“Before Elvis, there was nothing” diceva John Lennon. Ed è vero. Elvis Aaron Presley è stata l’esplosione primigenia del rock e del pop, della nostra cultura moderna, quella da cui è nato tutto. Elvis, The King, rivive ora nel film Elvis di Baz Luhrmann, presentato all’ultimo Festival di Cannes e in arrivo nelle sale italiane il 22 giugno. Il Re del Rock è nato a Tupelo e cresciuto a Memphis, uno dei luoghi chiave della storia della musica: era un crocevia di culture, ed Elvis ha ascoltato e assimilato la musica nera per riproporla ai bianchi. Ha preso dei suoni che venivano dalla musica sacra e ci ha messo il sesso. Senza Elvis non ci sarebbe stato John Lennon, che aspettava avido l’arrivo a Liverpool delle navi dall’America con le canzoni del rock’n’roll, e non ci sarebbero stati i Beatles. Non ci sarebbe stato David Bowie, non ci sarebbe stato, da noi, Adriano Celentano. Non ci sarebbe stato niente, non ci sarebbe stato il mondo che conosciamo.
Elvis è stato il ragazzo che, con la maglia a righe orizzontali, cantava Jailhouse Rock, lo stato nascente, l’energia, il roteare del bacino a evocare il sesso in un’epoca in cui non se ne poteva parlare. È stato la Germania e il servizio militare, nel 1958, un’altra storia da raccontare a uso e consumo del pubblico, e il peccaminoso “the pelvis” che diventa l’americano modello. E poi la California e l’Elvis attore: da Re incontrastato del rock diventa, per una decina d’anni, la star di una serie di film mediocri. Nel ’68 c’è il famoso Comeback Special: Elvis, in giubbotto e pantaloni di pelle nera, archetipo della rockstar moderna e definitiva, torna al rock in tv. Tutto il mondo lo vuole, ma lui va a Las Vegas, ancora una volta per soldi, consigliato dal manager/padrone, il Colonnello Tom Parker. È il 1969. È l’Elvis simulacro, simbolo della rockstar decaduta, con le tute bianche tempestate di lustrini, le lunghe basette, un Re fuori da ogni spazio e ogni tempo. Noia, droghe ed eccessi alimentari pian piano lo faranno diventare irriconoscibile. Fino alla morte nel 1977. Elvis aveva lasciato l’edificio. Stavolta per sempre.
Nel mondo di Baz Luhrmann, tutto diventa un melodramma e, allo stesso tempo, un musical sfrenato e sfarzoso, i lustrini e i fuochi d’artificio che nascondono le lacrime. Come in ogni film di Luhrmann, c’è un grande conflitto: la storia di Elvis Presley, interpretato da un Austin Butler somigliante e fremente, è vista attraverso la complicata relazione con il manager, il colonnello Tom Parker, interpretato da un Tom Hanks laido e lascivo, creato anche grazie al trucco prostetico. Doloroso e scintillante, Elvis Presley è la contraddizione degli Stati Uniti d’America. Ma rimane “il più grande spettacolo al mondo”.
Eccovi allora le più famose canzoni di Elvis Presley, quelle che hanno fatto del ragazzo di Memphis l’indiscusso re del rock.
1. Hound Dog
Hound Dog è uno dei brani simbolo di Elvis, del primo Elvis. È stato registrato nel 1956 e ha raggiunto la prima posizione delle classifiche americane, restandoci per 11 settimane. In origine era una canzone blues, scritta nel 1953 da Jerry Leiber e Mike Stoller, e incisa nello stesso anno da Willie Mae “Big Mama” Thornton. Solo nel 1953 fu incisa da cinque diversi artisti country. Dal blues al rock’n’roll, è un perfetto esempio di quello che fece Elvis Presley: prendere la musica nera e portarla ai bianchi, e a tutto il mondo. Fu reincisa da Jimi Hendrix, John Lennon, Gene Vincent, Eric Clapton e i Rolling Stones. Ed è apparsa in molti film, come American Graffiti, Grease, Forrest Gump, Lilo & Stitch e Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. In particolare, è bellissima la scena di Forrest Gump in cui Elvis incontra un giovanissimo Forrest e, vedendo come muove le gambe a causa di un sistema correttivo, impara da lui il suo famoso movimento. Nel video vediamo Elvis cantare Hound Dog nella famosa esibizione all’Ed Sullivan Show.
