Non c’è trucco e non c’è inganno. Strano da dire per presentare la miniserie dedicata a chi dell’inganno è proprio il dio, ma non troviamo altre parole dopo aver visto il primo episodio di Loki. La nuova miniserie targata Marvel Studios, disponibile in esclusiva sulla piattaforma streaming Disney+, è l’ennesimo tassello di un mosaico chiamato Marvel Cinematic Universe. Forse, il tassello più fondamentale finora. Perché per la prima volta possiamo finalmente sentire l’inizio di un vero nuovo capitolo. Sia chiaro: la famosa Fase 4 sulla carta è già iniziata da tempo. Con le due miniserie WandaVision e The Falcon and The Winter Soldier abbiamo già avuto un assaggio di quello che verrà ed è stato definito un nuovo status quo. Eppure, la sensazione dominante di quei prodotti seriali, al netto di una conclusione in cui i protagonisti ne uscivano rinnovati (Wanda che diventa Scarlett Witch; Falcon che diventa Captain America), era di una lunga coda della Fase 3. Anche il primo episodio di Loki parte esattamente da Avengers: Endgame, ma prende subito una strada che non solo porta avanti la macro-trama dell’universo Marvel, ma ne ribalta la prospettiva. Così facendo Loki diventa la serie che svela il gioco del Marvel Cinematic Universe.
La Sacra Linea Temporale
Certo, il primo episodio di Loki è introduttivo se ci si ferma a considerare la sola narrazione di questi sei episodi dedicati a Loki. Ed è altrettanto vero che, per i fan più appassionati del MCU, questi 50 minuti potrebbero dare la sensazione di un riepilogo non necessario. Ma sarebbe errato fermarsi a questa superficie e non provare a scavare più in profondità. Nel lungo tutorial che Mobius (il personaggio interpretato da Owen Wilson) enuncia a Loki (Tom Hiddleston) possiamo trovare una metafora dello stesso progetto Marvel Studios. Tutto quello che è accaduto finora, in 13 anni di storie, 23 film e 2 serie tv ufficiali fa parte di un’unica linea temporale. Non una linea temporale qualsiasi, ma la Sacra Linea Temporale: un continuum creato da tre Custodi del Tempo dopo una guerra multidimensionale accaduta millenni fa.
Lo scopo della Time Variance Authority è proprio quello di impedire che nascano diramazioni da questa linea temporale unica, rappresentata da una linea bianca. Se qualcosa prende una deviazione da ciò che era stato predetto, il rischio è quello di creare una frattura del Multiverso. Insomma, bisogna rispettare la predestinazione scelta dai Custodi del Tempo. Ecco il primo cambio di prospettiva su quanto ci è stato raccontato finora. Tutto quello che è accaduto, lo era per un motivo preciso. Che fosse il viaggio nel tempo degli Avengers o un topo che liberava, quasi per caso, Ant-Man. Che fosse la vittoria iniziale di Thanos o il sacrificio di Iron Man. O le sconfitte di Loki. La Linea Temporale è Sacra, intoccabile, invariabile.
Custodi del proprio Tempo
A un livello successivo, la nostra analisi ci porta a riflettere su come il ruolo dei Custodi del Tempo sia, in definitiva, quello dei produttori del Marvel Cinematic Universe. Un universo narrativo che non è libero di formarsi, ma è deciso a monte, predeterminato, organizzato. Addirittura diviso in Fasi, ogni film pianificato in anticipo, così come le storie che devono essere raccontate. Anche l’ordine di uscita dei singoli film e delle singole serie è ragionato per poter creare una storia perfettamente coerente. A questo proposito non sorprende la scelta di giocare con il passato e il presente, posizionando i film da vedere nell’ordine giusto per poter meglio dosare i colpi di scena, gli ingressi dei nuovi personaggi e come le conseguenze delle loro azioni si possano ripercuotere nei capitoli successivi.
