancora. Questa volta la sua vittima è Kramer, una guardia carceraria che mal sopportava. La corte emette la condanna a morte per impiccagione, ma sua madre Elizabeth riesce ad ottenere la grazia dal Presidente degli Stati Uniti. Durante la sua prigionia, Stroud inizia per caso ad allevare un canarino e da quel momento, un po’ alla volta, si appassiona allo studio dei volatili divenendo un uomo di profonda cultura.
9. The Experiment – Cercasi cavie umane (2001)
Un po’ diverso dagli altri titoli finora visti ma comunque interessante è The Experiment – Cercasi cavie umane. Il film è diretto da Oliver Hirschbiegel, lo stesso che realizzerà qualche anno dopo La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler, e vede protagonista un ottimo Moritz Bleibtreu. Il soggetto è preso dal romanzo Black Box dello scrittore tedesco Mario Giordano, che a sua volta è ispirato all’esperimento carcerario di Stanford condotto da Philip Zimbardo nel 1971. Il film ha avuto anche un remake americano nel 2010 con Adrien Brody come protagonista. Più che sul mondo carcerario, The Experiment è sui rapporti di potere e su come questo sia in grado di agire sul comportamento umano.
Catturato da un annuncio su un giornale, Tarek Fahd, tassista ed ex reporter, decide di partecipare ad un esperimento organizzato da alcuni psicologi in cambio di un compenso di 4mila marchi. L’esperimento coinvolgerà un gruppo di soli uomini che dovranno fingersi prigionieri e detenuti di una prigione appositamente allestita. Tarik vede subito l’occasione per scrivere lo scoop che aspettava e va a parlarne con il suo caporedattore. L’esperimento ha inizio e a Tarek tocca il ruolo di prigioniero. Ben presto però i partecipanti si renderanno conto di essere finiti in un vero e proprio incubo.
10. Fuga da Alcatraz (1979)
Un altro grande dramma carcerario, forse uno dei più famosi, è opera del regista Don Siegel e vede protagonista un giovanissimo Clint Eastwood. Si tratta di Fuga di Alcatraz, che come il precedente film di Frankenheimer è ambientato in una delle strutture carcerarie più famose per metodi molto duri consistenti in isolamento e continue privazioni. La produzione riuscì tra l’altro ad ottenere i permessi per le riprese e quella che si vede sullo schermo è la vera prigione di Alcatraz, che in quel momento era stata chiusa da ormai quindici anni. Tuttavia, la realizzazione non più semplice perché al momento delle riprese le condizioni della fortezza non erano quelle di un tempo, quindi si dovette lavorare molto di scenografia.
La vicenda narrata è quella di Frank Morris, un criminale americano realmente esistito che nel 1962 riuscì ad evadere da Alcatraz, divenendo così protagonista di una delle fughe più famose della storia. Le sue gesta sono narrate in un omonimo romanzo di J. Campbell Bruce, che è la fonte d’ispirazione di questo film.
Nel 1960 il rapinatore Frank Morris, dopo diverse tentate fughe da altrettanti penitenziari federali, viene trasferito ad Alcatraz nella locale prigione di massima sicurezza. La nuova struttura è circondata dal mare e da una rete metallica e le giornate si svolgono all’insegna di una direzione severissima e fortemente repressiva. I giorni di Frank sono duri e viene anche molestato nelle docce da un altro detenuto. Presto Frank sarà protagonista di un’impresa impossibile: evadere da Alcatraz.
11. Fuga di mezzanotte (1978)
Un altro film che pure ha mostrato le difficili condizioni carcerarie è Fuga di mezzanotte di Alan Parker. Il lungometraggio con Brad Davis è uno dei più citati, parodiati, discussi e famosi. Alla sua uscita fu accolto con il plauso della critica, ma non mancarono le controversie, soprattutto per il modo in cui vengono ritratte le guardie turche. Era periodo di tensioni politiche e la vicenda narrata nel film è quella di Billy Hayes, che in quegli anni era noto come ex contrabbandiere di hashish. In effetti il lavoro di Parker si basa proprio sull’autobiografia scritta dallo stesso Hayes. Proprio a causa di quanto emerse in Fuga di mezzanotte, venne addirittura inviato un mandato d’arresto per Hayes (in verità contrario alla rappresentazione fatta da Parker). La sceneggiatura è opera di Oliver Stone e il film si caratterizza per il suo crudo realismo.
