Vive tra gli spazi di un battito di cuore, la musica di Lucio Dalla. Le sue parole non si limitano a raccontare occhi che si perdono nello sguardo degli altri, ma danno vita a quel periodo sospeso, di un amore rimasto sulle punte di una lingua tremolante. Decretare le più belle canzoni di Lucio Dalla è un’impresa titanica. Sono sentimenti non ancora dichiarati, embrioni emotivi di un battito cardiaco accelerato che non riesce a raggiungere la bocca e tramutarsi in parola quelli che vivono nelle pause dei suoi versi. Le sue canzoni sono della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni a occhi aperti, di chi si perde nei movimenti dell’altro, amato silenziosamente
Sono pensieri generati dalla fucina emotiva di coloro che si ritrovano incapaci di fare un passo avanti, di tradurre in realtà quel desiderio bruciante che li lascia attoniti, bloccati in un eterno “forse”. Quello di Dalla era e resta un mondo di parole ammantate di dolci armonie, poesie vestite di note che sussurrano al ricordo del primo batticuore, specchi che donano viso e anima agli ultimi della società. Barboni e innamorati, sacro e profano, carne e spirito santo: è un mondo di opposti, di dicotomie che si uniscono come labbra di amanti distanti, pronti a riunirsi, ritrovarsi, o lasciarsi per sempre sulla scia di un ricordo. Un viaggio delle meraviglie, il suo, che perfino la morte non è riuscita ad arrestare. E finché ci saranno orecchie disposte ad ascoltare, e cuori a battere all’unisono, la voce di Dalla non morirà mai, proprio come le sue canzoni.
Ripercorriamo la carriera di questo eterno artista con le canzoni di Lucio Dalla più belle e famose di sempre, mostrando anche i video.
1. Canzone
Cosa si prova a non incrociare più il proprio sguardo con quello della persona amata? O a sentire il peso della distanza come un macigno che schiaccia con forza sopra il cuore? Si prova tristezza, dolore, malinconia, emozioni disparate che a volte una canzone, alimentata dal ricordo, può alleviare, fino a sprigionarsi e volare oltre ogni confine e arrivare alla mente e al cuore di chi aspetta quelle parole sussurrate e cantate.
Scritta da Samuele Bersani, (di cui Dalla fu il mentore e scopritore) Canzone è il primo singolo estratto dall’album Canzoni, uscito il 5 settembre 1996. Un brano che tenta con la forza della propria melodia di azzerare le distanze, ricucire un cuore a pezzi, giungere alle orecchie di chi si lascia, ricordando che è impossibile sbagliare il bersaglio, perché “se rimane indifferente non è lei”.
2. Cara
È un singhiozzo trattenuto, mille e più farfalle nello stomaco che volano leggiadre, un gioco a perdere dinnanzi alla forza dell’attrazione, Cara. Una dichiarazione d’amore tenuta sospesa sulle pagine di un foglio, di chi parla al condizionale perché troppo impaurito dal dichiararsi. La fantasia corre veloce in questo brano, lasciato impresso nella memoria collettiva soprattutto dopo essere stato scelto da Carlo Verdone per il suo Borotalco.
3. Domani
Non sarà una delle prime canzoni che ci balena in testa quando si pronuncia con ammirazione il nome di Lucio Dalla, ma in Domani vive un respiro di vita, di speranza di riabbracciarsi, ritrovarsi e cucire le distanze come nuvole nel cielo che mai come in questo periodo sussurrano alla nostra mente e alla nostra fantasia. La stanchezza di restare lontani viene alleviata da una promessa fatta a musica, la stessa che gli innamorati si scambiano tutti i giorni, andando oltre la rabbia, o i litigi, per amarsi ancora di più, perché “lo sai, che sei dentro di me”.
4. Anna e Marco
Chissà se stanno ancora danzando, o in in viaggio su un motorino, Anna e Marco. Manifesto del primo batticuore, la canzone di Lucio Dalla ha dato voce agli amori puri, nati per caso ed entrati negli interstizi epidermici dei suoi giovani protagonisti. Un legame indissolubile, come indissolubile è il sogno di stare insieme. Lucio Dalla con Anna e Marco ha dato prova della sua invidiabile abilità di dare vita – fino a rendere tangibili – i personaggi che in punta di piedi entrano tra gli interstizi delle sue partiture. E così, prendendoci per mano, i due giovani innamorati ci rendono testimoni dei loro sogni, dei loro cuori che battono all’impazzata, nell’attesa di un domani che chissà cosa regalerà.
