L’estate ci ha restituito la musica dal vivo, ma per il momento gli affezionati dei live devono accontentarsi di viverli con distanziamento, mascherine e posti a sedere. Quanto rimpiangete quelle ore di fila sotto il sole per conquistare l’agognato posto in transenna armati di zainetto, panini e scorta di bottiglie d’acqua che vi verranno prontamente sequestrate all’ingresso? Fatica, sudore, lacrime (e qualche svenimento) ripagati non appena le luci si spengono e le prime note dell’intro si spargono nell’aria mentre i membri della nostra band preferita si materializzano sul palco. I frequentatori incalliti di concerti sanno bene che i live comportano gioie e dolori. Le strategie sul metodo più sicuro per raggiungere la posizione ottimale in cui sentire e vedere al meglio i propri beniamini, la convivenza più o meno pacifica con i vicini di posto, il pogo, pratica circoscritta solo ad alcuni generi musicali che richiede una discreta preparazione fisica per sopravvivere all’onda d’urto…. per non parlare della prolungata convivenza forzata in spazi angusti che talvolta può trasformarsi in occasione di incontri galanti. Galeotto fu il concerto? Perché no.
E mentre l’attesa per il ritorno dei live, quelli veri, selvaggi e liberatori, si fa sempre più estenuante, proviamo a stilare una classifica parziale e super soggettiva delle migliori band da vedere live almeno una volta nella vita anche a costo di dover rompere il salvadanaio e chiedere prestiti ad amici e parenti, visti i prezzi non esattamente “popolari”.
10. Cure
Atmosfere dark, intro infiniti, riff misteriosi. Quella dei Cure è una musica da ascoltare a occhi chiusi sdraiati sul letto, rigorosamente vestiti di nero. Ma dal vivo, la storica band inglese si rivela una vera sorpresa. Energico, preciso, trascinante, il gruppo guidato dal carismatico Robert Smith e da quel motore che è il bassista Simon Gallup (che ad agosto, purtroppo, ha lasciato la band) si può permettere di proporre grappoli di hit snocciolate una dietro l’altra, praticamente senza pause, attingendo a una discografia epocale. Si passa con nonchalance da Lovesong a Just Like Heaven, da A Forest alla leggendaria Burn, colonna sonora del cult Il corvo eseguita dalla band col palco che si illumina di rosso, passando per classici quali Friday I’m in Love, Close to me e Boys Don’t Cry. Dopo anni di alti e bassi, superata la sessantina Robert Smith sembra aver recuperato l’entusiasmo nel calcare le scene e si concede silenziose passeggiate a bordo palco, scambi di battute coi fan e perfino qualche passo di danza. Ma è la perfezione dell’esecuzione a catturare l’attenzione, elemento tutt’altro che scontato per i frequentatori di live. Scoprire che la voce mistica di Robert Smith è perfetta come nelle cassette che ascoltavamo a 13 anni è una bella conferma.
9. Rolling Stones
Andare a un live dei Rolling Stones significa vedere un pezzo della storia della musica che ti si esibisce sotto gli occhi. E pazienza se l’artrite ha fatto perdere agilità alle dita di Keith Richards (la velocità non è mai stata la caratteristica principale dei suoi riff) e se Mick Jagger, ancora in forma fisica smagliante, si lascia scappare qualche stonatura qui e là. Sono più di vent’anni che i Rolling Stones annunciano l’ultimo tour. Per fortuna, finora ci hanno sempre ripensato, perfino dopo la recente scomparsa di Charlie Watts. D’altronde Ron Wood sembra sempre divertirsi come un ragazzino, l’arrivo di Steve Jordan dietro ai tamburi, designato dallo stesso Watts come suo successore, ha infuso nuova energia e il sound inconfondibile di brani immortali quali Sympathy for the Devil, You Can’t Always Get What You Want, Start Me Up e Jumpin’ Jack Flash continua a inebriare il pubblico adorante. Quella vecchia volpe di Mick Jagger fa impazzire i fan sfruttando non solo la sua voce sensuale, ma anche le movenze sinuose di un tempo. Quanto andranno avanti i pirati del blues ultrasettantenni dopo droghe, divorzi, operazioni al cuore, dipartite, tonfi da palme e chi più ne ha più ne metta? Nessuno può saperlo perciò, se vi capiterà l’occasione di sentirli dal vivo non fatevela sfuggire.