2. Blue Suede Shoes
Blue Suede Shoes è una delle canzoni che fanno pensare immediatamente a Elvis Presley. Elvis registrò nel 1956 la sua versione della canzone di Carl Perkins del 1955, una canzone considerata puro rockabilly con elementi di blues, country e pop. Ma a dare il via al brano fu un certo Johnny Cash, proprio il man in black, mentre era in tour con Perkins e lo stesso Elvis. Raccontò di aver conosciuto un aviatore di colore mentre era in servizio in Germania, che chiamava le sue scarpe di servizio “le mie scarpe di camoscio blu”. Una sera Perkins vide una coppia che ballava: il ragazzo disse alla ragazza “don’t step on my suedes”, “non calpestare le mie scarpe di camoscio”. Era nata la canzone. Elvis registrò la sua trascinante versione e ne fece un singolo, con la sua cover di Tuttifrutti di Little Richard sul lato B. “Well, it’s one for the money two for the show, Three to get ready now go, cat, go” è uno degli attacchi più famosi della storia del rock’n’roll. Sfidiamo chiunque a restare fermo ascoltandolo. (Qui trovate la versione del Comeback Special del ’68)
3. Heartbreak Hotel
Heartbreak Hotel è un altro grande successo di Elvis del 1956: è stato scritto da Mae Axton e Tommy Durden e cantato all’Ed Sullivan Show durante le sue celebri apparizioni nel programma. La canzone, all’epoca, destò qualche dubbio perché parla di un suicidio: la storia di un ragazzo che, prima di togliersi la vita, aveva lasciato un biglietto con la scritta “I walk a lonely street”, “cammino in una strada solitaria”, aveva dato lo spunto agli autori, che la scrissero in mezz’ora. Heartbreak Hotel fu la prima canzone registrata da Elvis per la RCA: il Re arrivò in studio senza aver sottoposto la canzone all’approvazione dei loro piani alti. La cantò con tale convinzione da togliere qualsiasi dubbio ai presenti, anche se qualcun altro, alla RCA, rimase senza fiato perché non somigliava a niente di quello che Elvis aveva registrato per la Sun Records. Ma Elvis sarebbe stato questo: avrebbe spiazzato continuamente tutti. Anche questa canzone ha uno di quegli attacchi che ti stendono. “Well, since my baby left me, Well, I found a new place to dwell”. Rock’n’roll e blues si fondono in una canzone che è stata interpretata, tra gli altri, da Willie Nelson, Lynyrd Skynyrd, John Cale… Mina, e i Guns’n’Roses!
4. Love Me Tender
Ma quel ragazzo scatenato che faceva ribollire tutte le ragazze dalla tv dell’Ed Sullivan Show era in grado anche di cantare magnifiche ballate. Già nel 1956, allo show televisivo, portava Love Me Tender, diventata ben presto un suo grande classico. La canzone prende la melodia da un brano tradizionale, Aura Lee, una ballata nata ai tempi della Guerra di Secessione scritta da George R. Poulton e W.W. Fosdick. Elvis eseguì Love Me Tender durante l’Ed Sullivan Show il 9 settembre 1956: un mese dopo, sarebbe uscito l’omonimo film, per il quale la canzone era stata registrata. Il giorno dopo l’esibizione in tv, la RCA ricevette 1 milione di prenotazioni per il singolo, che così diventò disco d’oro prima di uscire. Il film doveva intitolarsi The Reno Brothers, ma la 20th Century Fox decise di chiamare il film Love Me Tender, visto il successo del brano. Ma c’è un altro film a cui Love Me Tender è legata in maniera indelebile: è Cuore selvaggio di David Lynch, ed è la canzone che chiude il film, il momento in cui Sailor (Nicholas Cage) la canta a Lula (Laura Dern), dichiarandole definitivamente il suo amore. Sentire arrivare Love Me Tender, quella dolcezza dopo un film infuocato e violento, è come la pioggia che arriva sul fuoco.