5. L’anno che verrà
Impossibile non lasciarsi coinvolgere da L’anno che verrà. Quel suo incipit così malinconico, e allo stesso tempo colmo di speranze, si è fatto negli anni contenitore di sogni e desideri. Insieme a Lucio Dalla noi tutti ci affacciamo al nuovo anno scrivendo su fogli immaginari le nostre speranze, per poi inviarle ad amici lontani, mancati, persi o ritrovati. Registrato in un 1978 costellato di tragedie nazionali (il delitto Moro, il terrorismo, la morte naturale di papa Paolo VI e quella misteriosa di Giovanni Paolo I) agli Stone Castle Studios, a dominare il testo sono gli anni di piombo a cui Dalla fa esplicitamente riferimento. I versi “Si esce poco la sera compreso quando è festa” alludono effettivamente alla paura della violenza terrorista e malavitosa che spinse alla chiusura in casa delle famiglie italiane, anticipando profeticamente un’altra chiusura, come quella che ci ha spinto a vivere all’ombra della nostra routine quotidiana tra le mura domestiche pre e post-quarantena. L’anno che verrà interpreta benissimo un diffuso sentimento popolare, un rigurgito di stanchezza, violenza e difficoltà economiche che sembra tenere ancora sotto scacco il nostro Paese negli ultimi cinquant’anni. Un po’ come sarà Ciao! manifesto sulle difficoltà precarie di coloro che sbarcano alla ricerca di un futuro migliore tra l’indifferenza generale, già con L’anno che verrà Dalla si è elevato a precursore dei tempi; un testimone visivo non solo dell’anno, ma della storia che verrà.
6. Telefonami tra vent’anni
Ai sorrisi di cuori che palpitano nell’attesa di una conferma, o di un rifiuto, capita che Lucio Dalla abbia saputo mettere nero su spartito la separazione di due innamorati. In Telefonami tra vent’anni troviamo stralci di vita ordinaria, abbigliati di poesia e intrecciati da una promessa: chiamarsi tra vent’anni, un invito a prendere le distanze e al tempo stesso non dimenticarsi, strappato durante i titoli di coda di una storia ormai al capolinea, ma impossibile da rimuovere dalla propria memoria personale.
7. Piazza Grande
Scritta insieme a Ron, Piazza Grande fu presentata per la prima al Festival di Sanremo del 1972 classificandosi quinta. Per anni erroneamente confusa con Piazza Maggiore (di Piazza Grande a Bologna non ve n’è traccia) come dichiarato da Gianfranco Baldazzi nel corso della puntata de La storia siamo noi su Lucio Dalla, la canzone, dedicata a un senzatetto, non si riferisce né a Piazza Maggiore né alla Piazza Grande di Modena, bensì a Piazza Cavour di Bologna, dove il cantautore ha abitato da giovane. Il testo parla infatti di panchine e di erba, assenti sia in Piazza Maggiore che a Modena, e di gatti che non han padrone (in nessuna delle due piazze sembra esserci mai stata alcuna “colonia felina” degna di nota).
8. Rispondimi
Un amore fugace, sperato, sognato. Tutto condensato in una richiesta che vive di speranza: Rispondimi. Il brano, interpretato insieme a Tosca, contiene forse uno dei versi più sinceramente strazianti della musica italiana, ossia quel “un amore è un amore anche se non ha da domani” nel quale ritrovare la forza di una passione mista a sentimento ormai insidiatasi in ogni singolo atomo di un innamorato.
9. 4/3/1943
Doveva inizialmente intitolarsi “Gesubambino”, ma quella che per la volontà della censura divenne 4/3/1943, con il passare degli anni ha abbattuto gli ostacoli dello spazio-tempo di generazioni di ascoltatori, coinvolgendoli, emozionandoli dinnanzi a questo capolavoro immortale. Doveva essere una canzone sull’assenza del padre, ma poi è diventata una canzone sull’assenza della madre, 4/3/1943, lontana dai brani dal sapore stucchevole, e più vicina a una ballata da cantastorie, il brano piazzatosi terzo al Festival di Sanremo del 1971 è una fotografia in bianco e nero tradotta in musica. Il resto è storia.
