È una terra che nasce dalla forza della dicotomia e dei contrasti, Reggio Emilia. Una terra in cui le biciclette corrono a fianco ad automobili che sfrecciano veloci sulla via Emilia; piazze che vivono del rumore di videogiochi tra le mani di bambini, e delle urla di anziani intenti a giocare a carte al Circolo del paese; un mondo dove i locali dal design moderno fanno a gara con le sagre del paese; i campi convivono a fianco a strutture imponenti; i trattori viaggiano a fianco a silenti monopattini. Ce l’ha nel sangue, Reggio l’amore per le opposizioni. Lo ha dimostrato il conflitto cinematografico più estroso della storia, come quello tra comunisti e ferventi cattolici nella saga di Don Camillo e Peppone. Conosciuta per i suoi prodotti culinari (il Parmigiano Reggiano nasce proprio qui), per le voci di chi ha aperto gli occhi nel suo grembo cittadino (Ligabue, Orietta Berti, Zucchero) la città crogiolo di risate, storia e curiosità, è allo stesso timida zona che si ritrae dalla luce della ribalta, rimanendo sconosciuta ai più.
Nascosta all’ombra delle sue sorelle vicine (Parma e Modena), Reggio Emilia è il nipote che la nonna si dimentica sempre alle cene di famiglie. La si affianca, la si attraversa, ma senza scoprirla con occhi diversi. Un mondo da guardare, attraversare, fare proprio, perché Reggio una volta conosciuta non ti lascia. Ti entra dentro, come il profumo dello gnocco, o dell’Erbazzone appena sfornato tra i forni aperti tra le piazze del centro città (Piazza Prampolini, Fonanesi, San Prospero), o dei piccoli paesini tutti autonomi, tutti vivi, tutti da scoprire (Cavriago, Bibbiano, Quattro Castella, Albinea ecc.).
Scopriamo dunque insieme i luoghi da vedere a Reggio Emilia.
1. Brescello
Non potevamo iniziare questa classifica senza nominare un paese che si è distaccato dai suoi confini geografici per abbracciare le pagine di storia, tanto quelle di cinema, che quelle di memoria collettiva. Brescello è diventato il paese di tutti noi, quello di diatribe e giocosi conflitti tra un prete (Don Camillo) e il sindaco (Peppone). Le scorribande tra i due strambi personaggi nati dalla penna di Giovannino Guareschi, vivono ancora tra le strade di Brescello. A ogni passo “in quella fetta di Pianura padana fra il Po e l’Appennino”, entra nei polmoni l’aria di un tempo passato, rimasto impresso tra pellicole di celluloide e reso tangibile e immortale nei luoghi ancora oggi da visitare, assistere, far propri. Da piazza Matteotti, il cuore della città dove sorge la famosa chiesa di Santa Maria Nascente, e – ai suoi due lati opposti – le statue bronzee di Don Camillo e Peppone, che sembrano salutarsi e quasi sfidarsi da lontano, al Museo Peppone e Don Camillo, passando per il pertico in via Giglioli, sotto cui è possibile trovare la campana ribattezzata “Sputnik”, fino alla casa di Peppone in via Carducci 7, senza dimenticare la celebre stazione ferroviaria, ogni via e vicolo di Brescello è un set a cielo aperto, nonché ponte mnemonico con i ricordi d’infanzia e/o di un cinema che a Reggio Emilia ancora persiste.
2. Il castello di Canossa
Quanti di voi hanno almeno sentito, o usato, una volta nella loro vita il motto “andare a Canossa”? Un modo di dire curioso, che allude al perdono e nato in seno alle pagine di storia su cui è stato narrato lo storico incontro tra Papa Gregorio VII ed Enrico IV. Un incontro che, non a caso, prese il luogo tra le mura del castello della Contessa Matilde, che si erge imponente – sebbene logorato dallo scorrere del tempo – e i cui resti possono essere visitati a Canossa. Un incontro con la storia, con un tempo lontano, di contrasti e ancora una volta opposizioni, non più tra sindaci e pretini, ma Papi e regnanti.
