La notizia che i Depeche Mode sarebbero arrivati come super ospiti al Festival di Sanremo ha dato a molti un senso in più per vedere il Festival. Sarà davvero emozionante vedere i DM di nuovo su un palco dopo la scomparsa di Andy Fletcher. Oggi i Depeche Mode sono Dave Gahan (voce) e Martin Gore (chitarra e tastiere). Quella dei Depeche Mode, che devono il loro nome a una rivista di moda, è una storia lunghissima, e parte all’inizio degli anni Ottanta da Basildon, nell’Essex, Inghilterra. La formazione originaria comprendeva Vince Clarke, che lasciò la band nel 1981 per fondare gli Yazoo e appunto Andy Fletcher. Dopo l’abbandono di Clarke, Alan Wilder si unì al gruppo nel 1982 per poi lasciarlo nel 1995. Per anni abbiamo creduto che i Depeche Mode fossero un gruppo techno-pop. Ma con gli anni si sono dimostrati anche una band in grado di suonare rock e un blues elettronico unico che solo loro sono in grado di fare. Ora, dopo la scomparsa di Fletcher, Gahan e Gore tornano con Memento Mori, un album che al momento della morte di Fletch era già quasi pronto ma che ora assume nuovi significati.
Ecco allora le 20 migliori canzoni dei Depeche Mode (è stato difficilissimo sceglierne solo 20), tra cui non può esserci anche l’ultima, Ghosts Again, per il carico emotivo che porta con sé.
1. I Just Can’t Get Enough
Rilanciato dal recente spot di una nota tv, I Just Can’t Get Enough è il primo, grande successo dei Depeche Mode, il simbolo del primo suono della band, ancora con Vince Clarke al timone, che è l’autore del brano, sfacciatamente e allegramente techno-pop, in linea con altre canzoni dell’epoca. Da lì a poco Vince Clarke avrebbe salutato la band per fondare gli Yazoo, e sarebbe iniziata un’altra storia.
2. Everything Counts
La vita dopo Clarke segna infatti la leadership come autore di Martin Gore, anima più tormentata, cupa e poetica. Gore riprende i brani scritti a 14 anni, in piena adolescenza. Così escono il secondo album, A Broken Frame e il terzo, Construction Time Again, il primo album della loro personale “trilogia berlinese”, mentre arriva un nuovo tastierista, Alan Wilder. Proprio da questo album è tratto uno dei più grandi successi della band, Everything Counts. I suoni sono diversi, più industriali e dark, una tendenza che raggiungerà l’apice con Black Celebration. In Everything Counts Martin Gore suona un sintetizzatore molto particolare, il Synclavier, che permette di campionare suoni e rumori dalla strada. E che caratterizzano il brano.
3. People Are People
Some Great Reward, l’album successivo, mostra un altro cambiamento stilistico. È il secondo album della “trilogia berlinese”, e i suoni si fanno ancora più cupi, le sonorità ancora più industriali, secondo la tendenza in voga in Germania in quegli anni. Sonorità che sono evidenti all’inizio di People Are People, la canzone più immediata dell’album, che diventerà presto una delle canzoni dei fan, una di quelle più cantate durante i concerti. È una canzone che parla di pregiudizi e di razzismo. È il maggiore successo della band nel Regno Unito, forte anche di un video girato all’interno dell’incrociatore HMS Belfast, su cui sono montate delle scene della Seconda Guerra Mondiale. People Are People sarebbe stata al centro di un famoso spot della Volkswagen Golf del 2012, in cui compare, alla guida, lo stesso Dave Gahan.
4. Blasphemous Rumours
Dopo People Are People e Master And Servant, i Depeche Mode, da Some Great Reward, traggono un doppio singolo sorprendente: Blasphemous Rumours e Somebody. Blasphemous Rumours è la quintessenza dei Depeche Mode di quegli anni. Un ritmo che alterna parti più lente ad altre più veloci, una melodia dolce e struggente, ma anche potente. E un testo irriverente, che tocca la religione. Così Martin Gore racconta la nascita del brano: “L’ispirazione della canzone venne agli esordi della band o anche prima quando Andy Fletcher e Vince Clarke andavano regolarmente in chiesa, e io ci andavo perché erano miei amici. Non sono mai stato un cristiano praticante, anche se loro lo erano. E quando non sei coinvolto, penso che noti davvero l’ipocrisia e solo il lato divertente delle cose. Una cosa che ho spesso citato è questa cosa chiamata “lista di preghiera”: ogni settimana si sedevano e pregavano per le persone gravemente ammalate, anche se potevi garantire che la maggior parte di loro sarebbe morta”. Il ritornello di Blasphemous Rumours recita infatti “Non voglio mettere in giro delle voci blasfeme, ma penso che Dio abbia uno strano senso dell’umorismo, e quando morirò, mi aspetto di trovarlo ridere” cantato su una melodia estatica e positiva.
