Esistono opere d’arte che hanno la capacità di incantare intere generazioni con la loro bellezza, indipendentemente dai contesti storici, culturali o geografici. Sono capolavori entrati così profondamente nell’immaginario collettivo da essere usati o parodiati da pubblicità, cinema e moda, fissandosi nella nostra memoria pur non avendole mai viste dal vivo o non sapendo nulla sull’artista che li ha realizzati. Artista che istintivamente immaginiamo come un pittore, non come uno sculture, un attore o un musicista, perché seppur le forme d’arte siano molteplici e diverse tra loro, nel corso dei secoli solo la pittura è riuscita a rivendicare una fama e riconoscimento tale che oggi, quando qualcuno ci dice di essere un artista lo immaginiamo prima di tutto con un pennello in mano. Non sappiamo esattamente per quale motivo, forse perché come forma d’arte esiste da più di 30.000 anni (ce lo testimoniano le prime pitture rupestri delle grotte di Lascaux e Altamira), sta di fatto che le opere d’arte più famose e cercate sul web, in tutto il mondo, sono proprio dei dipinti. Il ché ci porta a questo articolo: le opere d’arte più famose al mondo, quelle che tutti abbiamo visto almeno una volta anche se non ricordiamo dove.
1. La nascita di Venere, Sandro Botticelli
Una delle creazioni più elevate del pittore fiorentino Sandro Botticelli, nonché un’ode alla famiglia che ne commissionò la realizzazione: quando Venere arrivò a Firenze, per volere dei Medici, cominciò il regno della bellezza. Alberi di arancio, considerati un emblema mediceo per l’assonanza fra il nome della famiglia e quello con cui le piante erano note (mala medica), fanno da sfondo alla figura di una Venere pudica e che si copre le nudità con i suoi lunghi capelli biondi. Più che la nascita, il momento rappresentato da Botticelli è l’approdo sull’isola di Cipro della dea, nata dalla spuma del mare e sospinta dai venti Zefiro ed Aura. Venere è in piedi sulla conchiglia, pura e perfetta come una perla, quando una giovane donna (una delle tre Grazie o la personificazione dell’Ora della Primavera) l’accoglie e le porge un manto cosparso di fiori. Per quanto riguarda la posa della dea, Botticelli trasse probabilmente ispirazione dalla scultura di epoca classica già nota in quel periodo e posseduta dalla stessa famiglia (la Venere de’ Medici). Oggi possiamo ammirare entrambe le opere, la scultura e il dipinto, nella maestosa Galleria degli Uffizi a Firenze.
2. La Gioconda, Leonardo da Vinci
L’opera più famosa di Leonardo da Vinci e probabilmente dell’arte in generale. Tutti conoscono il volto di Lisa Gherardini, moglie del nobile mercante Francesco del Giocondo, grazie soprattutto alle innumerevoli repliche, parodie e citazioni che abbiamo già esaminato dettagliatamente in un altro articolo (La Gioconda da Leonardo ad Elio: le migliori riproduzioni). Quando la realizzò nel 1503 Leonardo era già nel pieno della sua maturità artistica e, avendola portata con sé in Francia, catturò l’interesse del re Francesco I. Attirato da quel sorriso impercettibile, che tanto ha ispirato critici e scrittori nei secoli, il re la acquistò e rese ufficialmente parte della collezione reale. Successivamente venne trasferita nella Reggia di Versailles per volere di Luigi XIV (1643-1715) e solo dopo la rivoluzione francese (1789) arrivò nel Museo del Louvre dove è tuttora conservata. Ancora oggi attira milioni di turisti spasmodici e curiosi di vederla, spesso dimentichi di tutti gli altri capolavori circostanti ma troppo curiosi di scoprire il Codice da Vinci.
4. La creazione d’Adamo, Michelangelo Buonarroti
Michelangelo Buonarroti fu un’icona già del Rinascimento, tanto che Papa Giulio II commissionò proprio a lui la decorazione della Cappella Sistina. Con affreschi estesi per ben 680 metri quadrati, la sua fu una vera e propria impresa titanica, soprattutto se si pensa che era solo il 1511 quando cominciò a lavorarci. Sulla volta decise di rappresentare le storie dell’antico testamento, dal libro della Genesi al diluvio universale, ponendo al centro quella che sarebbe diventata la scena più famosa dell’intero apparato decorativo: la creazione del primo uomo. Un Dio Creatore, possente e maturo che vola sostenuto dai suoi angeli, e Adamo, uomo giovane ed atletico qui ritratto nell’atteggiamento di chi si sta svegliando. Le loro anatomie sono molto simili perché Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Le loro mani, che si avvicinano senza mai toccarsi, sono diventate l’elemento più iconico di tutto il ciclo pittorico facendo alzare la testa ai milioni di turisti che ogni anno si recano a Roma, nei Musei Vaticani.