3. Teatro Municipale Romolo Valli
C’è un attore nel panorama cinematografico e teatrale che è grande, grandissimo, ma non così conosciuto al grande pubblico come meriterebbe. È Romolo Valli, che un po’ come la città che lo ha visto nascere e crescere, ha contribuito a fare grande la storia (artistica) del nostro paese, rimanendo sempre all’ombra dei grandi. Eppure la presenza di Valli sul palco, o sul set, la sentivi, la percepivi. Padre per Giorgio Strehler ne Sei personaggi in cerca d’autore, e padre anche per Bertolucci in Novecento, la grandezza di questo attore la si ritrova in ogni frammento dei 3.890 mq del Teatro Municipale a lui dedicato. Costruito tra il 1852 e il 1857 il teatro vanta palchi mozzafiato, lo storico e maestoso lampadario “Astrolampo”, e l’immensa biblioteca di musica e spettacolo, che custodisce un patrimonio di 7000 volumi, 1500 libretti d’opera, partiture e spartiti.
4. Basilica della Beata Vergine della Ghiara
È il 29 aprile del 1596: un giovane sordomuto sta pregando davanti a un’immagine della Madonna dipinta dal Bertone, quando di colpo ottiene miracolosamente parola ed udito. Sulla potenza di quell’evento, mattone dopo mattone, venne eretta una delle chiese più visite e suggestive di Reggio Emilia: la Basilica della Beata Vergine della Ghiara. L’interno è davvero sorprendente tanto da spingere il critico Zeri a definirlo come “il più importante monumento del manierismo italiano“. Oltre a poter ammirare nella seconda cappella a destra la nota icona al centro del miracolo, degni di nota sono anche i tranquilli chiostri della basilica: quello maggiore ospita oggi un moderno ostello della gioventù.
5. Pietra di Bismantova
Tra campi e vie trafficate, castelli e itinerari gastronomici, capita che nel comune di Castenovo ne’ Monti, ci si possa imbattere in una montagna che sa di lontano, sa di Australia. Ma la Pietra di Bismantova non è l’Ayers Rock, sebbene il panorama che offre innalzandosi al centro dell’Appennino Reggiano sia altrettanto spettacolare. Per godere appieno della visuale che regala questo massiccio solitario dalle bianche pareti scoscese, risalente al Miocene medio inferiore (citata perfino da Dante Alighieri nel quarto canto del Purgatorio), il medio-facile Percorso 1con una lunghezza di 16.4 km e un dislivello di 123 m è forse la soluzione migliore. Le gambe traballeranno un po’, i muscoli faranno un po’ male, ma lo spettacolo che vi si aprirà davanti, come un sipario su un palcoscenico naturale a due passi da Reggio, ne varrà la pena.
6. Chiostri di San Pietro
Capita a volte che la mano dell’uomo decida di nascondere tesori unici e sorprendenti. Capita che un ingiustificato strato di calce, apportato nel pieno boom economico degli anni Cinquanta, rivesta quasi per paura di mostrarlo al mondo, una delle mete artistiche più incredibili da visitare a Reggio Emilia. Poi, quella mano che ha coperto, decide di liberare l’anima di un patrimonio di incommensurabile valore. E così, dopo un attento lavoro di restauro, finalmente i Chiostri di San Pietro ritornano a respirare e lasciarsi ammirare all’interno di un ex Monastero dei Monaci Benedettini, che nel corso dei decenni ha vissuto una e più esistenze diverse: venne infatti convertito in magazzino militare prima, sede del Tribunale di Giustizia poi, e sede dell’Educandato delle Fanciulle ancora dopo. Oggi questo antico complesso monastico, caratterizzato da due chiostri di diverse dimensioni, (uno di ridotte dimensioni dalla foggia tardo quattrocentesca e uno di ampia planimetria e di gusto manierista), ospita grandi eventi e manifestazioni, come quella tutta dedicata alla Fotografia Europea.
