“Una giovane ragazza con un gusto pronunciato per i piccoli piaceri della vita“: questa è Amélie Poulain. Il nome non vi dice proprio niente? Allora vi rispolveriamo la memoria ricordandoti che Il favoloso mondo di Amélie usciva 20 anni fa in Francia e Amélie Poulain, interpretata da Audrey Tautou, ne è il personaggio principale. Il lungometraggio di Jean-Pierre Jeunet, cineasta che aveva già all’attivo, fra gli altri, film come Delicatessen (1991) e Alien – La clonazione (1997), uscì infatti nelle sale cinematografiche francesi proprio il 25 aprile del 2001. In Italia, invece, sarebbe uscito alcuni mesi dopo, il 25 gennaio del 2002. Con l’occasione di questa importante ricorrenza, vi proponiamo qualche riflessione su quanto sia importante quest’opera, ancora oggi, nella storia recente della cinematografia.
La trama
Parigi. Amélie Poulain è una giovane cameriera in un bar nel quartiere di Montmartre; la vita di Amélie trascorre placida e senza troppi scossoni, fatta di piccoli riti quotidiani e rapporti interpersonali cordiali ma mai davvero profondi. La sera del 31 agosto 1997, giorno della morte di Lady Diana, Amélie scopre per caso, all’interno del suo appartamento, una scatoletta piena di piccoli oggetti, ricordi d’infanzia di qualcuno. In quel momento la giovane si mette in testa di riconsegnare la scatoletta al legittimo proprietario; riuscita nell’intento, grazie a uno stratagemma ingegnoso, Amélie decide che da allora in poi si occuperà di sistemare tutto quello che non va nelle vite degli altri. In questa difficile missione, però, non dovrà dimenticarsi della propria vita…
Un’estetica che non si dimentica
L’estetica che Il favoloso mondo di Amélie propone allo spettatore ha una cifra distintiva così forte che ogni singolo fotogramma è diventato, sin da subito, quasi un marchio di fabbrica. La fotografia, dai toni tendenzialmente caldi e sempre vividi e contrastati, dipinge dei quadri dalla bellezza davvero rara. Le strade, le case e, in generale, gli ambienti in cui si muovono i personaggi, sono come dei diorami deliziosi che non smetteremmo mai di guardare. Il direttore della fotografia, Bruno Delbonnel, ha costruito un “mondo visivo” che fa il paio perfettamente tanto con la storia raccontata che con la regia di Jean-Pierre Jeunet; e non si tratta solo dei magnifici grandangoli che in più di un caso incorniciano il viso di Amélie. La costruzione delle suggestioni visive è coerente per tutto l’arco del film e fa quasi narrazione a sé. E possiamo ben dire che questa estetica è riuscita a far sentire la sua influenza persino nel cosiddetto “mondo reale”, generando un vero e proprio archetipo. E così veniamo alla regia…
La regia di Jeunet
Jean-Pierre Jeunet, classe 1953, regista ma anche sceneggiatore di questa magnifica opera che stiamo ricordando, in Il favoloso mondo di Amélie costruisce una regia sontuosa, barocca e leggerissima allo stesso tempo. Basti qui ricordare solo un paio di sequenze, tra le più note; quella, tecnicamente vertiginosa, in cui la protagonista lancia dei sassi sul Canal St. Martin, facendoli rimbalzare sull’acqua, e, in un altro momento del film, quel vorticoso attraversamento del quartiere, con la giovane donna che accompagna un uomo cieco passando in rassegna tutto ciò che lei vede e l’uomo non può ammirare. La consapevolezza del mezzo cinematografico da parte del regista francese è totale, e ogni passaggio, anche quello più elaborato, risulta comunque funzionale a farci vivere la storia, tenera e a tratti irresistibilmente ingenua, di Amélie Poulain.
Audrey Tautou, il vero fulcro
Abbiamo detto della fotografia e della regia, certo, ma come sarebbe stato il film senza Audrey Tautou? L’attrice francese, nata a Beaumont, piccolo centro non lontano da Clermont-Ferrand, nel 1976, è semplicemente perfetta nel suo ruolo. E, aggiungiamo, talmente dentro di esso che, per molti, Audrey sarà, in realtà, per sempre Amélie. Gli sguardi in camera, il taglio dei capelli, la camminata: tutto è unico e contribuisce alla creazione di un personaggio indimenticabile. Sin dalla prima sequenza, in apparenza catchy ma in realtà profondissima, ci troviamo accanto alla giovane cameriera del Café des 2 Moulins e, quando il film finisce (non facciamo spoiler, nel caso in cui ci fosse ancora qualcuno a non averlo visto) ci lascia quella sensazione straordinaria che tutte le opere d’arte più belle ci donano, vale a dire: vorremmo che non finisse più.
Un apologo potente, ma con discrezione
Insomma: ci sembra di poter definire Il favoloso mondo di Amélie come un apologo magnifico, potentissimo, che però arriva allo spettatore lievissimo, più che gentile. Tutti gli elementi che abbiamo voluto mettere in evidenza, dalla splendida protagonista alla regia fino alla sua estetica cinematografica più in generale, concorrono a creare con una magnifica sintonia una storia semplice, sì, ma da ricordare a lungo. Si tratta, per tornare all’inizio e chiudere così il cerchio, semplicemente di farsi raccontare, ascoltando trasognati, la storia di “una giovane ragazza con un gusto pronunciato per i piccoli piaceri della vita”.