3. La scuola di Atene, Raffaello Sanzio
Un’altra figura che ha contribuito a creare il mito del “sogno italiano”, nel Rinascimento e non solo, è quella di Raffaello Sanzio. L’artista urbinate lavorò in Vaticano nello stesso periodo di Michelangelo, al quale era legato da un legame di sana competizione che li portò spesso a scontrarsi. Infatti, lo stesso pontefice che commissionò al Buonarroti la decorazione della Cappella Sistina, commissionò a Raffaello quella di alcune stanze che oggi possiamo tranquillamente visitare negli stessi Musei Vaticani. La prima a cui lavorò è la Stanza della Segnatura, luogo in cui si riuniva il più alto tribunale della Santa Sede (Signatura Gratiae et Iustitiae) e per il quale elaborò un soggetto che rappresentasse la ricerca razionale. Con la rappresentazione delle sette arti liberali (grammatica, aritmetica, musica, geometria, astronomia, retorica e dialettica) nacque l’idea della Scuola di Atene, un affresco tra i più celebri in cui filosofi e matematici dell’antichità sono ritratti mentre dialogano tra loro.
5. La ragazza con l’orecchino di perla, Jan Vermeer
La ragazza con l’orecchino di perla è una delle opere più famose del pittore Jan Vermeer, così famosa da essere stata addirittura ribattezzata come la “Gioconda olandese”. Ritratto di una giovane donna di cui non conosciamo né nome, né la provenienza. Il suo comune abito giallo-verde, il curioso copricapo che sembra improvvisato, i tratti somatici e l’atteggiamento remissivo la farebbero sembrare una ragazza del popolo. L’orecchino, tuttavia, è un gioiello molto prezioso e non poteva che appartenere ad una dama aristocratica o dell’alta borghesia. Nel XVII secolo, infatti, venivano usate soltanto perle naturali e quelle così grandi erano tanto rare che solo i più ricchi potevano permettersele. Oltre all’identità della giovane modella non si conoscono neppure le circostanze della commissione o della realizzazione del dipinto e questo alone di mistero ha continuato ad ispirare artisti e scrittori che hanno realizzato opere come il romanzo di Tracy Chevalier (Girl with a Pearl Earing), da cui è stato tratto nel 2003 il film di Peter Webber interpretato da Scarlett Johansson e Colin Firth .
6. La grande onda di Kanagawa, Katsushika Hokusai
Tutti, ma proprio tutti, l’hanno vista almeno una volta su un libro, una rivista, in una pubblicità o anche tatuata sul corpo di qualcuno. Quando parliamo de La grande onda di Kanagawa ci riferiamo ad un’opera d’arte leggendaria, icona asiatica e popolarissima in tutto il mondo. La storia che ci vuole raccontare Hokusai è quella sempiterna della lotta tra uomo e natura: tre barche affrontano il mare burrascoso mentre la natura, ostile e potente, prende le sembianze di una gigantesca onda in procinto di divorare i coraggiosi pescatori. In lontananza, la grande onda lascia intravedere il Monte Fuji, simbolo del Giappone. Una xilografia in stile Ukiyo-e con diverse influenze occidentali, prime tra tutte l’utilizzo della prospettiva e del blu di Prussia, che la rendono di fatto un’opera ibrida, di contatto, tra oriente e occidente. Realizzata nel 1830 come parte integrante della serie di stampe “Trentasei vedute del Monte Fuji”, oggi ne esistono diverse copie di cui le meglio conservate si trovano nel Metropolitan Museum of Art di New York e nel British Museum di Londra.
