Questo articolo fa parte di Vita di Api, la rubrica di Chiara Apicella anche su Facebook e Instagram.
Sospirare dietro a persone che non ci valorizzano sarà capitato a tutti, e possiamo annoverarlo fra i tratti di masochismo universale: è una tappa della crescita quasi fisiologica, comune a uomini e donne. Poi c’è chi persevera nelle fantasticherie rivolte a persone del tutto disinteressate, e chi – almeno per orgoglio – decide di demordere, magari balzando all’eccesso opposto: “Se non mi vuole, è un disadattato”. Nel (quasi) giusto mezzo c’è chi, dopo una trafila di individui aleatori come le previsioni meteorologiche, che si facevano vivi quando il loro umore intersecava la giusta combinazione astrale, giunge alla sacrosanta riflessione: “Forse è ora che la smetta di provare attrazione per chi mi evita, ma mi soffermi di più su chi mi apprezza”. Alcuni ci arrivano a vent’anni, altri a quaranta, altri mai. La bellezza della varietà umana risiede anche in queste preziose e randomiche epifanie. Ma vediamo quando qualcuno è adatto a noi attraverso quattro segnali significativi, finalmente introiettati dopo anni di disillusioni da una persona che si piazza con vanto nel (quasi) giusto mezzo.
1. Se non tenta di cambiarci
Questa è una colpa, e anche una grossa ingenuità, di cui ci saremo macchiati anche noi almeno una volta: tentare di cambiare l’altro. E non parlo di richieste tutto sommato ragionevoli, come pregare il partner di non infilarsi i pistacchi nel naso al ristorante, o di non parlare al cinema durante un film (abitudini che, come gravità, quasi si equivalgono). No, parlo di voler cambiare proprio un suo tratto caratteriale, magari per altre persone addirittura amabile. Il nostro partner è troppo lezioso e lo vorremmo un cavernicolo, o al contrario è un gioioso ruspante e vorremmo che usasse convenevoli come se piovesse. Il risultato è sempre un ibrido insoddisfacente per entrambi: un cavernicolo infelice o un damerino che si sforza di fare battute in rap. Non sarebbe molto più semplice accettare il fatto che, come noi non siamo perfetti ai nostri stessi occhi, anche del nostro compagno può non piacerci tutto? Questo non vuol dire rispondere a una richiesta di compromesso con un urticantissimo “Mi dispiace, sono fatto così”. Noi per primi dobbiamo esigere da noi stessi e dall’altro la versione migliore prevista dal nostro ventaglio caratteriale. Ma non possiamo pretendere che un ventaglio floreale diventi a pois, per dire; né dobbiamo consentirlo se lo pretende l’altro.
2. Se ci prende con ironia
L’umorismo il più delle volte stempera ogni asperità. Certo, va usato con raziocinio, non mentre il nostro partner ci confida i suoi ricordi struggenti con la nonna. Ma quando ci comportiamo in modo insopportabile e l’altro, anziché litigare, ci prende bonariamente in giro, possiamo dirci fortunati. Perché l’ironia spesso è la medicina migliore, e la lente attraverso la quale siamo maggiormente in grado di riconoscere i nostri difetti: di riderne in primis, e poi persino di smussarli. Inoltre il rilascio delle endorfine provocato da una fresca risata ci allieta un brutto quarto d’ora, e la vita in fondo è formata da tanti quarti d’ora. Ricordiamoci sempre che Jessica Rabbit stava con un coniglio non perché la eccitassero particolarmente le code a batuffolo, ma perché la faceva ridere.
3. Se non abbiamo paura di fare richieste
Quante volte non ci siamo sentiti in diritto di esprimere a chi frequentavamo un nostro banalissimo desiderio, che ad altre orecchie magari sarebbe risultato teneramente condiviso? “Ti va di passare un weekend in campagna?”. “Ti va di conoscere mia sorella e il suo nuovo fidanzato nerd?”. “Ti va di venire alla presentazione della mia nuova linea di pantofole antisdrucciolo?”. Avevamo sempre l’impressione che fossero richieste troppo impegnative per il livello del nostro rapporto e, qualora ci fosse venuto lo sghiribizzo di capire se quella frequentazione avesse subìto un upgrade, guai se ci azzardavamo a chiederlo: la relazione veniva immediatamente retrocessa a “ci divertiamo: non ti basta?”. Ammettere che non ci bastava sarebbe equivalso a una baldanzosa passeggiata nel centro della città in mutande: inaccettabile per il nostro codice sociale. Ma c’è un dettaglio che abbiamo più o meno coscientemente ignorato. Le relazioni che funzionano sono quelle in cui esprimere all’altro un modesto desiderio che lo coinvolge dovrebbe essere semplice, e non richiedere salatissime sedute dal terapeuta in cui ci battiamo il petto pensando di pretendere troppo: viziati egotici che siamo!
4. Se ci fa stare bene
E qui approdiamo all’ultimo punto, che dovrebbe rappresentare la sintesi di tutti gli altri, anche di quelli non elencati da questo parziale articoletto. Una relazione funziona se ci fa sorridere, non solo quando siamo in compagnia dell’altro, ma anche quando stiamo da soli a pensarci su. Se, temperando distrattamente una matita e immaginando le nostre serate, ci struggiamo di desiderio per qualcosa che sembra lontano e inafferrabile, forse è l’ora di riconsiderare quella relazione. Ci piacciono i rapporti alla Sturm und Drang e il nostro modello di vita è il giovane Werther? Se effettivamente ambiamo a relazioni platoniche (perfette per interminabili descrizioni epistolari) e a finali che potrebbero lasciarci insoddisfatti, allora stiamo seguendo la via giusta. Se invece il quadretto che abbiamo in mente è uno qualsiasi dei tre nuclei familiari della sitcom Modern Family, a base di scaramucce che si risolvono con una risata a colazione, allora molto meglio indirizzare i nostri sogni verso qualcun altro. Una persona che ci apprezzi per quello che siamo, che ci stemperi con ironia, che ci accompagni al matrimonio di nostra cugina senza inventarsi un matrimonio concomitante di suo cugino: in definitiva, una persona che ci faccia stare bene.