La corsa agli Oscar del 2021 è ormai giunta alla sua fase finale. Il cinema italiano è in gara su tre fronti: il Pinocchio di Matteo Garrone è riuscito a strappare due nomination rispettivamente per il trucco e i costumi, mentre Laura Pausini – dopo aver vinto il Golden Globe – spera nel bis con la canzone Seen/Io si, composta per il film La vita davanti a sé. Il documentario di Gianfranco Rosi, Notturno, è rimasto a mani vuote non riuscendo a rientrare né nella cinquina del miglior film straniero, né in quella dei documentari. L’Italia aveva puntato forte sul lavoro di Rosi, ma la scelta non si è rivelata azzeccata. Il dilemma è sempre lo stesso: meglio proporre il film considerato più bello o quello più adatto ai gusti dell’Academy? Spulciando negli annali, abbiamo individuato alcuni film italiani che avrebbero potuto vincere l’Oscar se fossero stati scelti per rappresentare il nostro Paese. Andiamo a scoprirli, proseguendo in ordine cronologico.
1) Ginger & Fred (1986)
Federico Fellini è stato probabilmente il regista italiano più amato negli Stati Uniti. Il genio di Rimini è riuscito a vincere l’ambita statuetta in ben 4 occasioni (per i film La strada, Le notti di Cabiria, 8 e 1/2 ed Amarcord) senza contare l’Oscar alla carriera nel 1993. Probabilmente all’epoca si pensò che gli americani avessero deciso di non premiare più Fellini – visti i tanti riconoscimenti – e si decise quindi di mandare agli Oscar Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico di Lina Wertmüller, che non riuscì ad essere candidato. Eppure, il film di Fellini aveva tutte le carte in regola per poter dire la sua. Ginger & Fred infatti, oltre ad essere stato molto apprezzato dalla critica statunitense (venne anche inserito nella top 5 dei migliori film stranieri stilata dalla National Board of Review) era intriso di una forte carica nostalgica metacinematografica, legata indissolubilmente alle pellicole con cui Fellini riuscì a conquistare le precedenti statuette. Forse sarebbe stata l’occasione buona per permettere al grande cineasta italiano di aggiudicarsi il quinto Oscar della sua carriera leggendaria.
2) Caro diario (1993)
Caro diario è probabilmente il film più iconico di Nanni Moretti. La pellicola riuscì a vincere il premio per la miglior regia al Festival di Cannes, ed ebbe – in generale – un grande successo, sbancando anche i David di Donatello. La struttura episodica e l’animo profondamente italiano del film, fecero sorgere dei dubbi sulle sue possibilità in chiave Oscar. Eppure, grazie alla sua originalità e alla sua sincerità di fondo, siamo convinti che Caro diario avesse tutte le carte in regola per poter far breccia anche nel cuore dell’Academy. La commissione incaricata optò invece per Il grande cocomero della Archibugi, che venne praticamente ignorato.
3) Il postino (1994)
Qui siamo di fronte ad uno degli errori più clamorosi commessi dalla commissione italiana. Il postino a dirla tutta, non venne accolto in maniera trionfale in Italia, tant’è che ai David di Donatello vinse solo per il montaggio. Il film selezionato per rappresentare l’Italia quell’anno fu Lamerica di Gianni Amelio, parecchio apprezzato dalla stampa statunitense ma non dall’Academy, che di fatto non lo candidò. Il produttore de Il postino, Mario Vittorio Cecchi Gori, non si arrese: fece distribuire il film negli States l’anno seguente, battendosi affinché potesse gareggiare agli Oscar nelle categorie principali. Fu un trionfo. Il capolavoro di Troisi vinse ai Bafta del 1996 come miglior film straniero, e riuscì a strappare ben 5 nomination agli Oscar, rispettivamente per il miglior film, la miglior regia, il miglior attore protagonista, la miglior sceneggiatura non originale e la miglior colonna sonora, aggiudicandosi l’unica statuetta per quest’ultima. Col senno di poi, è facile pensare che Il postino avrebbe potuto tranquillamente vincere la statuetta per il miglior film straniero se solo l’Italia ci avesse creduto.
4) Il divo (2008)
Il 2008 viene considerato un po’ l’anno della rinascita del cinema italiano. Dopo anni incerti, senza più una forte risonanza internazionale, ci fu l’exploit di Matteo Garrone e Paolo Sorrentino. I due avevano già mosso passi importanti all’interno dei confini nazionali, ma quell’anno – a Cannes – riuscirono a piazzarsi rispettivamente secondo e terzo, con le pellicole Gomorra (Grand Prix della giuria) e Il divo (Premio della giuria). Fu l’esplosione definitiva e la conferma di due dei più importanti autori cinematografici italiani odierni. Gomorra venne complessivamente ritenuto superiore anche in Italia, dove trionfò ai David di Donatello ed ottenne l’onere e l’onore di rappresentare il Paese agli Oscar dell’anno successivo. La messa in scena antispettacolare, la crudezza e l’asciuttezza del racconto, furono tutte caratteristiche che però non permisero al film di Garrone di rientrare nella cinquina del miglior film straniero. Il divo invece, nonostante tutto, strappò una candidatura per il miglior trucco, ma non solo; la critica statunitense apprezzò parecchio la regia virtuosistica e “pop” di Sorrentino, probabilmente più incline anche ai gusti dell’Academy. È lecito pensare che Il divo avrebbe avuto parecchie chance di portarsi a casa l’ambita statuetta. Sorrentino ebbe modo di rifarsi 5 anni più tardi con la vittoria de La grande bellezza.
5) Io sono l’amore (2009)
Quando uscì Io sono l’amore, Luca Guadagnino era considerato in Italia come il regista di Melissa P. e niente più. Il film venne bocciato da quasi tutta la stampa specializzata e completamente snobbato ai David di Donatello. Negli Stati Uniti invece, le cose andarono diversamente. La pellicola venne elogiata dalla critica ed inserita nella maggioranza delle top ten cinematografiche annuali, riuscendo a farsi strada nelle diverse kermesse internazionali. Io sono l’amore ottenne la nomination come miglior film straniero sia ai Bafta che ai Golden Globes, mentre agli Oscar dovette accontentarsi della candidatura ai costumi, visto che l’Italia scelse Baaria di Giuseppe Tornatore come rappresentante. La pellicola di Guadagnino aveva serie possibilità non solo di essere candidato (la nomination sarebbe stata certa) ma addirittura di vincere. Il rapporto conflittuale tra Guadagnino e il mondo del cinema italiano è divenuto una costante che ci accompagna ancora oggi.