Il reale immaginato, trasfigurato o osservato con rigore è ciò di cui il cinema si nutre. Connettersi con la realtà e rappresentarla è un imperativo civile, i film basati su vicende reali attraversano da sempre il linguaggio cinematografico ispirando registi e smuovendo le coscienze dello spettatore che guarda. Di seguito la nostra classifica dei migliori film tratti da storie vere, in ordine cronologico, da guardare.
1. Sacco e Vanzetti (1971)
La vicenda dei due anarchici italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, ritenuti responsabili di un attentato dinamitardo nell’America in cui erano emigrati a inizio Novecento e condannati a morte nel 1927 senza prove sufficienti, all’epoca dei fatti sconvolse le coscienze di molti, soprattutto per la resistenza dimostrata dalle autorità ad una riapertura dei processi. Quella storia ispirò nel 1971 Giuliano Montaldo che ne realizzò un film di rara potenza affidando il ruolo dei protagonisti a Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla, che a Cannes, dove Sacco e Vanzetti era stato presentato in concorso, ottenne il premio per la miglior interpretazione maschile.
2. Il caso Mattei (1972)
Bisogna andare un po’ indietro nel tempo per rintracciare quello che è stato selezionato tra “i 100 film italiani da salvare”, una classifica stilata nel 2008 contenente le “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”. Parliamo de Il caso Mattei, un “giallo politico” diretto da Francesco Rosi e incentrato sulla figura di Enrico Mattei, presidente dell’ENI, morto in un attentato aereo il 27 ottobre 1962. Tra cronaca e documentario con un montaggio dal ritmo serrato che alterna diversi punti di vista, è ancora oggi uno dei migliori esempi del genere, un’opera tesa e di indubbio valore artistico e civile che al Festival di Cannes del 1972 vince il Grand Prix per il miglior film ex aequo con La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. Gian Maria Volonté, protagonista di entrambi i film, ebbe una menzione speciale.
3. Tutti gli uomini del presidente (1976)
Nel 2003 l’American Film Institute ha inserito la coppia di protagonisti al ventisettesimo posto tra i “migliori eroi della storia del cinema”, mentre nel 2010 viene scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, perché giudicato “di rilevante significato estetico, culturale e storico”. Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula arrivò nelle sale nel 1976 e rappresenta forse uno dei migliori film sul giornalismo: basato sull’omonimo saggio dei giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein, ripercorre l’inchiesta del Washington Post che nel 1974 portò allo scandalo Watergate e alle dimissioni dell’allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Un film epico, un racconto appassionato, realistico e meticoloso sull’America dell’affare Watergate, grazie alla sceneggiatura di William Goldman e alla sapiente regia di Pakula, capace di guidare lo spettatore tra i sentieri di una trama fittissima e incalzante senza farlo perdere. A interpretare i due giornalisti Robert Redford e Dustin Hoffman, straordinari e infaticabili, tanto da trascorrere diverse settimane nella redazione del Washington Post, per capire fino in fondo il mestiere del cronista e coglierne le sfumature necessarie a un’interpretazione che rimane tra le più credibili di tutti i tempi.
4. Fuga di mezzanotte – Midnight Express (1978)
È il film che consacra definitivamente il talento registico di Alan Parker, un dramma carcerario che ripercorre la storia realmente accaduta allo studente universitario Billy Hayes, arrestato nel 1970 all’aeroporto di Istanbul per possesso di hashish e condannato all’ergastolo nel carcere di Sağmalcılar. Fuga di mezzanotte segue la tragica permanenza del protagonista nelle carceri turche e ricostruisce i suoi tentativi di fuga, fino al catartico epilogo finale. Presentato in concorso al 31esimo Festival di Cannes il film si basa sull’autobiografia di Hayes, adattata per il grande schermo da Oliver Stone memore del breve periodo di detenzione vissuta per essere stato sorpreso con della marijuana addosso mentre prestava servizio in Vietnam; la pellicola diventò un cult e si impose all’attenzione di pubblico e critica per l’approccio estremamente realistico, nonostante la fedeltà ai fatti abbia più volte accesso diversi dibattiti. Nota di merito anche per l’interpretazione di Brad Davis, l’attore nei panni del protagonista, che conquistò un Golden Globe.