5. Jailhouse Rock
Un’altra canzone eponima ed iconica del repertorio di Elvis Presley, in arrivo da quei ricchissimi primi anni di carriera, è Jailhouse Rock. È del 1957, e anche questa canzone arriva da un film, che si chiama proprio Jailhouse Rock (il titolo italiano è Il delinquente del rock’n’roll). Scritta da Jeffrey Leiber e Mike Stoller, è diventata, fin da subito, una delle più famose canzoni del suo repertorio, regalandoci uno dei suoi primi look iconici, come quello che vediamo nel video della canzone: pantaloni neri, giubbetto nero e la famosissima maglia a righe bianche e nere orizzontali, che rimanda alla divisa di un carcerato. Come tutti i primi brani di Elvis, l’attacco è inconfondibile, con due accordi sferzanti di chitarra e quelle parole che si piantano in testa come un mantra. “The warden threw a party in the county jail. The prison band was there, and they began to wail”. Ma, come tante delle canzoni di Elvis, Jailhouse Rock ha avuto una vita lunghissima, oltre quel 1957. L’hanno reinterpretata i Quarrymen, che sarebbero diventati i Beatles, già dal 1958. Ma anche i Queen la suonavano spesso, in un medley di vecchie canzoni rock’n’roll e per aprire i concerti del Crazy Tour e del The Game Tour nel 1979 e nel 1980. L’hanno suonata i Motley Crue e gli ZZ Top, ed è apparsa in film come Casper, Lilo & Stitch, in una puntata de I Simpson. Ma, soprattutto, è la canzone che chiude The Blues Brothers. (Qui trovate la versione del Comeback Special del ’68).
6. Can’t Help Falling In Love
Ve lo racconta Elvis di Baz Luhrmann, ve lo abbiamo raccontato noi. Gli anni Sessanta di Elvis Presley, dopo il servizio militare in Germania e prima del Comeback Special, sono stati gli anni di Hollywood, dei film insulsi. Un periodo di declino per Elvis. Eppure, anche in questo momento minore, riuscivano a fiorire bellissime canzoni. Una di queste, diventata un brano immortale, è Can’t Help Falling in Love, scritto da George Weiss, Hugo Peretti e Luigi Creatore, basata su un’antica canzone del XVIII secolo, Plaisir d’amour. Can’t Help Falling In Love ha una storia particolare: è stata incisa per la colonna sonora del film Blue Hawaii, con protagonista Elvis Presley, nel 1961, per uscire nel 1962. La canzone diventò subito un classico e, durante le esibizioni di fine anni Sessanta e durante tutti gli anni Settanta, Can’t Help Falling In Love diventò la tipica conclusione di ogni spettacolo di Presley: fu eseguita durante lo speciale TV della NBC nel 1968, durante i quattro concerti da lui tenuti al Madison Square Garden nel 1972 e alla fine del concerto Aloha from Hawaii del 1973. È quest’ultima la versione che abbiamo scelto di farvi vedere. Nel film Elvis, è uno dei momenti chiave dell’Elvis di Las Vegas. (Qui invece trovate la versione del Comeback Special). La canzone ha avuto molte versioni, tra le quali ricordiamo quella reggae degli UB 40, colonna sonora del film Sliver, e la struggente versione degli U2, con una parte cantata in falsetto da Bono, che chiudeva i concerti dello Zoo Tv Tour, proprio per raccontare il lato decadente dell’essere una rockstar.
7. In The Ghetto
Nel 1968, c’era stato il famoso Comeback Special, uno show televisivo della NBC che aveva rilanciato Elvis Presley in un aggressivo completo di pelle nera, come grande cantante e Re del Rock, dopo un decennio passato a girare film con poca convinzione. Doveva essere uno stucchevole special natalizio, invece Elvis diede fuoco alle polveri e stordì tutti. L’entusiasmo gli fece giurare che non avrebbe più cantato canzoni in cui non credeva e, così, nacque quello che è forse il suo miglior disco, From Elvis in Memphis, un album di canzoni country soul e blues, ma alla maniera di Elvis. Il disco si chiude con In The Ghetto (che chiude anche il film Elvis di Baz Luhrmann). È una sorta di canzone di protesta, che risentiva delle tensioni razziali dell’epoca e dell’assassinio di Martin Luther King. Elvis la canta con un trasporto unico, su una melodia in cui le parole si rincorrono in modo magico, avvolto dal suono dei violini. Scritta da Mac Davis, racconta la storia di un ragazzo di colore del ghetto di Chicago, il cui destino è segnato. In tanti, visto il tema, consigliarono a Elvis di non inciderla, ma i dubbi sparirono non appena sentirono la sua voce, piena di compassione. La canzone, negli anni, è stata reincisa, tra gli altri, da Barry White, Nick Cave and the Bad Seeds e i Cranberries.
