Sono passati quasi 365 giorni da quando il mondo si è fermato, sospeso in una bolla cementata, fatta di muri di casa, computer accesi, mascherina e abbracci virtuali o negati. Nella nostra quotidianità un silenzio assordante ha avvolto le nostre vite. A romperlo dialoghi, sospiri, risate provenienti da mondi cinematografici e televisivi da assorbire e vivere dallo schermo di casa. Ma ora nuovi suoni sono pronti a distrarci, riportare a quel barlume di normalità che tanto bramiamo. Sono le note di Sanremo, kermesse che un po’ come gli Oscar per gli amanti e studiosi di cinema, segna lo scorrere del tempo e una consolidata tranquillità di un qualcosa che solo per esserci è sintomo di illusoria normalità. Per cinque giorni l’Italia è pronta a fermarsi davanti alla TV, elevandosi a giudice supremo e massimo esperto di musica, decretando i propri vincitori e vinti. I vestiti indossati dalle presentatrici, gli ospiti che scendono più o meno goffamente dalle scale, il papillon scomposto del presentatore, nulla sfugge all’occhio attento dei telespettatori a casa. Un evento talmente insidiato nel nostro DNA da far parte del popolo italiano, tanto quanto la pasta, la pizza e il pallone. Tutti parlano di Sanremo, nel bene o nel male (qui potete recuperare i nostro 10 motivi per seguire festival anche quest’anno). Generatori di meme, di siparietti, e soprattutto di tormentoni che alla vittoria hanno preferito puntare all’innesto delle loro note negli interstizi della mente dei propri ascoltatori.
Per voi abbiamo dunque scelto le migliori canzoni di Sanremo diventati tormentoni indimenticabili, brani che hanno detto no alla vittoria e sì al ricordo eterno.
1. Pinguini Tattici Nucleari – Ringo Starr (2020)
Ha fatto rumore il Sanremo di Amadeus del 2020. Tra il trionfo di Diodato, la cui Fai Rumore è diventata una delle canzoni simbolo di questo anno che ci ha presi e stravolti, al coro di Elettra Lamborghini, passando per gli outfit memorabili di Achille Lauro, a essere decretato come uno dei tormentoni post-Sanremo è il brano portato in gara dal gruppo dei Pinguini Tattici Nucleari.
La loro Ringo Starr impazzava alle radio, strappava un sorriso, e bastava un solo “in un mondo di John e di Paul, io sono Ringo Starr” per alzare il volume e cantare insieme alla band di Bergamo. Un inno a chi nonostante tutto decide di amarsi così per come è, senza filtri o retorica, accettandosi in toto, ambivalenze comprese. Nel pieno stile della band, il testo si arricchisce di citazioni e riferimenti cine-televisivi (“Tu eri Robin poi hai trovato me. Pensavi che fossi il tuo Batman, ma ero solo il tuo Ted“) elevati all’ennesima potenza da un videoclip in cui il giovane gruppo ricrea la scena madre del ballo della scuola di Ritorno al Futuro.
2. Achille Lauro – Rolls Royce (2019)
Quando scese per la prima le scale dell’Ariston nel 2019 probabilmente nessuno si sarebbe aspettato di essere investito nel vortice di Achille Lauro. Fuori dagli schemi, iconico, il cantante con la sua Rolls Royce ha fatto ballare, sorridere i telespettatori a casa con un ritmo trascinante di cui ancora oggi fa sentire i propri lasciti. Deciso a non lasciarci più, Rolls Royce rimane lì, nella rosa dei tormentoni usciti da Saremo. Un brano forgiato dai miti del passato e proiettato sul futuro. Come descritto dallo stesso Achille Lauro, “Rolls Royce è la macchina, è lo status. Il pezzo è una fotografia di tutte le icone mondiali dagli anni Cinquanta a oggi: dal mondo di Hollywood alla musica, allo stile“.
3. Lo Stato Sociale – Una vita in vacanza (2018)
Chissà se la loro vecchia continua a danzare, fatto sta che ancora è oggi, a tre anni di distanza, per noi pare ancora impossibile smettere di canticchiare Una vita in vacanza de Lo stato Sociale. Con uno stile che omaggia la musica di Rino Gaetano, la band di Bologna con la caustica ironia che la contraddistingue traduce in musica lo spaccato di un’Italia che vive costantemente su due anime contrastanti, dove i giovani faticano a trovare un posto in un mondo in cui non c’è ancora “niente nuovo che avanza”. E a noi, allora, non ci resta che danzare per dimenticare, tra ossimori e paradossi.
4. Daniele Silvestri – Salirò (2002)
Non si sarà portato a casa il primo premio, Daniele Silvestri, ma quello che ha ottenuto dalla sua partecipazione a Sanremo 2002 è un trionfo imperituro, iniziato con l’affermazione di un tormentone primaverile ed estivo, e continuato ancor oggi come una delle canzoni più canticchiate della storia di Sanremo. impiantato nella nostra mente. Basta un accordo, qualche nota iniziale ed ecco che ci ritroviamo inesorabilmente a canticchiarla per casa, o sotto la doccia. Un ritmo unico, trascinante, che ancora oggi, tra le rose di un giardino, o sopra un ciglio di un vulcano, ci fa cantare Salirò.
