Anno 1986, esce nelle sale cinematografiche il film Stand by Me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner.
Il titolo prometteva già bene, dato che riprendeva quello di una canzone di successo di Ben E. King, ricantata nel tempo da diversi artisti.
Il film è tratto dal racconto Il corpo (The Body), contenuto nella raccolta di novelle Stagioni diverse di Stephen King. E questo è un altro punto a favore della pellicola , insieme alla colonna sonora, perché attira gli estimatori di King ma non scontenta tutti gli altri, che possono apprezzare di questa opera una certa vena romantica raccontata sullo sfondo dei rapporti di amicizia in età adolescenziale.
Se pensiamo all’estate e all’adolescenza i ricordi si accavallano e creano uno strano puzzle spesso indecifrabile perché quel che ci è accaduto nel passato potrebbe mutare le prospettive ma anche i ricordi stessi. Stand by Me ci regala proprio quella sensazione: un ricordo che forse è un po’ sbiadito e forse è un po’ inventato, l’amicizia che fa da filo rosso a tutto, l’avventura in grado di legare per sempre quattro ragazzi che si apprestano a diventare adulti e a capire che cosa voglia dire.
Stand by Me non è un film che passa inosservato, ma lascia una traccia indelebile nel nostro immaginario personale e cinematografico. Ecco quindi i 3 motivi che rendono Stand by Me – Ricordo di un’estate un film cult.
1. River Phoenix
Una stella perduta, un attore che abbiamo perso troppo presto. Fratello maggiore dell’ora famoso Joaquin Phoenix, River Phoenix in Stand by Me interpreta Chris Chambers, leader naturale del gruppo di protagonisti e migliore amico di Gordie, nomignolo di Gordon Lachance.
Nel film il personaggio di River affronta il passaggio verso la maturità in uno strano viaggio in cui lui e i suoi tre amici vanno alla ricerca del corpo di un ragazzo morto (Ray Brower) di cui non è stato ritrovato il cadavere.
Anche nel film il personaggio interpretato da Phoenix muore in giovane età, come avvenuto all’attore.
Il film parte proprio da questo pretesto: Gordon “Gordie” Lachance legge su un giornale della morte di Chris e ripensa a un’avventura vissuta nell’estate del 1959 insieme ai suoi amici Chris, Teddy Duchamp e Vern Tessio nella cittadina di Castle Rock.
Di River Phoenix ci restano le sue interpretazioni in film come Nikita – Spie senza volto, Vivere in fuga, Indiana Jones e l’ultima crociata (Steven Spielberg lo scelse per impersonare un giovane Indiana Jones), Ti amerò… fino ad ammazzarti, Belli e dannati.
Un attore che certamente ci ha regalato molto anche nei suoi pochi anni di vita e che resta iconico ed emblema del cinema a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.
2. Il potere dell’amicizia
Per cercare il cadavere di un ragazzino di cui non è stato denunciato il ritrovamento alla polizia, i quattro amici partono per un viaggio che sarà ricco di peripezie.
L’avventura che intraprendono li porta a confrontarsi e a crescere ed è una classica storia infarcita di mille ostacoli e di coraggio. Durante il viaggio i quattro amici maturano a tal punto da pensare che la cosa migliore per risolvere la faccenda del cadavere ritrovato sia fare una chiamata anonima alla polizia, senza dunque prendersi alcun merito per il ritrovamento. Sul finale del film, il racconto ritorna all’inizio: Gordie scopre della morte di Chris leggendo un giornale e comincia a scrivere l’avventura vissuta anni prima con i suoi amici.
Perché, nel frattempo, Gordon è diventato adulto, uno scrittore e il film si conclude mentre alza la testa dalla macchina da scrivere e guarda i suoi figli dalla finestra mentre giocano. Proprio in quella scena Gordie pronuncia la famosa frase: “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”.
Ed è anche questo il potere di un film come Stand by Me: ricordarti il potere dell’amicizia, quella vera, quella che a volte non puoi e non riesci a decifrare in età adulta. L’amicizia senza altri fini e senza filtri. Quella senza maschere, che vivi forse solo durante l’infanzia e l’adolescenza. L’ultima citazione dice tutto e, anche se va scoperta guardando il film, possiamo certamente dire con sicurezza che vale la pena guardarlo non solo per la storia in sé ma anche per i dialoghi, e per i tanti micro avvenimenti che ne fanno un dipinto unico nel suo genere.
3. La sensazione che ti lascia dopo averlo visto
Questa sensazione positiva (o malinconica) che il film lascia addosso di certo non può essere universale. Ci saranno persone a cui il film non è piaciuto e che non lo rivedrebbero mai. Sono gusti e sono scelte.
Ciononostante Stand by Me – Ricordo di un’estate non può lasciare indifferenti neanche gli eventuali detrattori, perché si basa su un trascorso di vita comune a tutti. Chiunque ha vissuto avventure adolescenziali nei boschi o durante i viaggi con gli amici. Chiunque si è ritrovato a raccontare storie dell’orrore al buio in una tenda e chiunque da piccolo ha vissuto almeno qualcosa di ciò che viene raccontato in questo film.
Dunque è molto facile identificarsi in uno dei protagonisti, anche se sono tutti maschi (ma non è una questione di genere quella che sta al centro della narrazione, i quattro ragazzi potevano benissimo essere scambiati con quattro ragazze).
L’universalità della storia è il vero punto di forza del film. Si allinea alle nostre vite in una maniera quasi magica.
I protagonisti crescono e trovano un po’ stessi, e chi guarda la loro storia ritrova un po’ della sua fermandosi a riflettere. Il regalo più grande di questa storia è la carezza che ci lascia sul volto, come a volerci tranquillizzare dalle nostre paure, dalle nostre ansie, dalla nostra folle smania di crescere. E a farci tornare, almeno per un giorno, indietro nel tempo.