7. La libertà che guida il popolo, Eugène Delacroix
La Libertà che guida il popolo, dipinto a olio dell’artista francese Eugène Delacroix, è forse il primo dipinto che viene in mente a chiunque si trovi a parlare di Romanticismo. Nonostante l’accoglienza fredda e critica dei suoi contemporanei, quest’opera è diventata non solo la più famosa dell’artista, ma anche il simbolo del Romanticismo pittorico e della Repubblica Francese, una sorta di fotografia allegorica della rivoluzione di Parigi nel 1830. Delacroix la completò in tre mesi e venne esposta per la prima volta al Salon del 1831, una mostra annuale di arte francese che si teneva al Louvre, dove l’opera è tuttora esposta. Nel dipinto vediamo una figura femminile seminuda dominare la composizione mentre esorta la folla di rivoluzionari determinati al suo seguito: è la personificazione della libertà, simbolo classico usato in tutta la storia dell’arte. Il suo vestito infatti si avvolge intorno al suo corpo in modo tale da ricordare le sculture eroiche greche come la Vittoria alata di Samotracia (circa 190 a.C.). Una libertà idealizzata, ma anche estremamente attuale grazie al berretto rosso frigio indossato dalla classe operaia e reso popolare durante la Rivoluzione francese; idealizzata, ma anche estremamente vicina al popolo comune con la sua pelle sudicia e i suoi presunti peli ascellari troppo umani per un ideale personificato.
8. Il Bacio, Francesco Hayez
Parlando ancora di Romanticismo, esiste un dipinto che è riuscito a diventare il simbolo stesso dell’amore romantico: è Il Bacio di Francesco Hayez, commissionato nel 1859 dal conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto, che alla propria morte lo lasciò in dotazione alla Pinacoteca dell’Accademia di Brera. Due giovani innamorati intenti a baciarsi con passione, nascosti in un angolo di un castello medievale, a giudicare dall’architettura retrostante e dai loro abiti. In verità, quello che potrebbe sembrare una celebrazione dell’amore nasconde ben altri significati: se ci si sofferma di più a osservare l’opera nei suoi dettagli si può notare che l’uomo ha un piede appoggiato sui gradini, come se fosse pronto ad andarsene e, più che un momento di passione rubato, questo sembra invece un bacio d’addio. Il pugnale che si intravede dal mantello del giovane è lì a dirci che la situazione attorno ai giovani non è delle più tranquille, così come l’ombra che emerge alla sinistra dell’opera. Quale che sia la sua identità non ci è dato saperlo, ma c’è chi ha persino sospettato che sia qualcuno che osserva in silenzio la scena aspettando il momento giusto per attaccare.
9. Impressione, levar del sole, Claude Monet
Il porto di Le Havre ritratto da Monet all’alba, nel momento in cui il sole inizia a filtrare attraverso la nebbia mattutina. Sullo sfondo delle navi appaiono come ombre scure, in primo piano spiccano delle barche di pescatori che stanno tornando dal giro notturno mentre il sole rimanda alcuni riflessi nell’acqua. Questo dipinto non solo è considerato tra i più famosi di sempre, ma anche manifesto di un movimento tra i più rivoluzionari, quello dell’Impressionismo, al quale diede addirittura il nome. Un esempio perfetto di come gli artisti di questo periodo indagassero la dimensione percettiva e non quella concettuale, sfruttando quanto avviene nella nostra retina e non ciò che si sviluppa nella nostra mente. Per questo Impressione levar del sole è, innanzitutto, una suggestiva composizione di luci, ottenuta attraverso l’adozione di una tavolozza molto semplice fatta di colori brillanti e puri stesi a piccole pennellate, non mescolati ma giustapposti: è infatti l’occhio di chi osserva da un’adeguata distanza a compiere la sintesi necessaria. Nel 1874 l’opera venne presentata al pubblico in occasione di una mostra collettiva tenutasi presso lo studio del fotografo Nadar a Parigi, città dove si trova tuttora ma nel Musée Marmottan Monet.
10. Notte Stellata, Vincent van Gogh
Il più delle volte che si cerca di fare un esempio artistico il primo nome che viene in mente è proprio quello di Vincent van Gogh. La sua opera più famosa è la Notte Stellata, dipinta nel 1889 dopo essere entrato volontariamente nella Maison de Santé di Saint-Paul-de-Mausole, un convento convertito in ospedale psichiatrico a Saint-Rémy-de-Provence, vicino ad Arles. Qui dipinse circa centocinquanta opere con la stessa tecnica pittorica che lo contraddistinse e che vediamo chiaramente nel cielo stellato: l’artista stendeva il colore con spessore minimo e a piccoli tocchi ravvicinati, lasciando volutamente piccoli spazi vuoti dai quali intravedere la trama della tela sottostante, così da simulare il tremolio delle stelle. Oggi il dipinto è conservato al MoMA (Museum of Modern Art) di New York, ma se è troppo lontano da raggiungere potreste provare a fare un giro tra il catalogo di Amazon Prime Video, scoprendo diversi film, documentari ed un meraviglioso episodio della serie Doctor Who (5×10) ispirati alla vita dell’artista.