8. Iron Maiden
A proposito di band che non ne vogliono proprio sapere di invecchiare, un live degli Iron Maiden è un’esplosione di energia oggi come 46 anni fa, quando la band si è formata a Londra. L’esecuzione live di brani immortali dell’hard rock come Fear of the Dark, The Number of the Beast e Aces High varrebbe già da sola il prezzo del biglietto, ma alla scaletta da urlo si aggiunge uno spettacolo imponente fatto di coreografie roboanti, teste giganti, aerei da guerra, maschere ed effetti speciali mozzafiato. Ogni brano ha la sua atmosfera, il suo look e qualche sorpresa che lascia il pubblico senza fiato. Il folletto Bruce Dickinson, cantante, pilota di linea, scrittore e chi più ne ha più ne metta, salta su e giù sul palco cambiando costume in continuazione e sfoggiando una voce più potente che mai e acuti pulitissimi. Se la cavano altrettanto bene gli altri membri della band capitanati dal bassista Steve Harris, energici, dirompenti, capaci di trascinare il pubblico in un vortice di heavy metal senza fine. Quando Harris e i tre chitarristi si schierano sul fronte del palco, il piede sulle casse e lo strumento puntato verso il pubblico, quel che ne esce è un muro di suoni epocale.
7. Glen Hansard
Cosa ci fa un ex busker irlandese a fianco delle leggende del rock? Basta aver assistito anche a una sola esibizione di Glen Hansard per capirlo. Il menestrello di Dublino è un concentrato di passione, sangue, umanità, sudore e poesia. Non per nulla lo stesso Bruce Springsteen lo ha scelto per aprire i suoi concerti, ma le collaborazioni con altre star della musica sono numerosissime vista la generosità e la dedizione totale alle sette note di Glen Hansard. Artista puro, narratore di storie strappalacrime, ma anche di travolgenti ballad irlandesi, Glen Hansard dona ogni volta un pezzo di cuore al pubblico sia che si esibisca da solo, voce e chitarra (sgangherata, ma sempre magica), sia che alle spalle abbia la sua nutrita folk band. Chi ancora non lo conosce si faccia un regalo e recuperi Once, delizioso film autobiografico che gli ha fruttato un Oscar per la sublime Falling Slowly.
6. Toto
Chi ama la perfezione dell’esecuzione tecnica live non può non tener conto della grandezza dei Toto. Certo, qui sconfiniamo nel pop, ma è anche vero che una delle band più “romantiche” di tutti i tempi, che ha sfornato hit come Rosanna, I Won’t Hold You Back, Stop Loving You e I’ll Be Over You vanta tra i membri storici uno dei chitarristi più tecnici, e più hard, della storia del rock, il mitico Steve Lukather. Purtroppo i Toto in formazione storica non esistono più da tempo visto che David Paich ha sospeso i live per motivi di salute e Steve Porcaro, l’ultimo dei tre fratelli Porcaro ancora in vita, ha lasciato la band nel 2020 per dissidi interni. La nuova formazione, ribattezzata Toto – Dogz of Oz, oltre a Lukather, vanta ancora la presenza di Joseph Williams, ugola potentissima e cantante stabile della band dal 2010 dopo aver risolto i suoi problemi con la droga che lo avevano fatto allontanare dalla band in gioventù. Oltre a essere performer sontuosi, i Toto si sono sempre circondati di collaboratori all’altezza, esprimendosi al meglio sul palco in un’esplosione di suoni, verve e sintonia (la stessa che, a quanto pare non hanno nella vita) perciò non dubitiamo che il loro ritorno in Italia, previsto per l’estate 2022, sarà all’altezza delle aspettative.
5. Eddie Vedder / Pearl Jam
Sia come leader dei Pearl Jam che in versione solista, Eddie Vedder si conferma un animale da palcoscenico – oltre che un ottimo chitarrista – in grado di calamitare l’attenzione del pubblico per oltre due ore. La magia dei suoi lavori da solista, in particolare dell’LP Into the Wild, colonna sonora del film cult di Sean Penn, e le hit dei Pearl Jam sia in versione acustica che elettrica rappresentano una garanzia unite alla voce baritonale e ricca di sfumature di Eddie, cantore della generazione grunge. Se il sound dei Pearl Jam dà la carica al pubblico con grintose esecuzioni corali di hit come Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town, Even Flow o Rear View Mirror, sostenute dalla batteria incessante di Matt Cameron e dalla chitarra acida di Mike McCready, la versione acustica di Vedder permette di cogliere ogni sfumatura del suo lavoro di performer, quella sottile malinconia che accompagna le sue riflessioni esistenziali in musica, ma anche lo humor con cui si propone al pubblico, solo e disarmato, ma “protetto” dalle sue canzoni.
4. Roger Waters
Certo, il vero evento imperdibile sarebbe stato vedere dal vivo i Pink Floyd al completo, ma per ragioni anagrafiche e per via della storia tormentata della band non abbiamo vissuto questo privilegio. Per fortuna, tutti i membri della band inglese ancora in vita presto o tardi hanno fatto ritorno sul palcoscenico con risultati ugualmente epocali. Basti pensare a Roger Waters, che nel 2010 ha deciso di riproporre il leggendario The Wall in versione live per la prima volta dal 1990 con tanto di coreografie mozzafiato, martelli in marcia, bombardieri e pupazzi giganti che volano sulle teste del pubblico. Nel riproporre i suoi cavalli di battaglia Waters, che prima dello stop pandemico sembrava averci preso gusto tornando a calcare le scene in più tour, confeziona spettacoli grandiosi, una gioia per gli occhi e per la mente vista la natura concettuale dei suoi show. Waters, che va verso gli ottant’anni in forma smagliante, imbraccia il basso producendosi nei suoi celebri riff mentre sui maxischermi scorrono messaggi politici espliciti. L’architetto dei Pink Floyd, il più impegnato a livello umanitario, calca le scene da vero performer suonando basso, chitarra e cantando circondato da una band da urlo. Un’occasione in più per celebrare una carriera epocale e al tempo stesso lanciare i messaggi che gli stanno a cuore.