5. Somebody
Ma la vera sorpresa è il lato B del singolo, Somebody, una canzone d’amore per voce e piano, distante da tutto quello che allora era stato il mondo dei Depeche Mode. Ma è una sorpresa soprattutto perché è il primo singolo cantato da Martin Gore, con la sua voce angelica, dolce e malinconica. Martin Gore si mette a nudo, canta del suo bisogno di trovare qualcuno con cui dividere il resto della sua vita, di essere il suo confidente, il suo amante, e che rispetti le sue opinioni. Dal vivo il momento in cui Martin canta Somebody diventerà ogni volta un momento magico.
6. Black Celebration
Black Celebration è considerata da tutti la svolta nel suono dei Depeche Mode, l’album che, nel 1986, apre la seconda fase della band. È un disco che fa svoltare i Depeche definitivamente verso un suono più dark, gothic, un mondo dipinto decisamente di nero che caratterizzerà tutta la fase seguente. La canzone che dà il titolo all’album, Black Celebration, è il manifesto di questo nuovo corso: oscura, solenne, magniloquente. Una vera e propria messa nera. Il lavoro di Alan Wilder sul nuovo suono è decisivo.
7. Stripped
Il primo singolo tratto da Black Celebration è la celebre Stripped, che è il brano che i Depeche Mode portarono per la prima volta a Sanremo, nel 1986. Caratterizzato dai sintetizzatori, molti dei quali analogici, e da un suono ossessivo e ricorrente di tastiere, che crea un’atmosfera claustrofobica, sensuale e malata. A creare l’atmosfera contribuisce anche il videoclip, girato in una discarica di automobili fuori gli Hansa Studios di Berlino.
8. A Question Of Lust
A Question Of Lust è il secondo singolo tratto da Black Celebration, ed è probabilmente il capolavoro dell’album, e anche una delle più belle canzoni in assoluto dei Depeche Mode. Vive del contrasto tra la batteria pesante che introduce il brano e la dolcezza della voce di Martin Gore, che detta la linea melodica, sinuosa e avvolgente. Una canzone d’amore e di desiderio. Un capolavoro.
9. A Question Of Time
Il terzo singolo da Black Celebration è A Question Of Time, diventata in breve tempo un altro classico della band. Ritmata e trascinante, è basata su un riff irresistibile, che è quello di una chitarra elettrica campionata. E che avvicina la band al rock, cosa che vedremo sempre di più in futuro. Ma è una canzone intensa anche per il suo testo, che parla di pedofilia. “Beh, ora hai solo 15 anni / e sei attraente / mi prenderò cura di te / qualcuno dovrebbe / loro hanno modi persuasivi / e finirai per credere a ciò che dicono”. Ma A Question Of Time è una svolta anche nel mondo visivo dei Depeche Mode perché a firmare il video della canzone è, per la prima volta, Anton Corbijn, che sarebbe diventato decisivo per fissare definitivamente l’immagine della band dell’immaginario collettivo. Girato a Los Angeles, ovviamente in bianco e nero, vede un motociclista che porta un neonato abbandonato a bordo di un sidecar.
10. Strangelove
La nuova strada dei Depeche Mode continua con l’album successivo, Music For The Masses. La musica dei Depeche è ancora dark, ma diventa ancora più potente, intensa. Music For The Masses (l’idea del titolo è di Martin Gore che, in un negozio, vide un disco dal titolo Music For The Millions) porterà la band a un successo mondiale che li farà riempire gli stadi come vere rockstar (il concerto davanti a 60mila persone al Rose Bowl di Pasadena è documentato dal film e dal disco 101). Il primo singolo da questo album è la sensuale e geometrica Strangelove, entrata nell’immaginario collettivo grazie a un indimenticabile video di Corbijn girato a Parigi in Super 8 in bianco e nero. È un video straniante, in cui alcune sequenze sono girate e poi montate al contrario. La band appare sempre muta, tranne per il ritornello cantato da Dave Gahan.