11. L’urlo, Edvard Munch
Nel 1893 Munch passeggiava tranquillamente in un parco in compagnia di alcuni amici, ma ad un certo punto si trovò costretto a fermarsi colto da un improvviso momento di debolezza. Mentre i suoi amici procedevano nella camminata, l’artista riusciva a scorgere il fiordo in lontananza e vide che il tramonto circostante stava trasformando il cielo in lingue di fuoco. Proprio in quel momento, come racconta nei suoi diari, sentì nascere dentro di sé un urlo straziante. Un urlo sordo che nessuno riuscì a sentire, ma tanto forte da deformare l’ambiente circostante. Quando tornò a casa sentì il bisogno di raccontare tutto con la sua arte, realizzando diverse versioni dello stesso episodio. Quella più famosa, che tutti conosciamo, è conservata in Norvegia nella Nasjonalgalleriet (Galleria Nazionale) di Oslo. «Può essere stato dipinto solo da un pazzo» scrisse lo stesso Munch dietro una di queste copie, evidentemente sofferente della discriminazione subita per la sua salute mentale e per il fatto che le sue opere, nate per suscitare un’empatia partecipativa, raccolsero invece solo derisioni e critiche.
12. Il Bacio, Gustav Klimt
Due giovani intenti nel gesto semplice quanto forte di un bacio: l’uomo tiene tra le mani il volto di lei, pronta ad accogliere l’amato, sospesi insieme in quel luogo astratto in cui l’amore è solita trasportarci e di cui si riesce a distingue solamente il prato erboso e fiorito. L’opera è di Gustav Klimt, il più noto pittore della Secessione Viennese ed esponente dell’Art Nouveau. Lo capiamo dall’utilizzo dell’oro, suo tratto stilistico ricorrente e distintivo, scelto grazie all’influenza del padre (noto orafo del periodo) che spinse l’artista a sperimentare. A convincerlo fu però il viaggio che Klimt fece in Italia nel 1903, durante il quale si imbatté nei mosaici bizantini conservati nella città di Ravenna e dai quali rimase molto colpito. Nel 1907/8 realizzò quest’opera che oggi è ricordata come la più famosa dell’artista. Sin da subito ottenne un grande successo: dopo essere stata esposta alla Kunstschau di Vienna, ritenuta l’opera migliore dell’intera mostra, fu acquistata dalla Österreichische Galerie Belvedere dove è ancora conservata.
13. American Gothic, Grant Wood
Dopo La ragazza con l’orecchino di perla è la volta della “Gioconda americana”: American Gothic è infatti l’unica opera che oltreoceano può competere con la dama leonardesca per quanto riguarda la fama. Pluricitata in The Rocky Horror Picture Show, animata in Una notte al museo 2, personificata dagli avi di Mulan nel classico Disney del 1998, tutti gli statunitensi la conoscono anche senza averla mai vista dal vivo o conoscerne informazioni relative all’autore. Grant Wood l’ha realizzata nel 1930 raccontando in pochi tratti la vita quotidiana e anonima di una famiglia americana: una casa in legno in stile Carpenter Gothic che l’artista aveva visto attraversando la città di Eldon, nello stato americano dell’Iowa, fa da sfondo a un agricoltore sulla sessantina che regge un forcone con accanto a lui sua figlia, dal volto imbronciato. Il dipinto fu presentato in concorso al Chicago Art Institute e si aggiudicò solo il terzo posto, per poi essere venduto al museo dove si trova tutt’oggi.