3. Guns’n Roses
Per anni i fan hanno sognato una reunion che, dopo decenni di liti furiose, si è realizzata grazie allo zampino della nuova fidanzata di Slash. I Guns’n Roses di oggi non sono quella band giovane e tossica che metteva a ferro e fuoco le location in cui si esibiva. Ai ritardi cronici e ai colpi di testa si è sostituito il professionismo (e anni di astinenza da alcool e droghe). Nonostante qualche chilo in più e qualche nota in meno, i concerti dei Guns’n Roses odierni sono tre ore di spettacolo adrenalinico tra assoli di chitarra leggendari, hard rock tiratissimo, effetti speciali e fuochi d’artificio. Il virtuoso Slash ha trovato una formidabile spalla in Richard Fortus, chiamato ad affiancarlo come seconda chitarra anche se tecnicamente non gli è da meno. Duff McKagan e il suo basso sono una garanzia sia a livello ritmico che di presenza scenica e la band ha acquistato perfino una presenza femminile con l’eterea Melissa Reese e il suo look da manga alle tastiere. E Axl Rose? Il leader dei Guns non è più quell’animale sexy che si dimenava seminudo sul palco, ma un professionista che si impegna a preservare quella voce acuta e particolarissima che forse non raggiunge più le cinque ottave di un tempo, ma graffia ancora. Il repertorio è quello storico, per i fan sentire dal vivo le hit immortali – da Paradise City a Sweet Child of Mine – è un’emozione incredibile, ma gli inediti inseriti di recente nel recente tour americano fanno presagire l’arrivo di un nuovo disco a quasi tren’tanni da The Spaghetti Incident?. Sarà vero?
2. David Gilmour
Se Roger Waters è l’anima più militante e cerebrale dei Pink Floyd, David Gilmour è l’anima più artistica e melodica. In parte il repertorio dei due ex compagni, oggi divisi da antichi rancori, è sovrapponibile, anche se ognuno dei due artisti, nei brani, continua a eseguire ostinatamente solo le sue parti. Pur non rinunciando a soluzioni visive suggestive, David Gilmour lascia che sia la musica la vera protagonista dei suoi live. Gli anni passano, ma il musicista britannico torna a eseguire i suoi celebri assoli, tra i più indimenticabili della storia del rock, con la stessa pulizia e sensibilità di un tempo. L’agilità è ancora quella di una volta, ma oggi ad aggiungersi è la consapevolezza, frutto della sopraggiunta maturità, che fa gustare a Gilmour ogni singola nota eseguita per la gioia dei fan e dei compagni di palcoscenico. Unendo i brani immortali dei Pink Floyd, da Wish You Were Here a Confortably Numb, agli estratti degli album post-Waters come The Division Bell, i live di David Gilmour diventano momenti catartici, vere e proprie messe rock, riti da condividere collettivamente tra nostalgici e nuovi iniziati, come è accaduto a Pompei nel 2016.
1. Bruce Springsteen
Chi bazzica i concerti sa che la corona di re dei live show non può che andare a Bruce Springsteen. Consigliamo a chi si voglia cimentare nell’esperienza catartica di prepararsi fisicamente perché i concerti del Boss difficilmente durano meno di tre ore. L’origine del soprannome di Springsteen, più che meritato, la si intuisce vedendo in azione sul palco il rocker ultrasettantenne. I neofiti devono sapere che i live di Springsteen prevedono dei veri e propri riti che vanno dalla conquista dei braccialetti necessari per accedere al Pit alla preparazione dei cartelli da usare per richiedere i brani preferiti. In tre ore e rotti di concerto, il Boss si diletta a eseguire interi LP e brani rari pescati a caso nella sua sterminata discografia, facendo impazzire la E-Street Band, che spesso si trova costretta a improvvisare visti i repentini stravolgimenti di scaletta. Ogni concerto di Bruce Springsteen è un’esperienza unica, ma ciò che è costante è il livello di energia trasmesso dal rocker, che arringa la folla con la sua voce roca alternando immortali rock ballad a brani tiratissimi. L’uomo che è nato per correre non si tira indietro neppure quando si tratta di far cantare banbini o tirare su sul palco e far ballare nel buio insieme a lui fanciulle adoranti. È la magia del rock, baby. È la magia del Boss.