11. Never Let Me Down Again
Never Let Me Down Again è il singolo più potente del disco, e uno dei più potenti della carriera dei Depeche Mode, Secondo estratto da Music For The Masses, avvicina ancora una volta la band al rock. La batteria, infatti, è ispirata ai pattern dei Led Zeppelin, e la chitarra di Martin Gore si fa dura e rabbiosa per tirare fuori un riff indimenticabile. Come sono indimenticabili quei primi versi, “I’m taking a ride with my best friends”, che sembrano alludere all’uso di droghe e all’euforia che provocano. Never Let Me Down Again diventa subito il cavallo di battaglia assoluto dei Depeche Mode dal vivo. È un momento topico di ogni concerto, quello in cui Dave Gahan alza le braccia al cielo e le agita a destra e sinistra, guidando un pubblico in delirio. Decine di migliaia di braccia che ondeggiano danno così l’impressione di un campo di grano scosso dal vento. Se siete stati a un loro concerto sapete di cosa stiamo parlando.
12. Personal Jesus
La natura rock e blues dei Depeche Mode sarebbe venuta fuori con l’album seguente, Violator, il loro capolavoro assoluto, quello in cui la band riuscì a mettere insieme techno-pop, dance e techno, ma con un nuovo piglio rock. Personal Jesus è uno dei brani simbolo di Violator: una chitarra blues e una ritmica potente e tribale per un brano che sarebbe entrato nella storia, tanto da risultare perfetto, molti anni dopo, anche interpretato da un mostro sacro della musica come Johnny Cash. La canzone è stata registrata a Milano, ai Logic Studios dei fratelli La Bionda, dove quel suono unico delle percussioni di Personal Jesus è stato creato sbattendo forte i piedi con degli scarponi sulla tromba delle scale. Il suono è stato campionato ed è stato usato come una drum machine.
13. Enjoy The Silence
Enjoy The Silence è il più grande successo dei Depeche Mode, uno dei brani simbolo della band. Un inno alla quiete e al silenzio, ad evitare le parole di troppo, quelle che non sono necessarie e possono solo fare male. Enjoy The Silence era nata come una ballata lenta e malinconica, ma Alan Wilder suggerì di trasformarla in un pezzo up-tempo, con una ritmica pulsante. Aveva capito che era una potenziale hit: e infatti è diventata il loro singolo più venduto di sempre. Il video di Enjoy The Silence, un omaggio a Il piccolo principe, vede il frontman Dave Gahan vestito da re mentre, munito di sedia a sdraio, gira in posti isolati per godersi il silenzio, dalle Alpi svizzere, a Balmoral, in Inghilterra, al Portogallo. Le immagini, a colori, sono sgranate: è il marchio di fabbrica di Anton Corbijn, sempre più artefice dell’immagine della band.
14. World In My Eyes
Violator si apre con World In My Eyes, una dichiarazione d’intenti, un invito ad entrare nel loro mondo, a vederlo con i loro occhi. Tecnologica, visionaria, ipnotica, avvolgente, World in My Eyes è la canzone preferita di Violator del compianto Andrew Fletcher, una di quelle canzoni in cui, in studio, ogni tassello va magicamente a posto. Secondo Martin Gore World In My Eyes è una canzone “che dice che l’amore, il sesso e il piacere sono cose positive”.
15. I Feel You
Già in Music For The Masses e Violator le chitarre erano entrate nel suono dei Depeche Mode. Ma è con Songs Of Faith And Devotion, l’album con cui i Depeche Mode hanno continuato la loro evoluzione, che l’effetto è deflagrante. Siamo nel 1993, l’epoca del grunge, e i Depeche Mode rientrano in scena con un riff devastante. È quello di I Feel You, che porta avanti il discorso iniziato con Personal Jesus e sposta la band verso l’alternative rock. Alan Wilder si cimenta addirittura alla batteria, e i DM non sfigurano accanto alle band dell’Olimpo del rock. Il resto lo fa l’interpretazione di Dave Gahan, con un nuovo look, capelli lunghi e barba, che fa sua una canzone piena di desiderio e di sensualità. Rappresentata, ancora una volta, alla perfezione dal video di Anton Corbijn, in bianco e nero, con l’attrice inglese Lysette Anthony.