5. Subsonica – Tutti i miei sbagli (2000)
Una voglia implacabile di mettersi in discussione; la voglia di far conoscere la propria voce in una sorta di “spot” di quattro minuti seguito da quasi 15 milioni di spettatori, e il desiderio di far sconfinare il proprio ideale di musica, portandolo fino sul palco dell’Ariston. Sono questi i tre, principali motivi che spinsero i Subsonica a partecipare nel 2000 al Festival di Sanremo con la loro Tutti i miei sbagli. Quella che sarebbe divenuta con il tempo la regola, ossia la partecipazione di mondi eterogenei e distanti da quelli canonicamente presenti su quel palco, al tempo era ancora percepita come un’eccezione. I Subsonica si piazzarono undicesimi, ma in cambio hanno offerto uno dei brani più esemplari della loro carriera musicale, capace tutt’oggi di farci urlare e ballare, al ritmo di tutti i nostri sbagli.
6. Elio e le storie tese – La terra dei cachi (1996)
Il presente è solo la storia che si ripete. E così, quel dipinto tratteggiato con la forza delle note dagli Elio e Le Storie Tese con La terra dei cachi di un’Italia dicotomica, ambivalente, incapace di mettersi in discussione non sembra essere mutata molto. Viviamo ancora in un’Italia sì, un’Italia no, divisi dalla voglia di farsi due spaghi. Non è un caso dunque che il brano, rimasto saldo alla prima posizione nelle classifiche parziali del Festival del 1996 fino all’ultima serata, e poi superato da Ron e Tosca con il brano Vorrei incontrarti fra cent’anni, è ancora oggi uno dei più conosciuti, amati, cantati della storia del Festival di Sanremo. Un successo eterno reso ancora più memorabile dalla versione alternativa cantata e arricchita dall’orchestra di Raoul Casadei.
7. Jo Squillo e Sabrina Salerno – Siamo Donne (1991)
Il manifesto della rivendicazione femminile, un megafono rimbombante sotto forma di canzone. Con Siamo Donne il duo Jo Squillo e Sabrina Salerno salgono sul palco dell’Ariston e urlano il proprio inno, non del tutto compreso dai critici del tempo, ma ora divenuto tormentone e manifesto trentennale che ha abbattuto i muri del tempo per gridare ancora forte che “oltre alle gambe c’è di più”.
8. Vasco Rossi – Vita Spericolata (1983)
Quello di Vasco Rossi è l’esempio lampante di come una classifica a Sanremo può letteralmente avere esiti del tutto sconvolgenti una volta che le luci dell’Ariston si spengono. La partecipazione del Blasco all’edizione del 1983 con Vita Spericolata può essere riassunta in un solo aggettivo: “penultimo”. Questo è il posto in cui si era piazzato uno dei brani destinati a diventare un classico della canzone italiana. Un manifesto dell’essere giovani, ribelli, dei ragazzi decisi a rompere gli schemi e, come lo stesso Vasco, che vogliono “una vita maleducata, di quelle vite fatte, fatte così”.
9. Ricchi e Poveri – Sarà perché ti amo (1981)
1981. I Ricchi e Poveri calcano il palco di Sanremo con la loro Sarà perché ti amo. La quinta posizione è solo un numero destinato a prendere le pagine di storia della musica italiana e lì fondersi, per accompagnare ogni nostra estate, imprimendosi nella memoria collettiva per rimanerci lì per sempre. Cantata per festeggiare, per ridere, citata, urlata a squarciagola tra due innamorati persi, se ci fosse un inno alla felicità per un amore sbocciato è sicuramente questo brano. Immortale, proprio come l’amore vero.
10. Caterina Caselli – Nessuno mi può giudicare (1966)
I secondi posti, quelli che a un passo dalla vittoria fanno un piccolo passo indietro per volgere il proprio sguardo al mito. Nessuno mi può può giudicare è molto più che un semplice brano. Piazzatosi seconda al Festival di Sanremo, la canzone di Caterina Caselli (inizialmente destinata ad Adriano Celentano) è ora leggenda, un inno alla voglia di fare i propri sbagli, di dire la verità senza filtri, o censure, di chiedere scusa senza orgoglio.
BONUS: Morgan – “Dov’è Bugo?”
Può un tormentone svestirsi dei suoi abiti musicali per entrare di diritto nella memoria collettiva e lì non uscire più? Se avete assistito a ciò che è successo nell’edizione del 2020 di Sanremo sapete che la risposta è si. Morgan e la sua vedetta a suon di musica e parole rimaneggiate per colpire il suo compagno di (dis)avventure Bugo, ha regalato forse il tormentone più iconico di 70 edizioni di festival. “Le brutte intenzioni, la maleducazione. La tua brutta figura di ieri sera” suggellate da un semplice “che succede? Dov’è Bugo” sono molto più che un abbraccio tra musica e parole. Sono pagine di storia della televisione italiana, nonché linea di confine netta tra il mondo che davamo per scontato, e quello che rivogliamo indietro. Ora più che mai. Un po’ come Amadeus che ricerca, per riaverlo sul palco, Bugo.