5. JFK – Un caso ancora aperto (1991)
Otto nomination e due premi Oscar per uno dei film destinati a ricostruire una pagina controversa di storia americana, che avrebbe per sempre lasciato un segno nell’immaginario collettivo. Con JFK Oliver Stone si lancia nell’ambiziosa impresa di raccontare i fatti immediatamente precedenti all’assassinio del Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy e le indagini successive condotte dal procuratore di New Orleans, Jim Garrison, che nutriva diversi dubbi sulla tesi ufficiale della Commissione Warren, la quale ritenne Lee Harvey Oswald come il solo esecutore materiale dell’attentato. Stone sposò la tesi di Garrison e scrisse la sceneggiatura insieme al giornalista Zachary Sklar, basandosi sul libro di Jim Marrs “Crossfire: The Plot That Killed Kennedy” e si quello scritto dallo stesso procuratore distrettuale. Un film di denuncia prima che di ricostruzione, con un Kevin Costner che nei panni di Garrison dà prova di un’interpretazione per sottrazione e sempre straordinariamente misurata.
6. Schindler’s List (1993)
Nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito nella classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi mentre nel 2004 la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti lo sceglie perché venga conservato nel National Film Registry. Schindler’s List è uno di quei film che non invecchia: denuncia, dramma storico e ricostruzione appassionata di una delle tante piccole storie virtuose durante il buio dell’Olocausto. Il regista si ispira al romanzo La lista di Schindler di Thomas Keneally e racconta la vera storia di Oskar Schindler, l’uomo che salvò più di 1.000 ebrei dallo sterminio della Shoah. Girato interamente in bianco e nero, eccezion fatta per pochissime scene (come quella in cui appare una bambina con il cappotto rosso), ricevette 12 nomination agli Oscar, vincendone sette.
7. Salvate il soldato Ryan (1998)
La vera storia dei Fratelli Niland regala a Steven Spielberg il secondo Oscar per la miglior regia. Il film ambientato durante la seconda guerra mondiale, nei giorni dello sbarco in Normandia delle truppe anglo-americane, racconta l’epica e struggente ricerca da parte di una squadra di uomini capitanata da John H. Miller (Tom Hanks) del soldato James Francis Ryan (interpretato da Matt Damon), quarto fratello di una famiglia dell’Iowa che sul campo di battaglia ha già lasciato tre figli. Un dramma bellico monumentale e di straordinario realismo, di cui rimarranno impressi nella memoria i primi venti minuti, quelli che rappresentano l’inferno dello sbarco dei soldati a Omaha Beach nell’inferno dei corpi straziati, che cadono sotto i colpi della controffensiva tedesca. Spielberg sceglie di affidare il racconto al flashback di un ottantenne statunitense sulla tomba del cimitero americano in Normandia.
8. Erin Brockovich – Forte come la verità (2000)
È il film che nel 2000 consacrò Julia Roberts con l’Oscar per la migliore attrice. Diretto da Steven Soderbergh racconta la storia vera di Erin Brockovich, segretaria di uno studio legale e madre single con tre figli sulle spalle, che nel 1993 grazie al suo ostinato senso di giustizia e verità indagò sulla Pacific Gas and Electric Company, portandola a processo per la contaminazione con cromo esavalente delle acque della città di Hinkley in California. Nel 1996 il colosso dell’energia fu costretto a pagare ai residenti della cittadina californiana un cospicuo risarcimento: 333 milioni di dollari. Un film di denuncia con un’eroina profondamente umana e credibile, lontano dalla retorica di certe pellicole hollywoodiane; l’audace sceneggiatura di Susannah Grant e la regia solida di Soderbergh fanno il resto.