10. La sera dei miracoli
Una dedica può essere d’amore anche se composta per una città come Roma. Un mondo eterno, abbraccio universale di arte e poesia, ma anche di volti scavati dalla fame, di mani che si allungano alla ricerca di una moneta. Un perfetto contrasto di anime, La sera dei miracoli che Lucio Dalla ha saputo cogliere e trascrivere in note musicali e versi rimasti impressi nella nostra memoria.
E non c’è modo migliore che sintetizzare questo brano se non citando lo stesso Dalla: “Anch’io mi sono sentito un poco zingaro, ho vissuto per un’estate a Roma dormendo sulle poltrone di vimini in un bar… Mi meraviglio sempre più del rapporto che c’è tra me e Roma, una città unica al mondo, un palcoscenico straordinario che unisce tutte le classi sociali, in cui non c’è contrasto, c’è voglia di stare insieme”.
11. Caruso
È una cartolina solo apparentemente sbiadita dal tempo, Caruso. Bastano delle cuffie, un tasto play, ed ecco che ogni ascolto restaura con colori accesi il ricordo del cantante protagonista del brano, e insieme a lui il mondo che lo circonda, quel Golfo di Sorrento di cui Dalla riesce a far sentire l’odore salmastro che lo inebria. Pubblicato nel 1986 Caruso è un composto commosso, malinconico, nato per caso, e offerto alle pagine indelebili della storia. Tutto nacque da un guasto all’imbarcazione, che portò Dalla a soggiornare a Sorrento, proprio nella stessa stanza che anni prima aveva ospitato il tenore napoletano Enrico Caruso, poco prima della morte. Qui i proprietari dell’albergo raccontarono a Dalla degli ultimi giorni della vita del tenore e della sua passione per una giovane a cui dava lezioni di canto. Un input straordinario, di una voce restata in sospeso per anni nell’attesa che qualcuno la cantasse. Ecco dunque che la mente di Dalla inizia a lavorare, la fucina creativa si mette in atto e il capolavoro prende vita là, “dove il mare luccica, e tira forte il vento, su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento”.
12. Disperato Erotico Stomp
Disperato Erotico Stomp è un gioco di doppi sensi, di associazioni erotiche che richiamano una libertà sessuale troppo spesso soffocata e che nel testo di Dalla trova la sua via di fuga fino a raggiungere l’apice nel verso “ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”. Dalla affonda a piene mani nell’inconscio, negli inframezzi dei pensieri e dei non detti, traducendo in musica quell’erotismo sempre un po’ “disperato” e fin troppo spesso tenuto nascosto, sottaciuto, da una morale opprimente che ci fa sentire colpevoli di non si sa bene cosa e perché. Ma la chiave di volta dell’intero brano è il termine “stomp”, un manto di ironia che esorcizza i pensieri ora espressi senza paura, mentre la mani partono e la gente di Berlino si perde per le strade di Bologna.
13. Futura
Certi brani si staccano dal loro abito fatto di note e melodie, per abbracciare una nuova vita, e tramutarsi in storie eterne e universalmente condivisibili. Le ascoltiamo traducendole in film personali, che ci toccano nel profondo tra speranze, dolori, desideri. Futura di Lucio Dalla è più che una canzone. Si tratta di un inno alla speranza, simbolo di un futuro migliore all’insegna dell’amore puro, quello che fa superare ostacoli, pregiudizi, timori. Parte integrante dell’album “Dalla”, pubblicato 9 anni prima della caduta del Muro di Berlino, Futura parla proprio di Berlino. In un’intervista il cantautore bolognese spiega bene la genesi del pezzo, nato come una sceneggiatura e poi trasformato in canzone. Al Charlie Check Point che separava Berlino Ovest da Berlino Est, Dalla si siede su una panchina e si accende una sigaretta. Nell’arco di mezz’ora (con a fianco Phil Collins) ecco nascere un testo destinato a segnare la storia della musica italiana. Dietro quei versi si nasconde la storia di due amanti, uno di Berlino Est, l’altro di Berlino Ovest che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura, portavoce di unione, uguaglianza, speranza.