8. Suspicious Minds
Del fortunato periodo dopo il Comeback Special del 1968 fa parte anche Suspicious Minds, una canzone scritta nel 1968 da Mark James (alias Francis Zambon) e registrata da Presley nel 1969. È un’altra delle grandi canzoni che rilanciarono la sua carriera dopo il famoso speciale televisivo e il suo ritorno al rock. Suspicious Minds, una delle canzoni più belle e famose di Elvis Presley, ha un classico suono degli anni Sessanta e racconta la storia di un amore che non riesce a crescere perché i due sono presi da troppi sospetti. Suspicious Minds vive di un crescendo che Presley sul palco rendeva con tutto se stesso, con la voce e con il suo corpo. Qui sopra vediamo proprio una delle esibizioni più trascinanti, del 1970, a Las Vegas, quando l’entusiasmo di Elvis era ancora al massimo. È proprio questa esibizione che viene ripresa, in maniera incredibile, nel film Elvis di Baz Luhrmann. Guardatela, e poi guardate il film. La canzone, che troviamo nei film All’ultimo respiro, Black Hawk Down e Prima ti sposo, poi ti rovino, è stata l’ultimo numero 1 nella classifica americana di Elvis. È stare reinterpretata da Ben E. King, Fine Young Cannibals, Bruce Springsteen e Gianni Morandi.
9. Always On My Mind
Always On My Mind è un’altra delle ballate struggenti di Elvis Presley. È stata scritta da Mark James, Wayne Carson e Johnny Christopher, e incisa nel 1972. Si dice che la canzone nacque dopo una discussione al telefono tra Carson e sua moglie, in cui lui le diceva “sei sempre nella mia mente”. Ma c’è un momento, nella vita di Elvis, che la rende qualcosa di magico. Dopo il divorzio tra Presley e la moglie Priscilla, lei si recò un’ultima volta a Las Vegas per assistere ad un concerto di Elvis. E lui, rivolgendosi a Priscilla, colse la sua attenzione con uno sguardo e, grazie al labiale, le fece capire: “Questa è dedicata a te”. La canzone ha avuto altre due versioni di grande successo: una di Willie Nelson, nel 1982, e una, technopop, dei Pet Shop Boys, nel 1987, nata per uno speciale tv su Elvis e diventata poi un singolo e un successo clamoroso.
10. Unchained Melody
La chiusura avviene proprio sull’onda emotiva del film Elvis di Baz Luhrman. Perché Unchained Melody, la canzone scritta da Alex North e Hy Zaret non è solitamente annoverata tra le grandi canzoni di Elvis Presely, ed è piuttosto fissata nell’immaginario collettivo nella versione dei Righteous Brothers, quella, per capirci, che sentiamo nel film Ghost. Ma, quando avrete visto il film, non potrete non andarvi a rivedere queste immagini. Sono le ultime di Elvis poco prima della sua scomparsa, e sono commoventi. Elvis è stanco, è appesantito, non è più lui. Eppure è sul palco, ancora, a donarsi al proprio pubblico. Tutto questo, nel racconto di Luhrmann, servirà al colonnello Tom Parker per dire. “Non sono stato io a uccidere Elvis. È stato l’amore. Il suo amore per voi, per il pubblico”. Commovente, come le immagini che vediamo. Elvis has left the building.