16. Walking In My Shoes
Così come è indelebile il video di Walking In My Shoes, firmato sempre Corbijn, e ispirato all’Inferno della Divina Commedia di Dante e al Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch. Immagini tetre, inquietanti, e perfette per raccontare la storia di un uomo che è consapevole di essere un peccatore, cioè di essere umano. Un uomo che invita gli altri a “mettersi nei suoi panni”, prima di giudicarlo. Il brano vive su una batteria pesante e delle profonde note di pianoforte che dettano la linea della canzone.
17. In Your Room
Dopo Condemnation, il terzo singolo, un vero e proprio brano gospel, che ancora una volta sposta più in alto l’asticella della musica dei Depeche Mode, il quarto singolo è In Your Room, uno di quei brani ipnotici, ossessivi e sensuali che nessuno sa fare come i DM. In Your Room mescola dance e rock, raccontando la storia di una dipendenza amorosa e sessuale. Il singolo che è uscito, che è anche la versione suonata live dal 1998 in poi, è lo Zephyr mix, curato da Butch Vig dei Garbage. Arrivati all’apice del successo, durante il tour che seguì Songs Of Faith And Devotion, i Depeche Mode crollarono tra dissidi interni, depressioni e dipendenze. Dave Gahan sarebbe arrivato sull’orlo della morte per un’overdose di eroina, poi per un tentato suicidio. E, ancora, per un’overdose di speedball. Che lo portò a una morte clinica per tre minuti prima di essere ancora una volta miracolosamente rianimato.
18. Useless
Arrivati sull’orlo dell’abisso, i Depeche Mode, contro ogni pronostico, iniziarono a risalire. Alan Wilder abbandonò il gruppo. Ma Dave Gahan, il sopravvissuto, Martin Gore, il genio, e Andrew Fletcher, il collante della band, ricominciarono. Ultra, del 1997, prodotto da Tim Simenon (noto anche come Bomb The Bass) è il disco della rinascita. È un album che riesce miracolosamente a unire i Depeche Mode techno-pop, quelli rock e ad essere anche perfettamente centrato nella scena elettronica e industrial di metà anni Novanta. È un disco di grandi canzoni. Useless, quarto singolo estratto, è una di quelle che racchiude tutte le influenze dell’album. Ossessiva e insinuante, vive di un testo che, dopo quello che hanno vissuto Gahan e gli altri, non può non commuovere. “Tutti i miei inutili avvertimenti / Tutto il mio girare intorno / Tutto il tuo ridimensionamento / Tutto il mio tirarti giù”.
19. Home
Ma il capolavoro dell’album, e uno dei capolavori di tutta la carriera dei Depeche Mode, è Home, cantata, con tutta l’anima, da Martin Gore. Su un beat elettronico insinuante, una base fatta di violini e un lancinante assolo finale di chitarra, Martin Gore canta un’appassionata canzone d’amore, in cui ringrazia la persona amata di farlo sentire a casa. “E ti ringrazio / Per avermi portato qui / Per avermi mostrato casa / Per aver cantato queste lacrime / Finalmente ho scoperto/ Che io appartengo qui”. Se la vita dei Depeche Mode fosse un film, questa sarebbe la canzone della scena finale, quella che ricompone tutto. Da lì, la strada dei DM è stata in discesa, tranquilla. Hanno portato avanti altri 25 anni di carriera con tante grandi canzoni.
20. Ghosts Again
Ma c’è stata ancora una scena molto triste. Lo scorso maggio è scomparso Andrew Fletcher. E i Depeche Mode ora sono tornati con un nuovo album, Memento Mori, registrato in gran parte con lui, ma che, senza “Fletch”, acquista un senso tutto nuovo. Ghosts Again è il primo singolo tratto dal nuovo album, che ha un suono allo stesso tempo vintage ma moderno, sereno e drammatico, che li avvicina a certe canzoni del passato, come Precious, e a un’altra band elettronica come i New Order. “Ghosts Again cattura perfettamente quell’equilibrio che esiste tra malinconia e gioia” ha detto Dave Gahan. “Non capita spesso che ci ritroviamo a registrare un brano che poi non mi viene a noia quando lo ascolto” ha aggiunto Martin Gore. “Sono eccitato all’idea di poterlo condividere con tutti”. Il brano è corredato da uno splendido video di Anton Corbijn che gioca con la vita e la morte e il famoso film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. “Significati infranti / Il tempo è fugace / Guarda cosa porta / Saluti, addii, mille notti di mezza notte / Persi in ninne nanne insonni / Il cielo sta sognando / Pensieri senza pensieri, amici miei / Sappiamo che saremo di nuovo fantasmi”.