Quella del 26 settembre 1986 era certamente una notte buia a tempestosa. Era il giorno in cui il primo albo di Dylan Dog arrivava nelle edicole italiane. Si chiamava “L’alba dei morti viventi” e no, non sconvolse subito il fumetto italiano. La stramba creatura di Tiziano Sclavi ha avuto bisogno di tempo per sedimentare e radicarsi nell’immaginario collettivo. Perché Dylan Dog non era un personaggio facile e rassicurante.
Se Tex era sempre stato il fumetto delle risposte, Dylan Dog iniziava a fare domande. Scomode, destabilizzanti, nauseanti. L’Indagatore dell’Incubo riscriveva i canoni del fumetto popolare italiano, ibridandolo con un approccio autoriale. Sfuggente alle definizioni e ai generi, Dylan Dog è il fumetto post-moderno per eccellenza, citazionista e meta-narrativo, ma anche un personaggio capace di scuotere davvero il pubblico. Attraverso Dylan, Sclavi e altri autori hanno dato forma alla paura, hanno trovato un nome al trauma, e ci hanno spinto ad affrontare l’assurda imprevedibilità della vita. Il tutto raccontando l’orrore in ogni sua declinazione, ma senza crogiolarsi nel nichilismo, trovando persino la forza di sognare con romanticismo.
Per questo siamo certi che il buon Dylan i suoi 35 anni li stia sentendo tutti. Uno per uno, come candeline che portano al suo personale inferno. Oggi, però, il regalo ce lo facciamo da soli. Perché festeggeremo il compleanno del nostro Old Boy consigliandovi i 10 migliori albi di Dylan Dog. E lo faremo senza soffermarci solo e soltanto sui tanto (giustamente) amati “primi 100 numeri”, cercando anche di rendere omaggio alla complessa varietà di un personaggio capace di toccare tante corde dell’essere umano.
1 – Memorie dall’invisibile (numero 19)
Scovare mostruosità nella gente è sempre stata la missione preferita di Dylan Dog. Ed è per questo che “i veri mostri siamo noi” è diventata una delle frasi più rappresentative della testata Bonelli. Se questo è il tema, Memorie dall’invisibile è uno straordinario svolgimento. Amaro nella sua ironia tagliente, Sclavi sfrutta la classica caccia all’assassino per raccontare l’alienazione dei veri invisibili, ovvero quelli che non riescono a integrarsi, gli emarginati che si sentono nullità. Un albo grottesco eppure credibile, che nella memoria ci è rimasto davvero.
2 – Golconda! (numero 41)
Visionario, folle ed eccessivo. Non è un caso che il titolo di Golconda! sia condito da un punto esclamativo. Perché con questo albo Tiziano Sclavi scrive un momento fondamentale della storia di Dylan Dog. Un’invasione di creature infernali che piovono dal cielo ricrea atmosfere stranianti degne di Magritte, mentre tutto sprofonda lentamente verso derive surreali. Golconda! è davvero un piano inclinato che tavola dopo tavola lascia il lettore sempre più spiazzato. Con quel punto esclamativo che diventa presto un bel punto di domanda.
3 – Storia di nessuno (numero 43)
Gettare luce sul passato di Dylan Dog significa solo perdersi dentro altre ombre. Tiziano Sclavi chiede ad Angelo Stano di dare forma alla mitologia del personaggio, e con Storia di nessuno genera uno degli albi più amati del personaggio. La storia è stracolma di contraddizioni, depistaggi e punti interrogativi, ma allo stesso tempo appassiona perché Sclavi semina ogni tavola con riferimenti e indizi preziosi per provare a capire chi diavolo sia Dylan Dog. Ammesso che sia possibile comprenderlo davvero.
4 – Caccia alle streghe (numero 69)
Quando parliamo di post-moderno in Dylan Dog, ci riferiamo soprattutto alla sua capacità di giocare con sé stesso e con la consapevolezza dei lettori. Caccia alle streghe distrugge la quarta parete parlando di fumetto in un fumetto, consapevole che certi temi di Dylan Dog possano essere scomodi per una società rigida e bigotta. Attraverso un efficace parallelismo con l’Inquisizione medievale, Caccia alle streghe parla di censura e coraggio creativo con una disinvoltura metanarrativa davvero magistrale.