9. Prova a prendermi (2002)
È Steven Spielberg agli inizi degli anni 2000 a mettere le mani sul romanzo autobiografico Catch Me if You Can di Frank Abagnale Jr., uno dei più grandi falsari di tutti i tempi che tra che tra il 1964 e il 1969 riuscì a incassare centinaia di assegni falsi in ben 26 paesi del mondo e in tutti gli Stati Uniti. Catturato in Francia nel 1969, fu condannato dopo soli due giorni di processo a un anno di reclusione (poi ridotta a sei mesi) al termine della quale iniziò a scrivere la propria autobiografia. Prova a prendermi racconta attraverso la leggerezza della commedia le sue camaleontiche truffe e la caccia incessante che gli darà il suo antagonista per eccellenza, l’agente FBI Carl Hanratty. La sceneggiatura scritta da Jeff Nathanson in collaborazione con Abagnale, trascura alcuni dettagli della storia e si concentra sul rapporto tra i due, interpretati dalla straordinaria ed eccentrica coppia composta da Leonardo DiCaprio (Abbagnale) e Tom Hanks (Hanratty).
10. The Terminal (2004)
È ancora una volta il talento di Steven Spielberg a portare sul grande schermo la realtà. Se nel 2002 lo aveva fatto con la storia del falsario Frank Abagnale, due anni dopo ci riprova con la surreale vicenda del rifugiato iraniano Mehran Karimi Nasseri, che per dal 1998 al 2006 visse nel terminal 1 dell’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, dopo il rifiuto di un visto di ingresso dal Regno Unito e diversi anni di peregrinaggio in giro per l’Europa alla ricerca di un paese che lo accogliesse. Spielberg lo usa solo come input per dirigere un film fortemente critico verso l’America e che racconta le disavventure di Viktor Navorski (interpretato da Tom Hanks), cittadino di uno stato immaginario dell’Europa orientale, la Krakozhia. Atterrato a New York Viktor si vede negare l’ingresso negli Usa: il suo paese è infatti rimasto vittima di un colpo di stato e gli Stati Uniti non sono disposti a riconoscere il nuovo assetto politico. A Viktor, a cui viene anche impedito di far rientro in patria, non rimane che fermarsi in aeroporto fino a quando le cose non si saranno risolte. Il terminal diventerà la sua nuova casa, un microcosmo con i suoi protagonisti e le sue regole. Spielberg ne fa un non luogo attraverso il quale demolire il mito del sogno americano.
11. Into the wild (2007)
Indimenticabile la colonna sonora composta da Michael Brook, con le canzoni di Eddie Vedder, che con il brano “Guaranteed” vinse anche il Golden Globe per la miglior canzone originale. Into the Wild si ispira alla storia vera di Christopher McCandless, un giovane benestante della Virginia Occidentale che subito dopo la laurea abbandona la famiglia per intraprendere un lungo viaggio in solitaria attraverso gli Stati Uniti: un peregrinare durato due anni, fino a alle terre sconfinate dell’Alaska dove muore dopo aver ingerito delle erbe velenose. Lo dirige e lo scrive Sean Penn adattando liberamente il libro di Jon Krakauer “Nelle terre estreme”, dieci anni dopo averlo letto: tanto dovette aspettare prima di ottenerne i diritti. Un western dell’anima in cui Penn privilegia gli spazi sconfinati della natura e li contrappone al tormento interiore del protagonista interpretato da Emile Hirsh. Un inno alla libertà e alla ricerca di se stessi.