Istanbul, è il 6 ottobre del 1970 quando lo studente statunitense Billy Hayes viene fermato in aeroporto perché trovato in possesso di 2 kg di hashish attaccati al corpo con il nastro adesivo. Viene quindi arrestato e un diplomatico americano lo convince a denunciare il suo spacciatore per scagionarsi. Billy tenta la fuga, ma viene subito ripreso e finisce nel carcere di Sağmalcılar. Il suo calvario è appena cominciato ed è fatto di torture e violenze. Billy rimarrà a Sağmalcılar per due lunghi anni.
12. Dead Man Walking – Condannato a morte (1995)
Sebbene sia meno incentrato sul sistema carcerario, prevede diverse in scene ambientate al suo interno e presenta un detenuto come protagonista anche Dead Man Walking – Condannato a morte, diretto dall’attore Tim Robbins. Anche questo è tratto da una storia vera e da un omonimo romanzo autobiografico, scritto da suor Helen Prejean. Quest’ultima compare anche come personaggio ed è la principale protagonista del film. Ad interpretarla è Susan Sarandon, che con questa sua performance vince l’Oscar come migliore attrice. Più che sul carcere il film è sulla pena di morte e ne offre una rappresentazione quasi documentaristica, ma arrivare a quel punto per il regista Robbins significa mostrarci cosa c’è prima.
Matthew Poncelet è un giovane teppista arido e strafottente. Giudicato colpevole dell’omicidio di una giovane coppia, dopo aver violentato la ragazza, viene condannato a morte, nonostante continui a dichiararsi innocente. In carcere riceve la visita di suor Helen Prejean, l’unica disposta ad ascoltarlo e a credergli laddove tutti gli hanno voltato le spalle, familiari compresi. Il rapporto tra i due non è facile e lui non sembra voler essere aiutato. Tutto cambia quando suor Helen apprende che Matthew l’ha scelta come consigliere spirituale, ossia la persona che assiste il condannato a morte nei suoi ultimi giorni di vita.
13. Hunger (2008)
Tra i film realizzati negli anni 2000s, uno dei più riusciti sul sistema carcerario è sicuramente Hunger. Il lungometraggio segna l’esordio del regista Steve McQueen e si inserisce nel momento in cui Michael Fassbender inizia a poco a poco a diventare una star internazionale. Hunger è girato come se fosse un kammerspiel e contiene riferimenti agli anni del governo di Margaret Thatcher. Si tratta di una prova molto difficile anche per Fassbender, che ha dovuto perdere parecchi chili per calarsi nel personaggio. La storia è quella di Bobby Sands, attivista e politico irlandese divenuto presto emblema dei diritti dei carcerati. La sceneggiatura è scritta dallo stesso McQueen insieme a Enda Walsh.
Il film inizia a trama già avviata mostrandoci un po’ alla volta cosa avviene dentro ad un carcere irlandese. Dopo aver introdotto alcuni personaggi secondari, il regista individua finalmente il suo protagonista in Bobby Sands. Quest’ultimo si trova in una prigione dove vige una ferrea disciplina e dove ogni rifiuto di obbedienza è severamente punito. Dopo aver partecipato ad una rivolta insieme ad alcuni altri detenuti, Sands decide di passare ad un atto di protesta non violento ed estremo: lo sciopero della fame.
14. Great Freedom (2001)
Un altro interessante dramma carcerario lo trovate in questi giorni su Mubi ed è Great Freedom (Große Freiheit) di Sebastian Meise. Il film è stato presentato in concorso al Torino Film Festival, dove ha vinto il premio per il miglior attore a Franz Rogowski (Freaks Out). In seguito è stato scelto per rappresentare l’Austria agli Oscar, senza tuttavia essere incluso nella cinquina finale. In Italia non è uscito ed è passato direttamente su piattaforma.