14. La persistenza della memoria, Salvador Dalì
Il Museum of Modern Art (MoMA) di New York conserva orgogliosamente la prima apparizione dei famosi orologi molli, simboli tra i più amati di Dalí e del Ventesimo secolo. Nel 1931 Dalì dipinse il tempo che si scioglie abbandonando ogni pretesa di essere riferimento assoluto, strizzando l’occhio alle nuove teorie della relatività di Albert Einstein che per la prima volta metteva in discussione in termini scientifici una coordinata da sempre considerata inalterabile. Lo scienziato suggerì: «Sedete per due ore in compagnia di una bella ragazza e vi sembrerà sia passato un minuto. Ma sedetevi su una stufa rovente per un minuto e vi sembrerà che siano passate due ore. Questa è la relatività». E se il tempo non è affidabile nella realtà, figuriamoci quanto possa valere nella dimensione onirica, quella prediletta da Dalí e dal Surrealismo. Qui gli orologi si piegano e prendono la forma dell’oggetto su cui sono poggiati, proprio perché ogni cosa ha il suo tempo. Instabile e fuggevole, i nostri ricordi e la nostra memoria rischiano di essere l’unico modo di dare al tempo durevolezza e stabilità. Così, il concetto di persistenza diventa una beffa: le sensazioni date dal dipinto sono tutto tranne che garanzia di persistenza e solidità.
15. Guernica, Pablo Picasso
L’opera più amata dell’artista più famoso nel Novecento. Nell’articolo Pablo Picasso: le 20 opere più famose abbiamo già analizzato la sua produzione, tanto è fondamentale per lo sviluppo dell’arte contemporanea da meritare uno studio ravvicinato. Guernica però rientra anche in questa lista, essendo non solo è l’opera più famosa del maestro spagnolo, ma tra quelle del Novecento in generale. Realizzata nel 1937, Picasso racconta qui il bombardamento dell’omonima cittadina basca ad opera di un gruppo di volontari dell’aviazione tedesca a sostegno del dittatore spagnolo Francisco Franco. Un’operazione che uccise centinaia di civili, tra cui donne e bambini che si erano recati in centro nel giorno del mercato. Un massacro ingiustificato, puro atto intimidatorio, di cinica violenza che suscitò enorme sdegno presso l’opinione pubblica mondiale, che ancora non sapeva cosa aveva riservato la storia per gli anni successivi.
16. Autoritratto con collana di spine, Frida Kahlo
Frida Kahlo non è solo una pittrice, ma una vera e propria icona femminista. Il suo volto è sulle t-shirt di migliaia di ragazze, sulle tazze della colazione, sulle federe dei cuscini di tantissimi salotti in tutto il mondo. L’abbiamo vista persino in Coco, film d’animazione Pixar del 2017, ironizzare sull’onnipresenza del suo volto nelle opere che l’hanno resa famosa. Negli ultimi anni è stata riscoperta come eroina popolare grazie alla sua storia personale e al carattere caparbio che l’ha contraddistinta. Nonostante sia nata ad inizi Novecento, non si è mai arresa ai dettami e alle convenzioni della società, ma ha cercato di muovere i primi passi verso un nuovo ideale di indipendenza. Non aderì ad un movimento artistico ben preciso e durante la sua carriera pittorica dipinse moltissimi autoritratti come forma di catarsi per esorcizzare la sofferenza causata da un tragico destino che le portò una paralisi ed una morte precoce. Nel 1940 si dipinse così, martire del proprio dolore in seguito all’incidente che le cambiò la vita per sempre e al divorzio dall’artista Diego Rivera. Troviamo l’autoritratto ad Austin, in Texas, nel Harry Ransom Humanities Research Center Art Collection.
17. No. 5, Jackson Pollock
Quando l’artista Alfonso Ossorio acquistò la composizione n. 5 di Jackson Pollock per 1.500 dollari il suo partner lo vide egli disse: «Hai speso soldi per quello?». Ciò che non sapeva è che quel dipinto così caotico, con i suoi spessi strati di schizzi marroni, gialli e neri, sarebbe diventato una delle opere più iconiche di Pollock e con il tempo anche la sua più costosa. Nel 2006 quei mille dollari divennero 165 milioni, diventando così uno dei 10 dipinti più costosi della storia (insieme alle opere di artisti come Paul Cézanne, Pablo Picasso e Vincent van Gogh). Oggi Jackson Pollock è uno degli artisti più famosi del XX secolo e tra i più influenti del movimento dell’Espressionismo astratto. Famoso per il suo stile unico, il dripping o pittura a goccia, è stato soprannominato “Jack the Dripper” proprio dopo questa composizione del 1949, che oggi è conservata in una collezione privata di New York.