14. Attenti al lupo
Ci sono canzoni che entrano di prepotenza nella nostra memoria collettiva. Scelgono a caso un posto e lì si siedono, decisi a non farsi rubare la posizione agognata. Attenti al lupo è uno di quei brani che lo scorrere del tempo non ha intaccato di un millimetro. Ogni sua parola viene richiamata dalla profondità del cervello per essere cantata quasi inconsciamente, senza pensarci. Una formula magica universalmente condivisa e da tutti conosciuta. Simbolo di unione, Attenti al lupo con quel suo retaggio fiabesco piace sia ai più piccoli, che ai grandi, ascoltatori ormai abbastanza maturi per comprendere il vero significato prima sfuggente che ha a che fare con la crescita, la morte e l’angoscia della separazione. Il lupo cattivo si sveste allora delle sue vesti favolistiche per manifestarsi nella sua personificazione dei pericoli e timori che ostacolano la nostra esistenza, mentre il bosco si rivela nella sua natura reale, quella della nostra vita complicata e intricata nell’attesa che un sogno possa illuminare la strada lasciandosi conoscere così il proprio lieto fine.
15. Ayrton
C’è un rumore tanto assordante, quanto cullante, che accompagna la vita degli emiliani-romagnoli. È il rumore dei motori che si scaldano, partono, invadono le strade, sfrecciando veloci. Nella regione della Ferrari, e dei campioni di motociclismo, la benzina scorre nelle vene. Ma in quella domenica del 1 maggio 1994 quel rumore roboante si è fermato improvvisamente lasciando spazio al funereo silenzio. Durante il Gran Premio di San Marino il pilota Ayrton Senna, quintessenza della velocità e simbolo di vittoria, muore. Un colpo profondo, che ha sconvolto tanto il mondo dello sport quanto quello generale. Un lutto che Dalla e l’autore Paolo Montevecchi hanno tradotto in musica. Scritto in prima persona, il brano immagina l’addio alle scene, alla pista, e alla vita di Ayrton Senna, scindendo così la natura divina del campione a quello dell’uomo-pilota. Il resto è leggenda.
16. Tu non mi basti mai
Per coloro che erano stati già rapiti in tenera età dalla fatale attrazione dei pixel televisivi nei primi anni Duemila, Tu non mi basti mai di Lucio Dalla apre inesorabilmente il cassetto della memoria delle pubblicità. Il piccolo cioccolatino Raffaello si avvale della profondità delle armonie melodiose di Dalla per enfatizzare l’aspetto emotivo della sua portata attrattiva, spingendo lo spettatore a correre al più vicino supermercato e a fare il proprio acquisto. In realtà, il brano nasconde una profondità testuale tipica del cantautore bolognese, narrando di un uomo che giura il proprio amore, arrivando ad affermare alla propria metà che “non gli basta mai”, anche se dovesse essere l’anello che porterà, la spiaggia dove camminerà e lo specchio che la guarderà.
Contenuto nell’album Canzoni, il brano venne scritto con Tullio Ferro, storico collaboratore dello stesso Dalla ma anche di Vasco Rossi (per il quale ha composto Vita spericolata, Delusa e molti altri pezzi).
17. Emilia
Ci sono posti che ti restano dentro. Altri che fanno parte di te, perché ti hanno visto nascere, ti hanno cullato e modellato con la forza delle proprie strade, della propria aria, di quell’ambiente che tutto prende e tutto dà. L’Emilia è la metà di una mela perfetta, una regione complice, che sa farsi amare e odiare, restare e fuggire, senza andarsene veramente mai. Chi ci nasce lo sa, lasciarsi alle spalle la propria terra è facile, più difficile è recidere i legami che ti tengono stretti a lei, fino a dimenticarla. La vicinanza alla propria terra natia Lucio Dalla non l’ha mai nascosta, fino a dar voce a un brano come Emilia, cantato con altri due autori che quella terra la conoscono bene perché, tra quelle braccia forti che odorano di cibo, hanno visto passare gli anni della propria infanzia: stiamo parlando di Gianni Morandi e Francesco Guccini (il quale, al capoluogo emiliano-romagnolo, ha dedicato una canzone immortale come Bologna). Il brano fa parte di un progetto discografico a cui Lucio aveva iniziato a pensare poco dopo il successo di Caruso: una collaborazione con Gianni Morandi. Da questa unione di forze, nacque il brano interpretato a tre voci, Emilia, firmato da Francesco Guccini e dallo stesso Lucio, nel quale i cantautori celebrano con orgoglio e forte senso di appartenenza le loro origini emiliane. «Lucio compose la musica, io il testo» ha ricordato Francesco Guccini nel 1999 nella sua biografia Un altro giorno è andato, tra le cui pagine condivide anche un particolare che adesso fa sorridere, soprattutto pensando al risultato finale: “Dalla non amava un verso che invece a me piaceva e piace ancora molto: «Passeggia un cane e abbia al vento un uomo»”. Eppure è tra i respiri di quei passi poetici che si ritrova l’anima di un universo che una volta assimilato, non ti lascia più.