5 – Il lungo addio (numero 74)
Piovono lacrime sulle tavole. Cola via inchiostro leggendo Il lungo addio, proprio come scivolano di mano i bei tempi andati. Amaro, nostalgico e indimenticabile. Una delle storie più amate dal pubblico dylaniato, Il lungo addio ha il sapore agrodolce di una spensieratezza passata che si scontra con la brutalità della vita. Sclavi e Ambrosini rievocano un vecchio amore di Dylan. Un amore fatto di dolci illusioni, di promesse ingenue e impossibili da mantenere. Poetico e romantico, Il lungo addio è davvero infinito. Perché scuote e commuove ogni volta che lo rileggiamo.
6 – Johnny Freak (numero 81)
Straziante, dolente e indimenticabile. È il giugno del 1993 quando Tiziano Sclavi e Mauro Marcheselli danno vita a un capolavoro. Da molti considerata la storia più bella e ispirata di Dylan Dog, Johnny Freak è una poesia sporca di fango e dolore. La raccapricciante storia di un emarginato ai margini della società mette in evidenza l’attenzione di Dylan Dog per gli ultimi. Uno slancio spontaneo, sincero, umanissimo. Johnny Freak non invecchia mai, perché ci interroga ogni volta sul valore inestimabile dell’empatia.
7 – Il sorriso dell’oscura signora (numero 161)
La Morte ha spesso avuto una forma ben visibile nelle storie di Dylan Dog. Questa volta la vecchia signora incappucciata viene rappresentata in modo diverso dal solito, con un colpo di scena finale che non si dimentica. Giocando con la percezione dei lettori, Tiziano Sclavi distrae con una storia classica nell’impalcatura, ma sempre più imprevedibile con lo scorrere delle pagine. Il sorriso dell’oscura signora nasconde nel titolo la forza beffarda di un grande albo.
8 – Mater Morbi (numero 280)
A ben pensarci la vera nemica della Vita non è tanto la Morte (definitiva e inesorabile) ma la Malattia. Una nemica che si avvinghia a noi e ci logora. Prima ci corteggia con vane speranze e poi ci tradisce all’improvviso. Roberto Recchioni firma la sua storia più dolorosa e personale (ispirata a una sua lunga degenza in ospedale), e trova il coraggio di riversare le sue riflessioni sulla mancanza di salute dentro il corpo e la sensibilità di Dylan Dog. Parlando di eutanasia, Mater Morbi ha scosso l’opinione pubblica, ma va ricordato anche per l’incredibile prova di Massimo Carnevale, capace di dare alla Malattia una forma sinuosa, subdola e affascinante.
9 – Spazio profondo (numero 337)
Il grande numero del rilancio. Recchioni apre ufficialmente il nuovo corso dylaniato con un albo che riflette profondamente sulla testata stessa. Imparando la lezione metafumettistica di Sclavi, il nuovo curatore si pone tante domande: quanti Dylan Dog esistono? Dove sta andando il personaggio? Ha una missione vera e propria o sta solo navigando a vista? Un albo con più chiavi di lettura, che si presenta al lettore attraverso un’inedita avventura spaziale degna di Alien. Un esperimento coraggioso che chiede al pubblico di salpare verso un nuovo Dylan Dog senza per forza ancorarsi al passato.
10 – La macchina umana (numero 356)
L’incubo può essere tante cose. L’incubo si annida ovunque. Anche in ufficio, sul posto di lavoro, tra colleghi competitivi e capi crudeli. L’incubo, insomma, è la vita vera. Uno degli albi più recenti di Dylan Dog (datato maggio 2016) che riporta il personaggio a parlare di attualità con grande urgenza e ferocia. La macchina umana si riflette alla perfezione nella splendida cover di Angelo Stano: un labirinto alienante in cui lavorare equivale a perdere giorno dopo giorno la propria dignità. Alessandro Bilotta e Fabrizio De Tomasso firmano una delle storie più amare di Dylan Dog, perché questa volta il grande nemico da combattere non è un mostro, ma la nostra quotidianità.