Intelligenti, carbon free, inclusive, sicure, circolari e iperconnesse: in poche parole città sostenibili. La nuova sfida dell’urbanistica è quella di progettarle e svilupparle in modo da renderle tali, attraverso interventi strutturali che la crisi pandemica e gli sconvolgimenti climatici degli ultimi anni hanno reso sempre più urgenti.
Ma quali sono le città più sostenibili al mondo? A dircelo quest’anno è lo studio Sustainable Cities Index 2022 dell’Arcadis, società leader di consulenza e di progettazione nell’ingegneria civile e ambientale. Il gruppo ha valutato la sostenibilità di 100 tra le principali città del mondo, in ben 47 Paesi, sulla base di tre parametri fondamentali: pianeta, persone e profitto.
La combinazione dei tre dati chiave ha dato origine a una classifica delle città più sostenibili al mondo che vede le prime dieci posizioni occupate da:
10) Amsterdam
9) San Francisco
8) Parigi
7) Seattle
6) Londra
5) Berlino
4) Copenaghen
3) Tokyo
2) Stoccolma
Al quinto posto della classifica troviamo la capitale tedesca, dove la riqualificazione urbana passa da mobilità sostenibile, domotica e innovazione tecnologica e la qualità della vita è molto elevata. È qui che si concentra il maggior numero di start up straniere al mondo dopo la Silicon Valley: si stima, infatti, che negli ultimi anni siano nate circa 3 mila imprese dedite alla ricerca e allo sviluppo tecnologico. Non solo: dal 2019 la rete del trasporto pubblico è al centro di un piano di rilancio che prevede un ampliamento dei mezzi sostenibili in superficie del 28% entro il 2035, insieme ad un incremento del trasporto su ferro (i tram).
L’obiettivo principale rimane quello di ridurre l’inquinamento ed è per questo che, entro il 2030, tutti i bus pubblici si convertiranno all’elettrico.
La quarta classificata è da sempre attenta alla sostenibilità, tanto da essersi guadagnata, già nel 2014, il titolo di “capitale verde europea”. Potrebbe essere la prima al mondo a diventare carbon free entro il 2025 e non c’è da stupirsi, considerano la quantità di spazi verdi, la presenza capillare di piste ciclabili e di una rete di trasporto pubblico efficiente e all’avanguardia. La città cresce e non solo economicamente: la sua trasformazione verde ha anche creato molti posti di lavoro. Un esempio? Il termovalorizzatore CopenHill, entrato in funzione nel 2017 e realizzato sulla copertura di un impianto per il riciclo dei rifiuti, brucia 70 tonnellate di rifiuti ogni ora e produce energia pulita, quella necessaria per illuminare 60 mila case e riscaldarne 120mila. Una struttura ecosostenibile con aree gioco all’esterno, piste da sci e anche uno spazio per fare trekking.
Quello che viene fuori dallo studio di Arcadis è una nuova visione del concetto di ricchezza e benessere di una città, centrato sul pianeta che condividiamo e sull’uomo che lo abita, e non sul profitto individuale che, da indicatore di successo, diventa mezzo per raggiungere una vita più sostenibile. Insomma, la prosperità economica da sola non basta a garantire benessere, c’è bisogno di molto di più: ci vuole quel fattore x che il Sustainable Cities Index ha identificato nella sostenibilità sociale (persone), ambientale (pianeta) ed economica (profitto).
“Le città vanno radicalmente ripensate. – ha spiegato alla stampa il team lead government di Arcadis Italia, Andrea Vercellotti. – Per questo il rapporto ha un approccio diverso, che punta a considerare le realtà da più punti di vista e le classifiche in base a tre elementi che rendono l’esperienza della vita urbana più piena e soddisfacente”. Il primo parametro, Pianeta, valuta la situazione ambientale delle città selezionate come l’inquinamento atmosferico, la presenza di spazi verdi, la gestione dei rifiuti o le emissioni di gas serra, ma tiene anche conto degli investimenti in energie rinnovabili e mobilità sostenibile. L’indicatore Persone, invece, prende in considerazione “la qualità sociale delle relazioni e delle esperienze di vita urbana”: ovvero la salute, l’educazione, il livello di criminalità, l’equilibrio tra vita privata e lavoro, la connettività e l’affidabilità del trasporto pubblico. L’ultimo aspetto, il Profitto, analizza i valori socio economici, ad esempio la facilità di iniziare nuove attività, il livello di occupazione e lo sviluppo occupazionale.
A dominare le prime posizioni della classifica, quindi, è l’Europa, con ben quattro città su cinque, di cui tre scandinave (Oslo, Stoccolma, Copenaghen).
Tokyo, invece, è l’unica città asiatica a piazzarsi nei primi venticinque posti, ed è settima in termini di sostenibilità sia ambientale (Pianeta) che sociale (Persone). In quest’ultima categoria è sempre l’Europa a rivelarsi la più sostenibile con in testa Glasgow seguita da Zurigo e Copenaghen, che risultano città capaci di offrire ambienti sani, sicuri, connessi e in cui il livello di disuguaglianza di reddito è relativamente basso; al quarto e quinto posto, invece, ci sono due città asiatiche, Seoul e Singapore.
Le città statunitensi, che nella classifica generale devono accontentarsi del settimo e nono posto con Seattle e San Francisco, finiscono fuori invece dalla top five delle categorie singole di Pianeta e Persone, ma riconquistano le prime posizioni nella sezione Profitto: qui, 19 delle prime 20 città, hanno sede negli Stati Uniti. Nessuna delle città che si sono piazzate nella top ten della classifica generale, riesce però a mantenere le prime posizioni in tutte e tre le categorie.
Come si posiziona, invece, l’Italia? Sicuramente fuori dai vertici: prima di incontrare una città italiana dobbiamo aspettare il 51° posto, occupato da Milano, che però è alla posizione 21 in Pianeta, 39 in Persone e 71 in Profitto. Roma arriva solo al 68°, (34° in Pianeta, 66° in Persone, 74° in Profitto); la capitale e Milano sono le uniche italiane in classifica. “Le nostre città si sono formate in epoche storiche e molte sono esplose negli anni ‘50-‘70 sulla base di obiettivi molto diversi da quelli che ci interessano ora. – ha precisato in una delle sue dichiarazioni alla stampa Vercellotti – Gli spazi pubblici non possono più essere dominati dall’auto, il trasporto pubblico deve essere di qualità, i servizi sanitari devono avere una diffusa presenza sul territorio e ci deve essere anche una qualità estetica e ambientale. Purtroppo se compariamo l’Italia all’Europa, noi siamo molto indietro”. La strada da percorrere, quindi, è ancora lunga.
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