18. Nuvolari
Sport ed Emilia. Insieme sussurrano il rumore roboante dei motori, gli stessi che dominava con eleganza e talento Tazio Giorgio Nuvolari. In realtà, il pilota non era emiliano, ma della provincia mantovana, eppure è stato un bolognese come Lucio Dalla a raccontarlo meglio nell’arco di cinque minuti nel suo brano intitolato, per l’appunto, Nuvolari. Nuvolari, battezzato nel mondo della velocità e dei motori dal grasso d’olio delle motociclette, ha prestato il suo talento nell’automobile inventando quella che in gergo è ora conosciuta con il nome di “sbandata controllata”: la manovra (in uso nel rally) consente alla macchina di affrontare le curve in maniera più aggressiva, controllando la direzione verso l’esterno delle ruote posteriori e facendola uscire già dritta e in accelerazione sul rettilineo. Una manovra pericolosa ma, alla fine, per Nuvolari sfidare la morte era parte del gioco e, come dice Dalla, “Nuvolari ha la bocca sempre chiusa, di morire non gli importa niente…”. Un omaggio sentito quello che il cantautore imprime nel disco Automobili, prodotto nel 1976 dalla RCA, e che andrà ad anticipare un altro omaggio sentito a un altro grande automobilista, che di numeri ne ha fatti tanti, proprio come Nuvolari, e che la morte l’ha accolta là sul palcoscenico più ambito, quello dell’autodromo di Imola: Ayrton Senna.
19. Quale allegria
Se è vero che Come è profondo il mare fu l’album della svolta della carriera di Lucio Dalla, al suo interno è possibile ascoltare uno dei brani che meglio incarna quella capacità del cantautore di raccontare l’amore in evoluzione, quello spezzato che tenta di rendersi reale senza possibilità di concretizzarsi. Resta un pensiero, una fantasia, perso nell’oblio dell’immaginazione, punto di un universo alternativo incapace di farsi strada in quello reale. Con Quale Allegria, Lucio Dalla si fa poeta dei quasi amanti, dei quasi felici, dei quasi completi. Con la sua voce rende speciale quel sentimento che ti opprime come l’amore non corrisposto, o quello tenuto taciuto, piccolo segreto incastrato nello spazio tra la gola e la lingua. La malinconia che veste la canzone è un’istantanea in musica del modo di intendere l’amore di Dalla: quello poco retorico, poco mieloso, ma tanto, troppo, reale.
20. Ciao
Sembra quasi un paradosso, eppure dietro un titolo così semplice, richiamante quel saluto così utilizzato e così naturale nel panorama del linguaggio comune, si nasconde uno dei brani più criptici ed ermetici di Lucio Dalla. Frutto delle sperimentazioni nate in seno a un avvicinamento alle dimensioni più pop della sua produzione recente, Ciao nasconde dietro una musica allegra e incalzante, un messaggio di inclusività e di monito sociale. Il brano mette in dialogo la frenesia delle vacanze estive alle problematiche più caratterizzanti e insite della nostra attuale società. Un’analisi arguta e spiazzante, che non ha paura di arrivare a narrare il grande e complesso gioco della nostra esistenza, perché mentre prendiamo il sole in spiaggia c’è qualcuno che nasce e qualcun altro che muore, magari nel tentativo di trovare un posto migliore nel mondo, tra le acque di un mare blu cobalto. È un inno alla vita, Ciao, una presa di coscienza del suo scorrere veloce e inesorabile che ci invita a riflettere e a non soffermarci sulle cose futili, affrontando al meglio il tempo che ci viene riservato.