12. The Social Network (2010)
Facebook aveva appena sei anni e si stava affermando in tutto il mondo, ma le app mobile erano lontane anni luce dal diffuso uso comune e Aaron Sorkin era ancora lo sceneggiatore della serie tv Studio 60 on the Sunset Strip. Era il 2010 e di lì a poco tutto sarebbe cambiato: arriva in sala The social network, il film con cui Sorkin raggiunge l’apice del successo dimostrandosi ancora una volta maestro nella scrittura. Alla regia c’è un altro grande nome, David Fincher che sulla base di una sceneggiatura pressoché perfetta, porta sul grande schermo la controversa storia della nascita di Facebook e del processo che trascinò in tribunale uno dei suoi inventori, Mark Zuckeberg, accusato prima dai fratelli Winklevoss di avergli rubato l’idea e poi dal suo socio Eduardo Saverin per essere stato estromesso dalla lista dei padri fondatori. A interpretare quel manipolo di studenti che avrebbe cambiato per sempre il mondo della comunicazione furono scelti Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake e Armie Hammer, che si rivelarono perfetti; la pellicola fece incetta di premi fino ad arrivare a conquistare 3 premi Oscar (per la miglior sceneggiatura non originale, per la miglior colonna sonora e per il miglior montaggio).
13. Il discorso del re (2010)
Una ricostruzione che persino la regina Elisabetta avrebbe apprezzato. Il discorso del re di Tom Hooper riporta sullo schermo la storia legata alla balbuzie del re Giorgio VI e racconta il rapporto con il logopedista che se ne occupò, Lionel Logue. Il discorso al quale si fa riferimento è quello con cui il re annunciò alla nazione l’entrata in guerra contro la Germania e l’ingresso del Regno Unito nella seconda guerra mondiale. Un’opera che fa della caratterizzazione dei personaggi e della scrittura i suoi punti forti e che consacra definitivamente il talento di Colin Firth: per l’interpretazione misurata e umanissima di Giorgio VI, nel 2011 l’attore britannico vinse un Oscar, il quarto per il film insieme a quelli per la miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior film.
14. 127 ore (2010)
Nel 2010 tocca al genio visionario di Danny Boyle raccontare la straordinaria avventura di Aron Ralston, un alpinista statunitense che nell’aprile del 2003 rimase intrappolato in un Canyon dello Utah e che per sopravvivere fu costretto ad amputarsi il braccio destro. Scritto dal regista insieme a Simon Beaufoy, il film 127 ore si basa sul libro di Ralston “Between a Rock and a Hard Place”; un racconto di lotta per la sopravvivenza in cui la tensione crescente poggia, oltre che sulla sapienza registica di Boyle, sul solo attore in campo per tutte le due le ore di film: James Franco, che riceve una candidatura agli Oscar come miglior attore.
15. Diaz (2012)
Con Diaz Daniele Vicari realizza, a quasi dieci anni di distanza dai tragici fatti di Genova 2001, la prima opera di finzione su una delle pagine più buie della storia democratica del nostro paese. Da indagatore appassionato del reale, il regista ricostruisce con estremo rigore l’irruzione violenta della polizia nella scuola Diaz, dove pernottavano diversi manifestanti arrivati a Genova per il G8. Furono scene da macelleria messicana, con centinaia di attivisti feriti e trasportati in ospedale, la più grande sospensione dei diritti civili nella storia dell’Italia repubblicana. Non una semplice ricostruzione, ma un cinema di denuncia che con lucida consapevolezza scuote le coscienze e costringe a fare i conti con molti interrogativi.
16. Argo (2012)
Un thriller sofisticato che regala al Ben Affleck regista, per la terza volta dopo Gone Baby Gone e The Town, il riscatto artistico che aspettava da tempo. Basato sul libro di Master of Disguise: My Secret Life in the CIA di Tony Mendez, ex agente della Cia, Argo ricostruisce la vicenda reale di sei cittadini americani che nel 1979 furono costretti a fuggire dall’ambasciata Usa a Teheran presa d’assalto da alcuni rivoluzionari, per trovare asilo in quella canadese. Per liberarli fu messa in piedi una missione segreta, la Canadian Caper, operazione congiunta tra Stati Uniti e Canada, che prevedeva il coinvolgimento di una produzione hollywoodiana con tanto di sceneggiatura. Per ottenere i permessi necessari a entrare nel Paese e prelevare gli ostaggi, l’idea dello stesso Mendez fu quella di far credere che si stesse girando un film in Iran; solo spacciandoli per i membri di una troupe cinematografica canadese si poteva sperare di poterli riportare negli Stati Uniti. La maestria con cui Affleck riesce a mettere in scena film d’azione e commedia hollywoodiana gli varranno tre Premi Oscar, compreso quello al miglior film, tre British Academy Film Awards e due Golden Globe.
