Immergersi nelle tenebre e risalire verso la luce, abbandonandosi fra spirali di inquietudine e vortici celestiali. Ascoltare un disco dei Cocteau Twins equivale, in effetti, a un lungo viaggio verso la notte: l’ingresso in una dimensione altra, in cui le note riescono a far prendere forma a figure dell’inconscio e a suggestioni impossibili da descrivere a parole. Le parole, del resto, appaiono come l’elemento meno significativo nella musica dei Cocteau Twins; o meglio, spesso vengono utilizzate come puro significante da cui creare allitterazioni e giochi fonetici, affidati alla voce di Elizabeth Fraser. Ed è proprio quella voce angelica e cristallina a connotare con maggior forza una delle band più influenti del secolo scorso: una band che dalla fredda Grangemouth, una cittadina costiera della Scozia, avrebbe contribuito più di ogni altra a diffondere in tutto il mondo quel peculiarissimo genere musicale conosciuto come dream pop nelle sue varie declinazioni, dal rock gotico alla cosiddetta ethereal wave.
Nati nel 1979 dall’incontro fra il chitarrista Robin Guthrie e il bassista Will Heggie, nel 1981 i Cocteau Twins (nome scelto in omaggio a un brano dei Simple Minds) avrebbero ingaggiato Elizabeth Fraser, allora appena diciottenne, come vocalist del gruppo. L’anno seguente, sotto i vessilli della 4AD di Ivo Watts-Russell, arriva il loro debutto discografico, Garlands, primo tassello di una carriera che finirà per comprendere otto album in studio, undici EP, un disco collaborativo (The Moon and the Melodies con Harold Budd) e la partecipazione al progetto This Mortal Coil, con quell’indimenticabile cover di Song to the Siren che David Lynch vorrà a tutti i costi nel suo Strade perdute. Nel frattempo, nel 1983 l’addio di Will Heggie lascia spazio al nuovo bassista Simon Raymonde, che avrebbe fatto parte della band fino al suo scioglimento, nel 1997. Per chi finora non fosse mai entrato in contatto con la loro musica, o per chi volesse approfondirne il percorso artistico, quella che vi proponiamo di seguito è dunque una guida alle canzoni più famose dei Cocteau Twins: i primi passi per intraprendere un viaggio nella discografia di uno dei gruppi più originali e innovativi dell’epoca, ma in grado di emozionare ascoltatori di ogni generazione.
1. Wax and Wane
L’esordio dei Cocteau Twins avviene sull’onda cupa della dark wave, genere che raccoglie particolare fortuna nella Gran Bretagna a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta: la drum machine di Robin Guthrie evoca atmofere sinistre ed oscure, mentre nel cantato di Elizabeth Fraser si ravvisa l’adorazione della giovanissima vocalist nei confronti del suo idolo, la regina dark Siouxsie Sioux. Pertanto è pervaso da influenze gotiche il primo LP dei Cocteau Twins, Garlands, pubblicato nell’estate del 1982; e il brano Wax and Wane (che nel 1985 sarà incluso nell’antologia The Pink Opaque) ne offre un saggio esemplare, con la sua melodia allucinata e traboccante di tensione.
2. Sugar Hiccup
Dal rock gotico di Garlands e delle canzoni contenute negli EP coevi (Lullabies, 1982, e Peppermint Pig, 1983), si apre a una maggiore varietà il secondo LP del gruppo (e il loro primo capolavoro), Head over Heels, realizzato nel 1983 da Guthrie e Fraser dopo l’abbandono di Will Heggie. Un album ancora più denso ed onirico, come testimoniano i due brani che aprono e chiudono il disco: When Mama Was Moth e la straordinaria Musette and Drums. Ma fra le tenebre, stavolta appaiono anche spiragli di luce: è il caso della splendida Sugar Hiccup, a cui l’interpretazione di Elizabeth Fraser conferisce un ulteriore senso di dolcezza; il brano sarà inserito anche nell’EP Sunburst and Snowblind, pubblicato appena una settimana dopo Head over Heels.
3. Pearly-Dewdrops’ Drops
Infatti, a offrire un quadro esaustivo della carriera dei Cocteau Twins non bastano gli album: nei loro numerosi EP, raccolti nel 2005 nell’imperdibile Lullabies to Violaine, sono racchiuse alcune delle canzoni più belle registrate dal gruppo. Ad esempio la delicata e sognante Pearly-Dewdrops’ Drops, che nella primavera del 1984 trainerà l’EP The Spangle Maker nella Top 40 dei singoli più venduti in Gran Bretagna (la prima volta per la band). Nel 2012, inoltre, il brano andrà a impreziosire la colonna sonora del film sull’adolescenza Noi siamo infinito.