Ben più di vent’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, in Germania Ovest sono ridotte le conseguenze del paragrafo 175, di fatto in vigore fino al 10 marzo 1994. La norma considerava un crimine le relazioni omosessuali e quindi punibili con la reclusione. Tra i prigionieri incarcerati per il paragrafo 175 c’è anche Hans Hoffmann, un sopravvissuto ai campi di concentramento. Ormai abituato al regime carcerario, Hans non si piega di fronte alle ripercussioni e continua ad essere sé stesso senza smettere di sognare un giorno la libertà.
15. Non voglio morire (1958)
Un altro film ambientato in un carcere e, come Dead Man Walking, più spostato sulla pena di morte risale addirittura al 1958 ed è Non voglio morire. Diretto dal regista due volte premio Oscar Robert Wise, il lungometraggio vede protagonista Susan Hayward, premiata per questo ruolo. Non solo ci spostiamo in un carcere femminile, ma qua la denuncia è ancora più forte, essendo il personaggio di Barbara Graham realmente esistito e vittima di un clamoroso errore giudiziario e di un’ingiusta condanna a morte.
Barbara Graham è una donna vivace ed eccessiva che occasionalmente si prostituisce. La sua esistenza travagliata la porta a compiere una serie di scelte sbagliate. Quando cerca di sistemarsi con un uomo che sembra volerle regalare il mondo, Barbara decide di smettere con quella vita. Tuttavia, il matrimonio fallisce e la donna è costretta a tornare al suo vecchio mestiere. Finisce quindi insieme ad un assassino e quando l’uomo viene arrestato, Barbara si ritrova accusata di omicidio. La donna si dichiara innocente, ma nessuno sembra volerla ascoltare e la condanna alla camera a gas inizia a diventare una concreta minaccia.
16. Una notte di 12 anni (2018)
Meno famoso di altri titoli più grandi sopra visti, ma comunque accolto con un discreto successo è Una notte di 12 anni. Il film è diretto dallo spagnolo Álvaro Brechner, ma la produzione coinvolge anche Francia, Germania, Argentina e Uruguay. Dietro la sceneggiatura scritta dallo stesso regista si cela il libro Memorie dal calabozo. 13 anni sottoterra, che racconta la lunga prigionia di Pepe Mujica, Mauricio Rosencof e Eleuterio Fernández Huidobro. I tre sono storicamente noti per la loro appartenenza al gruppo Tupamaros. Nel film sono interpretati rispettivamente da Antonio de la Torre, Chino Darín e Alfonso Tort.
Nel 1973, l’Uruguay si trova in piena dittatura militare. Proprio in quegli anni sorge il movimento Tupamaros, di ispirazione marxista-leninista, che tutti i giorni organizza azioni di resistenza attraverso una continua guerriglia urbana. Ne fanno parte anche Pepe Mujica, Mauricio Rosencof e Eleuterio Fernández Huidobro. I tre vengono però arrestati e condotti nei calabozos, le prigioni sotterranee presenti in Uruguay. Gli attivisti rimarranno lì per ben dodici anni a subire torture e violenze di ogni tipo.
17. Carandiru (2003)
Dall’America Latina viene anche Carandiru, sebbene da un altro decennio e da un regista più famoso di Brechner, Héctor Babenco. Anche in questo caso parliamo di un lungometraggio tratto da un libro autobiografico e il testo di partenza è Estação Carandiru di Dráuzio Varella. In queste pagine troviamo la testimonianza di Varella a quanto succedeva nel carcere di Carandiru, dove lavorò come medico volontario tra il 1989 e il 2002. Un periodo di tempo molto importante e per questo in grado di fornirci informazioni dalla notevole portata.
Nel carcere di Carandiru si aggira un medico misterioso di cui non si conosce il nome. È lì come volontario e tutti lo chiamano dottore. È proprio lui a notare i primi segni di una dilagante epidemia di AIDS, dovuta alla droga circolante nel carcere e ai rapporti sessuali tra detenuti. Il medico si rende presto conto di essere finito in una struttura crudele ma anche piena di umanità. Un po’ alla volta i prigionieri iniziano ad aprirsi con lui raccontandogli del loro passato e di come sono finiti a Carandiru.