17. The Wolf of Wall Street (2013)
Forse uno dei lavori più folli e pirotecnici di Martin Scorsese, che con The Wolf of Wall Street torna a lavorare con il suo attore feticcio, Leonardo DiCaprio, a un soffio dall’Oscar e qui in una delle sue interpretazioni più libere e scalmanate. Adattamento delirante e allucinogeno dell’autobiografia Il lupo di Wall Street, il film racconta la parabola di Jordan Belfort, uno dei più celebri broker di New York, un ‘cowboy della finanza’, che nella selvaggia Wall Street degli anni ’80 si fa strada come broker manipolando i mercati e truffando milioni di investitori. A ventisei anni aveva guadagnato 49 milioni di dollari.
Fu lo stesso DiCaprio a portare la sceneggiatura a Scorsese, molto prima che iniziasse a girare Shutter Island, poi il progetto si arenò per riprendere quota nel 2012. Diverse le scene diventate cult come quella dell’affondamento dello yacht sulle note dell’italianissima Gloria di Umberto Tozzi o quella in cui DiCaprio in dopo l’ennesimo cocktail di sonniferi e droghe farfuglia e striscia per terra in preda alle visioni distorte delle allucinazioni. Un film delirante.
18. Dallas Buyers Club (2013)
Un film spartiacque nella carriera di Matthew McConaughey che gli valse un Oscar come miglior attore protagonista. Diretto da Jean-Marc Vallée, Dallas Buyers Club si ispira alle storia vera di Ron Woodroof, un cowboy texano, omofobo e appassionato di rodei. A metà degli anni ’80 scopre di essere malato di AIDS, proprio quando le cure erano ancora poco studiate e la malattia fortemente stigmatizzata nell’immaginario collettivo come una piaga che avrebbe riguardato solo omosessuali, trans e tossicodipendenti. Capirà che non è così, nello stesso tempo porterà avanti una battaglia per fare spazio a cure alternative a quelle ufficiali, contrabbandando farmaci non approvati in Texas e che lui stesso usava per curare i sintomi della malattia. Insieme a McConaughey, che porta sulle spalle l’intero film visibilmente trasformato per l’interpretazione del rozzo cowboy, ritroviamo Jared Leto nei panni del transessuale Royan. Anche lui verrà incoronato dall’Academy come miglior attore non protagonista.
19. 12 anni schiavo (2013)
Dopo il successo di Hunger e Shame, Steve McQueen si lancia nell’impresa di 12 anni schiavo, adattando l’omonima autobiografia scritta da Solomon Northup, violinista di colore nato e cresciuto da uomo libero nella cittadina di Saratoga Springs, almeno fino a quando drogato e ingannato da due agenti non si ritrova in carcere. Torturato e privato dei documenti che ne dimostrerebbero lo stato di uomo libero, viene trasferito nelle piantagioni della Louisiana e ridotto in schiavitù, un calvario che finirà solo molti anni dopo. Il film, prodotto da Brad Pitt che fa parte anche del cast, ne ripercorre l’epopea e la disperata rassegnazione alla prigionia; un racconto di sopravvivenza senza filtri, violento come un pugno nello stomaco, che nel 2014 vince il premio Oscar come miglior film oltre a valere una statuetta anche a Lupita Nyong’o come miglior attrice non protagonista.