11. Burning Love
Burning Love è una delle canzoni che ha permesso a Elvis Presley di scalare le classifiche musicali, rimarcando come ancora una volta il re del rock fosse degno di tale nome. La canzone del 1972 scritta da Dennis Linde è stata originariamente registrata dall’artista country soul Arthur Alexander, che la incluse nel suo album autointitolato. Ma il successo della canzone è arrivato però con il tocco di Elvis Presley, che ottenne un enorme successo con questo brano, tale da renderlo il suo più grande singolo di successo negli Stati Uniti dopo Suspicious Minds e il suo ultimo successo nella Top 10 della Hot 100 americana o delle classifiche pop. Fu anche la sua ultima vera canzone rock, dato che la maggior parte delle sue uscite successive erano ballate. The Residents & Laurie Amat hanno registrato poi una cover della canzone per il loro album tributo a Elvis intitolato The King & Eye.
12. If I Can Dream
Con If I Can Dream Elvis Presley decide di mettersi finalmente in gioco. La canzone scritta da Walter Earl Brown tratta in modo esplicito temi sociali con riferimento a Martin Luther King e al suo discorso sull’uguaglianza razziale, dove per l’appunto il leader per i diritti civili dichiarava “I have a dream…”. Così che Elvis artista decide di prendere una posizione e cantare If I Can Dream nel suo comeback special andato in onda nel novembre 1968. Solo due mesi dopo l’assassinio di Martin Luther King Jr., Elvis Presley entrò nello studio Western Recorders e preparò questo commovente tributo all’eroe dei diritti civili. Era l’emozionante culmine del suo ritorno speciale e lo cantò con incredibile passione. La canzone raggiunse il numero 12 della Hot 100 e oggi molti la considerano una delle più grandi performance vocali della sua carriera. La canzone ha un grandissimo impatto emotivo per la carriera del cantante rock e per tale motivo rappresenta un punto focale del lungometraggio di Baz Luhrman. Dopo aver visto Elvis è impossibile dimenticarla come se nulla fosse, il film infatti è stato proprio la chiave per la fama del brano per il pubblico che fino a quel momento non aveva mai sognato sulle note di If I Can Dream.
13. A Little Less Conversation
Presley eseguì originariamente questo brano allegro per il suo film Live a Little, Love a Little, ma all’epoca fu solo un piccolo successo. Una registrazione successiva di Presley è stata remixata nel 2002 dal musicista olandese Junkie XL ed è diventata un successo internazionale. Come remix di una successiva ri-registrazione della canzone da parte di Presley ha presto raggiunto un successo mondiale, scalando la vetta delle classifiche dei singoli in nove paesi e ottenendo certificazioni in dieci paesi nel 2003. La canzone è entrata a far parte della cultura popolare, essendo stata utilizzata in spot e programmi televisivi, film e campagne politiche.
14. It’s Now or Never
Durante il suo periodo nell’esercito, Presley avrebbe ascoltato There’s No Tomorrow di Tony Martin, basata sulla canzone italiana O Sole mio, ispirato a creare una propria versione di questa bellissima melodia. Il brano fu scritto con un nuovo testo e It’s Now or Never fu incluso nel suo primo album dopo il periodo di servizio nell’esercito. Questa hit numero uno divenne il suo singolo più venduto in tutto il mondo e attualmente è uno dei singoli più venduti di tutti i tempi. Anche se non rientra nella top 15 delle canzoni di Elvis più ascoltate su Spotify, It’s Now or Never raggiunse il n. 1 della Billboard Hot 100 nel 1960. Fu una delle tante canzoni di successo scritte per Elvis da Aaron Schroeder, un autore che scrisse anche per Perry Como, Frank Sinatra e Barry White.
15. Stuck on You
Dopo il periodo trascorso nell’esercito degli Stati Uniti nel 1958, Elvis completò un periodo di servizio prima di tornare alla sua amata Graceland e pubblicare Stuck on You. La canzone raggiunse rapidamente il numero 1 della classifica dei singoli Billboard Hot 100 e vi rimase per quattro settimane. La canzone è stata scritta da Aaron Schroeder e J. Leslie McFarland e pubblicata da Gladys Music, la casa editrice di Elvis Presley. Anche se questo brano non ha mai scalato le vette delle classifiche, è ancora una delle sue canzoni più ascoltate su Spotify. È stata presentata a un pubblico completamente nuovo (i bambini di nuova generazione) nel film Disney del 2002, Lilo e Stitch.