18. The Mauritanian (2021)
Dopo Alcatraz e Carandiru, Guantanamo è un’altra delle prigioni tristemente più note in tutto il mondo. Con The Mauritanian siamo però di fronte ad una storia di giustizia, che suona ancora oggi molto attuale. Ne è protagonista Tahar Rahim, lo stesso interprete de Il profeta, che per questo ruolo riceve una nomination ai Golden Globe mancando però quella all’Oscar. Accanto a lui troviamo Jodie Foster, Shailene Woodley, Benedict Cumberbatch e Zachary Levi. Diretto da Kevin MacDonald, The Mauritanian è un adattamento delle memorie di Mohamedou Ould Slahi, contenute nella raccolta intitolata 12 anni a Guantanamo.
In seguito all’attentato dell’11 settembre 2001, il mondo precipita nel caos e a farne le spese è Mohamedou Ould Slahi, un giovane ingegnere mauritano. L’uomo viene infatti trattenuto dalle autorità del suo paese e poi trasferito in un carcere in Giordania. Finché nel 2002 viene spostato nel campo di Guantanamo, a Cuba, una struttura di massima sicurezza. Slahi non conosce il motivo della sua prigionia né le accuse a suo carico e viene regolarmente torturato dalle guardie per estorcergli una confessione. Del suo caso si interessano l’avvocatessa Nancy Hollander e la sua assistente Terri Duncan.
19. Il ribelle – Starred Up (2013)
Sicuramente tra i meno noti, ma molto interessante e coraggioso, soprattutto nel modo in cui presenta il sistema carcerario britannico è Il ribelle – Starred Up. Il film è diretto da David Mackenzie, autore di due lavori ancora più celebri: Hell or High Water e The Outlaw King – Il re fuorilegge. La particolarità di questo lungometraggio è che l’azione si svolge interamente in un carcere e per le riprese sono state utlizzate come location due prigioni abbandonate dell’Irlanda del Nord. Lo sguardo di Mackenzie è molto vicino a quel mondo, e questo si deve allo sceneggiatore Jonathan Asser, che ha lavorato come terapista volontario nella prigione di Wandsworth. Il cast comprende Jack O’Connell, Ben Mendelsohn e Rupert Friend.
Eric Love è un giovane detenuto prossimo ad uno “starred up”, ossia il passaggio dal carcere minorile a quello per adulti. Questo brusco trasferimento non è semplice ed Eric, che ha un carattere irrequieto, non sembra preparato. Presto scopre che nella nuova struttura esistono delle gerarchie interne e il padre di Eric, da fuori, lo invita ad osservarle. Partecipando ad un gruppo di terapia, il ragazzo impara a gestire la rabbia e in poco tempo sembra fare progressi. Ben presto gli equilibri cambiano e Eric scoprirà l’isolamento forzato.
20. Sulla mia pelle (2017)
Diretto da Alessio Cremonini, Sulla mia pelle è noto soprattutto per aver coinciso con la definitiva consacrazione di Alessandro Borghi, uno dei nostri migliori attori di oggi. Nel film Borghi cambia completamente aspetto scegliendo un acting method in stile hollywoodiano. Dimagrisce fino allo sfinimento e si presenta con le occhiaie e con il volto scavato. La vicenda narrata è quella di Stefano Cucchi, un caso giudiziario tra i più noti in Ital. Jasmine Trinca interpreta la sorella Ilaria, oggi una senatrice. Per questo ruolo, Borghi ha vinto il suo primo David di Donatello.
In una sera di ottobre nel 2009, Stefano Cucchi e un suo amico stanno fumando a bordo di un’auto in sosta. Una volante dei carabinieri ferma improvvisamente i due e chiede di perquisirli. Poiché beccati in possesso di diverse confenzioni di hashish, i due ragazzi vengono arrestati e portati in caserma. Stefano è interrogato e poi messo in custodia cautelare. Durante la prigionia il corpo di Stefano cambia lentamente aspetto e si ricopre di ematomi. Qualcuno inizia ad insospettirsi, ma lui nega qualsiasi accusa rivolta alle guardie carcerarie. Nello stesso tempo anche i familiari di Stefano hanno difficoltà a mettersi in contatto con lui.