4. Lorelei
Sempre nel 1984, con la nuova formazione che vede Simon Raymonde al basso, i Cocteau Twins registrano l’album della loro definitiva consacrazione: Treasure, fra le vette assolute nella storia del dream pop. E la canzone-simbolo del disco, nonché una delle più amate nel repertorio della band, è probabilmente Lorelei: la voce di Elizabeth Fraser scorre con irrefrenabile vivacità lungo una melodia solare ed ariosa, mentre le parole e le frasi, ormai lontane da ogni significato, sembrano fondersi in un’autentica cascata di suoni.
5. Pandora (for Cindy)
Ancora più leggiarda ed eterea (aggettivo, quest’ultimo, associato ai Cocteau Twins quasi per antonomasia), sempre all’interno dell’album Treasure, è Pandora (for Cindy): una ballata ipnotica in cui le diverse registrazioni della voce della Fraser si intrecciano l’una all’altra, in una danza di sillabe e di versi che culla l’ascoltatore con l’effetto di un incantesimo. Questo brano, così come Lorelei, verrà incluso nel 2000 in Stars and Topsoil: una compilation ideale per i neofiti che volessero scoprire i Cocteau Twins attraverso una panoramica del loro primo decennio di attività.
6. Aikea-Guinea
Alla formula di Treasure si rifà anche, pochi mesi più tardi, l’EP Aikea-Guinea, trainato in classifica dal brano eponimo, il cui titolo riprende un’espressione dell’idioma scozzese per definire una conchiglia. Aikea-Guinea è un’altra canzone dolcissima in cui i versi, pronunciati da Elizabeth Fraser in maniera pressoché incomprensibile, fungono da semplice pretesto per dispiegare un morbido tappeto di fonemi.
7. Pink Orange Red
Il periodo in questione è davvero prolifico per i Cocteau Twins, che solo nel 1985 sfornano ben tre EP, fra cui Tiny Dynamine. Pink Orange Red, canzone di lancio dell’EP sintetizza magnificamente questa fase della produzione della band scozzese, con sonorità notturne in cui le suggestioni oniriche tipiche del gruppo sono contaminate da sottili pennellate di inquietudine.
8. Carolyn’s Fingers
Nel 1988, a oltre due anni dalla pubblicazione del precedente Victorialand, la musica dei Cocteau Twins inizia a circolare anche in America: la Capitol Records ottiene dalla 4AD i diritti di distribuzione negli Stati Uniti del loro nuovo disco, Blue Bell Knoll (il titolo, fra l’altro, è ripreso dal nome della vetta di una montagna nello Utah). Unico singolo estratto dall’album è la celebre Carolyn’s Fingers, altra ballata sognante in cui i virtuosismi vocali di Elizabeth Fraser raggiungono nuovi apici.
9. Iceblink Luck
Da Blue Bell Knoll, l’evoluzione dei Cocteau Twins approda due anni più tardi, nel 1990, a quello che si rivelerà il loro successo più ampio e trasversale: Heaven or Las Vegas. A promuovere l’album, l’ultimo del gruppo sotto l’egida della 4AD (seguiranno, per la Fontana Records, Four-Calendar Café nel 1993 e Milk & Kisses nel 1996), è Iceblink Luck, la cui melodia accattivante fa da emblema al nuovo corso della band: brani meno eterei rispetto al passato, ma pur sempre nel solco di uno stile ben marcato e riconoscibile.
10. Heaven or Las Vegas
Quello stile che si ritrova anche nella title track del disco: un brano limpido e trascinante in cui la voce di Elizabeth Fraser, ormai lontana dai fraseggi astratti degli anni Ottanta, spicca il volo con rinnovata intensità mentre si interroga «Sono in paradiso o a Las Vegas?». Heaven or Las Vegas contribuirà a suggellare il trionfo del disco omonimo, destinato a diventare un vero e proprio classico: nel 2018 Pitchfork lo inserirà al primo posto nella classifica dei migliori album di genere dream pop, mentre nel 2020 Heaven or Las Vegas verrà incluso da Rolling Stone nella lista dei cinquecento migliori album di tutti i tempi.