20. American Sniper (2014)
Tocca a Clint Eastwood, in quel decennio sempre più regista che attore, raccontare al cinema nel 2014 la storia vera di Chris Kyle, il cecchino più letale d’America ex membro dei Navy Seal. Partendo dall’omonima autobiografia, Eastwood firma una riflessione lucida e spietata sulla follia e l’irrazionalità della guerra, che pure non riuscirà a mettere d’accordo tutta la critica. Nei panni del protagonista di American Sniper troviamo Bradley Cooper, che fu anche uno dei produttori del progetto, inizialmente affidato a Steven Spielberg che però nel 2013 abbandonò per divergenze con la Warner Bros. titolare dei diritti del libro su cui si basa il film. Nella storia firmata da Eastwood gli occhi di Chris Kyle diventano lo sguardo diretto sugli orrori della guerra in Iraq, tra il 2003 e i 2008: prima il Kuwait, poi sui tetti di Nāṣiriya, Fallujah, Ramadi, Baghdad dove combatté infilando un colpo dopo l’altro (160 guerriglieri uccisi) con una precisione che gli fece guadagnare il macabro primato di cecchino infallibile. Tornato a casa dalla moglie e dal figlio appena nato, smette di fare il soldato e inizia ad aiutare i reduci come lui ritrovando il senso della vita. Morirà ucciso proprio da uno di loro. Il film fu candidato a 6 premi Oscar, conquistando alla fine solo quello per il miglior montaggio sonoro.
21. Il caso Spotlight (2015)
Miglior film e miglior sceneggiatura originale ai premi Oscar 2016, Il caso Spotlight di Tom McCarthy è la fedele ricostruzione della vicenda di un gruppo di giornalisti del Boston Globe, che nel 2002 sconvolse il mondo con un’inchiesta sugli abusi di preti pedofili all’interno della comunità locale. Tutto partì proprio dal coinvolgimento dell’arcivescovo Bernard Francis Law, accusato poi di aver coperto diversi casi di pedofilia Lo scandalo travolse la Chiesa Cattolica, che per trent’anni aveva taciuto nel tentativo di insabbiare qualsiasi prova. Film rigoroso a livello registico e di scrittura, che si rifà al solido filone del cinema americano sul giornalismo d’inchiesta.
22. Room (2015)
Dopo l’eccentrico Frank del 2014, il regista Lenny Abrahamson decide di portare al cinema il caso di cronaca raccontato da Emma Donoghue nel romanzo Stanza, letto, armadio, specchio. Girato nel claustrofobico e angusto spazio di un’unica stanza, Room si ispira al caso di sequestro di Elisabeth Fritzl, una donna austriaca che per 24 anni fu costretta a vivere in un bunker sotterraneo costruito dal padre nella cantina di casa ad Amstetten. Durante la prigionia, Firtzl subì ripetuti abusi sessuali dai quali nacquero sette figli. Abrahamson parte da quella vicenda per trasformarla in un film potente e raffinato, in cui il punto di vista privilegiato è quello di Jack, che non conosce nulla del mondo fuori, se non la stanza in cui è nato e cresciuto insieme alla madre Joy, rapita cinque anni prima. Il film consacra il talento di Brie Larson, che per la sua interpretazione nel 2016 conquista l’Oscar come miglior attrice.
23. The Walk (2015)
Tocca a Robert Zemeckis tradurre in immagini l’impresa spettacolare del funambolo francese Philippe Petit, che il 7 agosto 1974 camminò su un filo sospeso a 400 metri di altezza per passare da una torre all’altra del World Trade Center di New York. Il regista di Ritorno al futuro riesce insieme allo sceneggiatore Christopher Browne a raccontare quella folle camminata, realizzando un heist movie che grazie al 3d restituisce bene il senso di vertigine, magia e meraviglia. Preziosa l’interpretazione di Joseph Gordon-Levitt che accettò l’addestramento di Petit in persona: otto giorni per imparare a camminare su una fune, riuscendoci.