7. Museo del Tricolore
La innalziamo nelle cerimonie ufficiali; l’abbiamo sventolata stretta con orgoglio e speranza sui balconi in questi mesi bui; la indossiamo durante i mondiali di calcio, o in qualsiasi competizione sportiva. Ma non tutti sanno che quella bandiera tricolore che rappresenta il nostro essere italiani è nata a Reggio Emilia il 7 gennaio del 1797, quando i rappresentanti delle città libere di Reggio, Modena, Bologna e Ferrara si riunirono per proclamare la Repubblica Cispadana, scegliendo il vessillo nei colori verde-bianco-rosso, poi divenuto nel 1848 bandiera nazionale. Quella sala è divenuta poi la sala del Tricolore, annessa all’imperdibile Museo del Tricolore, allestito all’interno del Palazzo del Comune. Articolato su ben tre livelli, il museo espone con grande cura i documenti e i cimeli riguardanti la storia della nostra bandiera nazionale, con le varie forme che assunse nel tempo.
8. Collezione Maramotti
Prima sede produttiva di Max Mara, celebre casa di moda reggiana, adesso la Collezione Maramotti si apre al pubblico (e a titolo gratuiti) come una delle più interessanti gallerie private di arte contemporanea in Italia. Situata in Via Fratelli Cervi al civico 66, la Collezione Maramotti si sviluppa su due piani, per poi diramarsi in 43 sale per un’esposizione di oltre 200 opere, tra installazioni, dipinti e sculture riguardanti le principali tendenze artistiche italiane e internazionali dal 1945 fino ai giorni nostri. Tra gli artisti in mostra: Piero Manzoni, Jannis Kounellis, Fontana, Burri, Schifano, Basquiat, Schnabel, Fischl e tanti altri ancora.
9. Centro Internazionale Loris Malaguzzi
È un abbraccio stretto che unisce ogni parte del mondo tra pareti finestrate, il Centro internazionale Loris Malaguzzi. Un crogiolo di culture e istruzione, nato per aprire gli occhi e la mente, destinato a piccoli e grandi che non hanno intenzione di crescere, perché desiderosi di lasciarsi sorprendere con gli occhi del fanciullo. Il centro si offre come spazio aperto al futuro, che mette al centro i bambini e le loro potenzialità, offrendo occasioni di creatività a ragazzi, giovani e famiglie, e nuove opportunità formative alla comunità educativa internazionale. La sede sorge all’interno degli storici edifici che per oltre mezzo secolo hanno ospitato la celebre azienda Locatelli e i suoi magazzini del Parmigiano-Reggiano, ed è facilmente raggiungibile grazie al sottopassaggio della stazione di Reggio Emilia.
10. Il primo murales d’Italia a Vicolo Venezia
In Emilia-Romagna (ma il discorso può estendersi a tutto il territorio italiano) vige una regola che tutti inconsciamente conoscono, sebbene in pochi si ricordano di seguire: mai diffidare dei vicoli, perché lì si ritrovano i tesori più rari. E così lungo via Roma a Reggio Emilia, basta incamminarsi lungo lo stretto vicolo Venezia che all’altezza del numero 13, poco prima dell’ingresso del parco, si nota una scritta sbiadita sul muro: “Il Popolo Giusto vuole la neve”. Realizzata presumibilmente intorno agli anni ’40, intorno al suo significato sono state avanzate le più diverse interpretazioni. La più plausibile si associa alla zona della città in cui campeggia: si tratta di quella dove un tempo viveva il cosiddetto “Popol Giost”, ossia la parte povera della popolazione che sopravviveva di espedienti e lavoretti, tra cui spalare neve. Uno dei due significati della scritta, considerata da molti come il primo murales d’Italia (a questo proposito vi segnaliamo il nostro approfondimento sulla street-art a Roma) è proprio legato al fatto che il Popolo Giusto aspettasse la neve per poter lavorare un po’ e, quindi, guadagnare qualche soldino. L’altro è invece più politico: si pensa sia una sorta di messaggio in codice dove con “neve” si vuole alludere alla fine del regime fascista.