Nel mondo reale, Kevin Feige è il Custode del Tempo del Marvel Cinematic Universe. Colui che sceglie e determina gli sceneggiatori e i registi che devono contribuire alla Sacra Linea Temporale, l’unica, non modificabile. Dato il lungo successo che non accenna a diminuire, rendendo il Marvel Cinematic Universe un unicum nell’industria culturale, potremmo osare nel dire che Kevin Feige è stato anche Custode del proprio tempo. È grazie a lui che i film riescono a continuare a parlare agli spettatori di generazioni diverse, al momento giusto, rimanendo ancorati nel presente e nella contemporaneità. È il caso di Black Panther, che si è rivolto alla comunità afroamericana al tempo della presidenza Trump, o di The Falcon and The Winter Soldier che di questi quattro anni di politica americana ne racconta le conseguenze. Ma, paradossalmente, è anche il caso di WandaVision che nel raccontare un tracollo mentale e una sofferenza interiore è sembrata la serie perfetta in un momento in cui eravamo costretti a vivere in una bolla fin troppo simile a quella di Westview.
Uno, nessuno e centomila
Se tutto è predeterminato, allora viene a mancare quella libertà di azione che spingeva i personaggi e li rendeva predisposti a essere creatori del proprio destino. Nel momento in cui Loki viene a scoprire il suo futuro, vedendolo su uno schermo, smette di essere un personaggio e diventa un semplice attore. Non è più un uomo libero, ma un volto che deve seguire il copione di una storia che altri hanno scritto per lui. La serie Loki, come nel Mago di Oz, apre la verde tenda che nasconde il prestigiatore, svelando il trucco e rendendolo parte della narrazione. Perché se allo stesso tempo il personaggio è uno, quello della Sacra Linea Temporale, e in realtà non è nessuno (cioè solo una marionetta), grazie al Multiverso è anche una moltitudine. Una Variante o un insieme di esse.
È la crisi dell’individuo pirandelliana e di quel pensiero ne raccoglie l’essenza: il movimento costante del divenire e del trasformarsi, raccolte in un’esistenza unica. Ciò che più colpisce, però, è la maniera in cui il personaggio di Loki osserva il proprio futuro, che per lo spettatore è già passato. In una stanza buia, con la sua vita catturata in un nastro, come una bobina cinematografica, proiettata su un grande schermo. Il gioco metalinguistico si svela: il cinema mette in scena il cinema stesso come a volerci dire che è tutta realtà, ma è anche tutta finzione.
Quello che verrà dopo
Impossibile prevedere il futuro di una serie come Loki e di quello che potrà portare al Marvel Cinematic Universe. Tra le righe, però, possiamo già sentirci parte di un gioco che continua a ribaltare il nostro punto di vista. Le Gemme dell’Infinito, così importanti fino a questo momento, sono usate come fermacarte. La minaccia di Thanos appare ora così piccola e semplice rispetto a una guerra multidimensionale. Sarà per questo che gli Eterni, esseri divini e soprannaturali, immortali e sempre esistiti, faranno la loro comparsa? Quel che è certo è che due film già programmati, Doctor Strange in the Multiverse of Madness e Ant-Man and the Wasp: Quantumania, affronteranno le conseguenze di quello che Loki sembra mettere in scena. Se i Marvel Studios hanno giocato con noi con tutto questo tempo, non possiamo che rimanere esterrefatti e sorpresi dal modo in cui continuano a rinnovare le regole del gioco. Regole che rimangono coerenti per creare un universo compatto eppure sempre in mutazione.
E c’è di più: perché se i produttori dei film tengono le redini del progetto, noi spettatori sembriamo voler partecipare attivamente. Ormai giunti a una passione tale da farci sentire queste storie un po’ nostre, più che spettatori ci sentiamo demiurghi. Non sembra casuale la scelta di inserire questi risvolti narrativi in una serie in cui il protagonista è un dio che intende scegliere il proprio destino, così da poterci identificare in lui. Forse vogliamo vedere questo universo così coeso esplodere in mille varianti. Forse desideriamo il caos e la casualità in un progetto così tanto organizzato. Acquista un senso, allora, il desiderio dei fan di sperare in crossover insperati (vedasi i rumor che circondano il nuovo Spider-Man). Siamo noi spettatori una pericolosa Variante? Vogliamo uno e centomila universi Marvel, tra cinema e televisione, per continuare a meravigliarci.