24. Dunkirk (2017)
Ci pensa Christopher Nolan con il suo decimo film, che è insieme esperienza sensoriale e racconto bellico, a tradurre in immagini quello che passò alla storia come il ‘miracolo di Dunkirk’ o ‘operazione Dynamo’, l’evacuazione navale che tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940, consentì il salvataggio delle truppe alleate (soprattutto britannici insieme a francesi, belgi e canadesi) rimaste isolate in una lingua di terra a Nord della Francia sulla spiaggia di Dunkirk, circondate dalla truppe tedesche. Dunkirk lavora per sottrazione e Nolan affida alla musica di Hans Zimmer (il tuono degli aerei, il fischio dei proiettili, il ticchettio di un orologio) il compito di diventare parte della narrazione. Il tempo si frammenta e segue tre linee narrative diverse: una settimana sulla terraferma, un giorno in mare e un’ora tra i cieli sopra la Manica. Nolan firma una rivisitazione dichiaratamente anti hollywoodiana concentrandosi sul concetto di vulnerabilità umana più che sull’epica dell’eroe.
25. Sulla mia pelle (2018)
Cinema di denuncia e di impegno civile quello che sposa Alessio Cremonini per narrare gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi, il trentunenne arrestato a Roma il 15 ottobre 2009 per essere stato trovato in possesso di 21 grammi di hashish e che morì nelle prime ore del 22 ottobre in circostanze non chiare nel reparto detenuti dell’ospedale Sandro Pertini della capitale. La vicenda è diventata una dei casi giudiziari più controversi degli ultimi anni: l’autopsia rivelò infatti sul corpo della vittima la presenza di lesioni e traumi che Cucchi non riportava al momento dell’arresto. Il caso coinvolse diversi agenti di polizia penitenziaria, alcuni medici del Pertini, infermieri e carabinieri. Cremonini ricostruisce quella settimana infernale attraverso un racconto molto rigoroso che passa attraverso il corpo emaciato e livido di Alessandro Borghi, che per l’occasione fa un lavoro di totale immedesimazione, quasi stanislavskiano.
26. Green Book (2018)
Con questo film Peter Farrelly, insieme al fratello maestro del politicamente scorretto con titoli come Tutti pazzi per Mary o Scemo + Scemo, porta sul grande schermo una commedia irriverente sulla discriminazione razziale. Ispirato alla storia vera di Don Shirley e Tony Lip (soprannome per Frank Anthony Vallelonga), Green Book diventerà il film dell’anno vincendo tre premi Oscar nel 2019, tra cui quello come miglior film.
In equilibrio perfetto tra dramma sociale e commedia, il racconto ripercorre tutti gli stereotipi razziali nell’America di inizio anni ’60, attraverso la singolare vicenda di un buttafuori Tony Lip, grossolano italo-americano incline al razzismo che, dopo la chiusura del club di New York in cui lavorava, accetta di lavorare come autista per il pianista afroamericano Don Shirley accompagnandolo nelle diverse tappe del suo tour in giro per gli Stati Uniti. Ne nascerà una profonda storia di autentica amicizia, nonostante le diffidenze iniziali. La sceneggiatura fu scritta dallo stesso Farrelly insieme a Nick Vallelonga, figlio di Tony Lip; i protagonisti sono gli straordinari Viggo Mortensen e Mahershala Ali.
27. Il processo ai Chicago 7 (2020)
Secondo lungometraggio di uno sceneggiatore instancabile come Aaron Sorkin, Il processo ai Chicago 7 ricostruisce passo dopo passo la vicenda processuale e i fatti che nel 1968 portarono all’arresto dei cosiddetti Chicago Seven, un gruppo di attivisti contro la guerra del Vietnam accusati di essere i responsabili degli scontri tra manifestanti e Guardia Nazionale avvenuti il 28 agosto 1968 a Chicago durante le proteste alla convention del Partito Democratico. Dialoghi incalzanti e battute brillanti per una ricostruzione abbastanza accurata dei fatti, con un montaggio serrato che alterna alle rievocazioni dei testimoni anche immagini di repertorio. Meritatissima la candidatura agli Oscar come miglior sceneggiatura originale, capace di usare toni e registri diversi per raccontare l’America di quegli anni attraversata da profonde tensioni sociali e dall’irrisolta questione razziale. Lucido cinema di denuncia che ci regala inoltre uno strepitoso Sacha Baron Cohen in un ruolo drammatico.
28. Apollo 13 (1995)
Film del 1995 per la regia di Ron Howard, Apollo 13 narra le vicende relative all’omonima missione spaziale del 1970 che mise a repentaglio la vita di tre astronauti. La missione, facente parte del programma Apollo, aveva come obiettivo quello dello sbarco sullo Luna (il terzo dopo Apollo 11 e Apollo 12); un’esplosione nel modulo di servizio, però, non solo impedì l’allunaggio ma rese anche difficoltoso il rientro sulla Terra per i tre dell’equipaggio, Jim Lovell, Ken Mattingly e Fred Haise, nel film rispettivamente interpretati da Tom Hanks, Gary Sinise e Bill Paxton. Un’opera che coniuga spettacolo e forti emozioni, inserito nella lista stilata dal New York Times dei 1000 migliori film di sempre.
29. A Beautiful Mind (2001)
In questa pellicola del 2001, Russell Crowe veste i panni del matematico premio Nobel John Forbes Nash jr., interpretandone la grande complessità psicologica, dalle vette del successo agli abissi della schizofrenia paranoide. È da poco terminata la Seconda Guerra Mondiale quando la sua innovativa tesi di dottorato a Princeton procura al giovane e talentuoso John un importante posto di ricercatore al Wheeler Laboratory del Massachusetts Institute of Technology di Boston. In piena guerra fredda viene contattato dal Pentagono che gli affida una missione top secret: decodificare un messaggio criptato proveniente dalla Russia e relativo allo scoppio di una bomba atomica miniaturizzata. La sua carriera procede a gonfie vele ma John non è solo un genio matematico, ma anche un malato di schizofrenia paranoide che gli provoca allucinazioni e lo costringe a vivere in un mondo che non è reale. Quali conseguenze avrà la sua decisione di non assumere più i medicinali per tenere sotto controllo la malattia? A Beautiful Mind è un film diretto da Ron Howard che ha vinto, tra gli altri, quattro premi Oscar: miglior film, miglior regia, miglior attrice non protagonista a Jennifer Connelly e migliore sceneggiatura non originale.
30. Il pianista (2002)
Diretto da Roman Polański e con protagonista Adrien Brody (entrambi vincitori di un premio Oscar, rispettivamente alla miglior regia e al miglior attore protagonista), Il pianista è una pellicola del 2002 tratta dall’omonimo romanzo autobiografico di Władysław Szpilman. In particolare, la trama del film racconta le vicissitudini del pianista ebreo dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’invasione della Polonia e di Varsavia da parte della Germania Nazionalsocialista, alla liberazione della città da parte dell’Armata Rossa, seguendo Władysław nella sua fuga e nella sua sopravvivenza al di fuori del ghetto. Un film che si dipana tra dolore e memoria, sempre accompagnato dalla musica struggente del pianoforte, unica vera fonte di forza capace di guidare il protagonista verso la salvezza.
31. The Imitation Game (2014)
The Imitation Game per la regia di Morten Tyldum racconta la storia del matematico nonché padre dell’informatica Alan Turing, interpretato nel film da Benedict Cumberbatch. Nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, il matematico decide di mettere le proprie capacità al servizio del governo inglese per decifrare i messaggi cifrati dei nazisti, creati attraverso una macchina denominata Enigma. Assunto per far parte di un gruppo speciale di crittografi, il suo carattere solitario e pignolo gli renderà difficile il lavoro di squadra, senza però impedirgli di assumere il comando del team e di cambiare il corso degli eventi grazie al suo incredibile talento. Quella di Akan Turing, però, non è, purtroppo solo la storia di un genialità ma anche di persecuzione, ritenuto colpevole di essere omosessuale, considerato un vero e proprio reato per l’epoca.